Aslan-Kittel, volatona a Narnia
Dunque, Swift ha provato anche in questa seconda tappa a lasciare il segno sul secondo traguardo di Belfast, ma non ce l’ha fatta. È arrivato solo settimo. Non il reverendo Jonathan, intendo, ma il pistard Ben, l’inglese del Team Sky. Il gigante non è stato oggi Lemuel Gulliver, che sta sulla collina disteso come un vecchio addormentato, ma un altro Giant, un Giant-Shimano, per la precisione: per Marcel Kittel, quattro vittorie lo scorso anno al Tour, è l’esordio vincente nella corsa rosa. Tedesco, ma di nome francese, l’anno scorso avevamo immaginato i rivali in volata che vedendolo tagliare primo il traguardo, sconsolati, gli si rivolgevano, sconsolati, intonando: “Ne me Kittel pas!”.
Al terzo km, quattro corridori avevano attraversato un armadio-guardaroba ed erano andati in fuga: non hanno trovato la neve, come nel regno di Narnia, imprigionato nel ghiaccio dalla Strega Bianca, ma tanta pioggia sì. Come i quattro fratelli del romanzo di C. S. Lewis, Sander Armée, belga, Jeffrey Romero, colombiano, Maarten Tjallingii, olandese e vegetariano, e il pratese Andrea Fedi, per un certo tempo “maglia rosa virtuale”, hanno vissuto fino in fondo la loro avventura di oltre 200 km. Non è bastato.
Verrà il tempo in cui due figli d'Adamo e due figlie di Eva
libereranno Narnia dalla tirannia.
Il dolore sparirà, quando Aslan comparirà;
al digrignare dei suoi denti fuggon tutti i malviventi;
quando romba il suo ruggito, gelo e inverno è ormai finito;
se lui scuote la sua criniera, qui torna la Primavera.
Così diceva la profezia di Narnia. E Aslan-Kittel, leonino, è improvvisamente uscito dalla pancia del gruppo e ha messo in fila, con un ruggito, tutti quanti i rivali che avevano poco prima mangiato, come la balena mangia i pesciolini, i quattro intrepidi fuggitivi.
Tuft! E la maglia non c’è più. È stato breve quanto il suo nome il primato rosa del canadese Svein Tuft. Per una questione di piazzamenti, la maglia passa sulle spalle dell’australiano Michael Matthews. Il rosa, tuttavia, cambia continente ma non squadra: anche Matthews è un bordoverde della Orica-GreenEdge.
Domani, a Dublino, ci aspetta, solenne e paffuto, dall’alto delle scale, Buck Mulligan, in mano un bacile di schiuma con sopra uno specchio e un rasoio.