A zonzo nel mondo di Einstein

2 Febbraio 2016

Amanda Gefter aveva quindici anni ed era nel bel mezzo di una tipica crisi adolescenziale. Tutto la annoiava e, benché fosse una ragazzina molto intelligente, sembrava che non avesse inclinazione per nessuna disciplina in particolare. Sua madre insegnava matematica, perciò lei l'aveva esclusa dai suoi interessi; aveva abbandonato la fisica iscrivendosi al corso di meteorologia, perché lo seguivano i suoi amici, ma tendeva ad addormentarsi alle lezioni. Era, insomma, come si descrive lei stessa, una "teenager dogmaticamente scettica", annoiata, "non tagliata per le periferie" e, come una percentuale spaventosamente alta di giovani e meno giovani, aspirante scrittrice. Suo padre, un radiologo che negli anni Sessanta era stato un po' hippie e un po' buddista e aveva conservato, da allora, una forte tendenza a porre interrogativi zen, la portò a cena fuori e, d'un tratto, le chiese: "Come definiresti il nulla?" Una domanda perfetta per fisici, filosofi e adolescenti. Dopo un attimo di sconcerto, Amanda raccolse la sfida tanto astutamente lanciatale dal padre e, "per la prima volta in ciò che mi pareva un mucchio di anni – scrive – sorrisi". E lui, di rimando: "Faremo una piccola ricerca".

 

Inutile dire che quella ricerca fu tutt'altro che piccola. Amanda, per molti anni affiancata dal padre e via via sempre più autonomamente, s'immerse nel mondo della fisica, trovando la sua strada nella vita e, cosa ancora più importante, scoprendo una passione che non l'ha più abbandonata. Oggi, Amanda Gefter è un'affermata giornalista scientifica che collabora con le più prestigiose riviste americane del settore e racconta la sua storia, e molto altro, in un libro dal titolo stuzzicante, Due intrusi nel mondo di Einstein (Raffaello Cortina, 2015). Nella nota per i lettori che introduce al libro, la Gefter spiega: "Quello che vi apprestate a leggere è un libro sulla fisica d'avanguardia, ma in una cornice di ricordi personali che coprono gli ultimi diciassette anni della mia vita". L'autrice ripercorre con il lettore le tappe della propria carriera raccontando gli incontri con le personalità più rilevanti ed eccentriche (e le teorie più audaci) della fisica odierna da quando, giovanissima giornalista per una rivista per spose, con un pizzico d'astuzia e una buona dose di faccia tosta, s'intrufola in un convegno di fisici teorici di altissimo livello. E leggendo si ha un po' l'impressione di trovarsi sulle montagne russe: picchi vertiginosi di fisica quantistica, si alternano a momenti divertenti e ironici in cui si segue la Gefter muoversi con cautela, da "imbucata", in mezzo al gotha della fisica, tra gaffe e improvvisazioni alla Woody Allen. Un libro bello e affascinante, ma non facile, che solo un fisico può "bere d'un fiato", come dice di avere fatto Carlo Rovelli. Gli altri, possono centellinarlo se hanno almeno qualche nozione di fisica, in particolare di meccanica quantistica. Chi, invece, non ne ha, prima di affrontare il libro di Amanda Gefter, potrebbe prepararsi leggendo La realtà non è come ci appare (Raffaello Cortina, 2014), un saggio divulgativo dello stesso Rovelli. L'autore vi racconta le tappe fondamentali della ricerca scientifica nel campo della fisica, dalle intuizioni dei filosofi atomisti greci, fino alla teoria della relatività, alla fisica quantistica e al tentativo attuale di risolvere il rompicapo rappresentato dal fatto che siano entrambe – relatività generale e meccanica quantistica – assolutamente vere e, tuttavia, assolutamente incompatibili. È un libro che conduce al cuore della realtà, là dove il mondo diventa pensiero e immaginazione.

 

Gli intrusi nel mondo di Einstein negli ultimi tempi sembrano essere molti. Una schiera di curiosi appassionati che vorrebbero sapere, alla fin fine, che cos'è la realtà e che senso abbia, se l'ha. A infoltirne la schiera hanno contribuito, probabilmente, alcune cose accadute di recente. Penso, innanzitutto, alla scoperta del bosone di Higgs nel 2012, dopo una caccia durata quasi cinquant'anni. L'esistenza di questa particella, ritenuta responsabile del fatto che le altre abbiano una massa e che essa sia diversa, era l'ultimo pezzo mancante e necessario a confermare una teoria, chiamata Modello Standard delle Particelle, che descrive i componenti della materia e le loro relazioni. La conferma della sua esistenza si è avuta grazie a due esperimenti condotti al CERN di Ginevra, sotto la guida degli italiani Fabiola Gianotti (da quest'anno eletta dai colleghi a capo di tutto il CERN) e Guido Tonelli (su You Tube si trovano diversi loro interventi molto interessanti tra i quali vorrei segnalare, in particolare, quelli di Guido Tonelli alla Festa di Scienza e Filosofia di Foligno e alla rassegna A riveder le stelle, imperdibili, appassionanti e anche divertenti).

 

La seconda circostanza è stata la missione dell'astronauta Samantha Cristoforetti, rimasta per sette mesi nello spazio, da novembre 2014 al giugno successivo, seguita con grande attenzione da tutti i media e da gran parte degli italiani. Grazie a lei gli sguardi di molti si sono di nuovo rivolti verso l'alto, a guardare le stelle con l'entusiasmo meravigliato dei bambini. E se è vero che tutti i bambini guardano affascinati il cielo, è altrettanto vero che non tutti diventano astronauti o astrofisici. Qualcuno però sì, come Licia Troisi, astrofisica esperta di galassie nane, e nota come autrice di fantasy, che ha pubblicato un saggio dal titolo Dove va a finire il cielo e altri misteri dell'universo (Mondadori, 2015), in cui racconta il firmamento, le stelle, i pianeti e la loro danza, con la competenza di un'astronoma e la vivacità di una scrittrice di fantasy. Anche lei, come Amanda Gefter, racconta anche di sé, della propria vita e della passione per un universo bellissimo e tutt'altro che tranquillo.

 

La terza circostanza che ha contribuito a rinfocolare l'interesse per la scienza, è stata il centenario della teoria della relatività generale di Einstein, caduto il 25 novembre del 2015 e per un certo periodo argomento di diverse trasmissioni radiofoniche e di articoli sui giornali. E forse un poco di peso lo avrà avuto anche Interstellar, di Cristopher Nolan, un film difficile da comprendere senza qualche buona nozione di teoria della relatività generale e di fisica quantistica. Grazie alla consulenza scientifica dell'astrofisico Kip Thorne, esperto di buchi neri e di relatività generale, il film è risultato perfettamente attendibile (allo stato attuale delle nostre conoscenze, va sempre detto, perché la fisica procede a passo veloce). E la cosa ha contribuito a fargli vincere l'Oscar nel 2015 per i migliori effetti speciali.

 

In fondo, però, quello che attira un pubblico di volta in volta più vasto, è la meraviglia di fronte a una realtà che si rivela sempre più grande e sorprendente, che toglie il fiato per la sua bellezza e semplicità. Ed è anche un'inquietudine, che ci spinge a sognare di non avere ancora finito di esplorare. Alla fine, è possibile che si arrivi a concludere, come fa Amanda Gefter, che tutto è illusione e che "una volta caduta l'apparenza di superficie della realtà [rimane] una cosa soltanto. Il nulla", ma se è così allora il nulla è qualcosa di grandioso, non un'assenza o una privazione, ma una pienezza inesauribile. Chi lo sa. Gli scienziati dicono che siamo solo all'inizio…

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