Luca Ronconi, Guerra ed estate

25 Marzo 2024

Luca Ronconi debutta giovanissimo come attore, ed è baciato subito dal successo. Ha vent’anni, nel 1953, quando impersona Mauro, un seminarista diciottenne, in Tre quarti di luna di Luigi Squarzina, con la regia dell’autore stesso e di Vittorio Gassman. Il ragazzo scopre l’ipocrisia di un preside che ha spinto al suicidio un suo ex studente. Siamo alla vigilia della marcia su Roma e quel preside, impersonato dallo stesso Gassman, è un discepolo di Giovanni Gentile, invasato da una fede assoluta nello spirito, che non ammette timidezze e deviazioni e si appoggia ai fascisti per raggiungere il proprio ideale. È un dramma storico che scava nelle aspirazioni dei giovani e nei tradimenti di una certa pedagogia. Nel finale dello spettacolo Mauro pugnala il preside Gassman, in una scena testimoniata da una foto che col senno di poi potremmo eleggere a simbolo del conflitto tra attore e regista nel secondo Novecento.

Interprete di successo, quindi, è Ronconi (1933-2015) nei primi anni cinquanta. Partecipa a vari spettacoli diretti da Luigi Squarzina, che possiamo considerare un suo mentore, insieme a Vito Pandolfi, regista anche lui dal profondo impegno, un altro tra i rinnovatori della scena nazionale nel dopoguerra. Ronconi lavora per alcune delle migliori compagini, dal Teatro d’Arte Italiano alla Compagnia dei Giovani. Considerato con Corrado Pani e Umberto Orsini una promessa del teatro nazionale, nel ruolo di attore in realtà si sente “come Nina nel Gabbiano, infelice a tutti i livelli”. Nel postumo Prove di autobiografia (Feltrinelli 2019) scrive: “Non ero a mio agio in quella parcellizzazione di orari, spostamenti, viaggi, obblighi di comportamenti professionali”. Anticipando le insoddisfazioni per la vita di compagnia in ruoli sempre subalterni e funzionali dei protagonisti del Nuovo teatro, che esploderanno negli anni sessanta facendo emergere la necessità di un artista autore, Ronconi esplorerà altre dimensioni dell’arte scenica. Scrive ancora nelle Prove: “Per me il palcoscenico è piuttosto una porzione di qualche cosa, uno spiraglio, un altrove”. Un luogo da destrutturare, da aprire, da reinventare continuamente.

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Luca Ronconi (Mauro) pugnala Vittorio Gassman (il preside Piana) in Tre quarti di luna di Luigi Squarzina.

In questo contesto si può collocare il testo teatrale scritto da quello che diventerà il più importante regista italiano di fine Novecento e primi anni Duemila. Guerra ed estate, ripubblicato di recente da Feltrinelli in un volume curato da Giovanni Agosti, che lo colloca con una accurata introduzione nel periodo storico e nell’opera del giovane Ronconi, anticipato da una lettura scenica lo scorso dicembre presso il teatro India a Roma, è per ora un unicum, in attesa di altre scoperte su materiali depositati presso l’Archivio Storico delle Arti Contemporanee della Biennale di Venezia ancora non esaminati. È un esperimento di dimensione autoriale, legata ai canoni e agli stilemi del teatro dell’epoca. E però è una manifestazione di quel disagio di essere ‘solo attore’ che porterà Ronconi a diventare autore totale attraverso le regie. Possiamo ipotizzare che non abbia avuto vita scenica e seguito perché le convenzioni di quella forma di dramma erano anch’esse ingabbianti per un giovane in cerca di aperture e perché comunque Ronconi rimane un uomo di scena, anche se sposta la propria visione dall’immersione come attore nelle vicende che si svolgono sul palco alla composizione esterna del regista.

Guerra ed estate descrive l’ultimo periodo della guerra e gli anni immediatamente successivi, con lo svuotarsi delle idealità nel tran tran, con il riciclarsi di vecchi arnesi del fascismo, con il sopravvivere di una società interessata solo al proprio particulare. Ambientato nell’alta società, tra una villa sulle rive del Garda e un paio di salotti veneziani, ha toni čechoviani, Agosti annota anche nei rumori d’ambiente e nell’estenuata noia o inettitudine di certi personaggi. 

Fu scritto probabilmente nel 1956, letto una prima volta a Milano dai Rabdomanti, una benemerita compagnia che ha offerto in lettura agli appassionati moltissimi testi della drammaturgia non solo italiana, pubblicato nell’agosto 1959 sul numero 88 di “Filmcritica”, la rivista fondata da Edoardo Bruno. In quello stesso numero era contenuto un dibattito sul “nuovo cinema italiano”, con interventi di Bolognini, Pasolini, Pontecorvo, Rosi, Terzieff, e un’inchiesta sulla riduzione cinematografica del Pasticciaccio di Gadda che stava realizzando Pietro Germi. 

Squarzina, in un breve scritto premesso al testo, notava come l’uso di pubblicare inediti fosse un’altra forma di verifica di un testo, oltre a quella suprema del palcoscenico. E rilevava la nascita di una nuova generazione di attori caratterizzata dal “costume di studio, di anti-improvvisazione, di calibratura culturale”. 

Del testo aveva già scritto Pandolfi su Sipario: “Pandolfi, che aveva preso parte attiva alla lotta di Liberazione dell’Italia dai nazifascisti, rimanendone segnato anche nel corpo, vede in Guerra ed estate una conferma della vicenda provata sulla propria pelle, coincidente con la caduta degli ideali e delle speranze di ‘palingenesi’ legati alla fine della guerra mondiale. Pandolfi resta sorpreso di come Ronconi abbia potuto intuire il ‘dramma di una generazione che ha preceduto la sua’ e ne abbia saputo cogliere una ‘geografia sociale e psichica’” (dall’introduzione di Agosti al volume Feltrinelli, Intorno a Guerra ed estate).

Il testo ci è arrivato in due versioni: una, con molte correzioni d’autore, di epoche diverse, conservato nell’Archivio Storico delle Arti Contemporanee della Biennale di Venezia, l’altro nel fondo Squarzina dell’Istituto Gramsci di Roma. Quest’ultimo è quello pubblicato, con piccoli aggiustamenti, su “Filmcritica”, ed è alla base di questa edizione.

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Luca Ronconi e Gianmaria Volonté in La congiura (1960), regia di Luigi Squarzina.

Molti sono i riferimenti cinematografici, a partire da Gli sbandati, opera prima di Francesco Maselli, presentata alla Biennale di Venezia del 1955, ambientato in una villa della campagna lombarda nell’estate del 1943, con Lucia Bosè e Isa Miranda, che appaiono, in una loro scena, sulla copertina del libro.

Il primo atto si svolge nel 1944. Nella villa dove vivono le giovani Luisa, sposata all’industriale Gastone, e Clara, con la loro zia Jole e vari personaggi di contorno, è ospitato e nascosto anche un giovane ebreo, Pietro, innamorato di Clara, roso dal ricordo dei suoi parenti deportati, a disagio per il proprio rimanere inattivo. Con Clara partecipa, blandamente, alla Resistenza, facendo da staffetta per consegnare volantini. Ma intanto in quel soggiorno dorato arrivano i clamori degli “scalmanati” fascisti, notizie di attentati e rumori di bombardamenti. E proprio nella campagna intorno vengono fucilati due partigiani. Il marito di Luisa torna dopo che le sue ruote sono state bucate nella sua fabbrica. Un’altra presenza è il federale Casazza, che cerca l’occasione di riparare in Svizzera, perché ha capito che l’aria è pessima.

Il secondo atto si apre nel salotto di Bona a Venezia e si sposterà, nel secondo quadro, nella casa di Pietro e Clara, qualche anno dopo, sempre in un ambiente di ricevimento e festa. Il dato rilevante sarà la trasformazione dei personaggi: la pace porta, immediatamente, la perdita dei beni di chi ha collaborato con il regime (Gastone), ma anche il ritorno del fascista Casazza, invaghito di un’aspirante starlet che lo fa penare. Pietro ora è un avvocato che farà riabilitare Gastone e riottenere i beni all’ex federale. E intanto le tensioni della guerra si stemperano in amorazzi, tradimenti, delusioni, come quella di Clara, che si sente svuotata e si invaghisce di un giovane poeta che sarà spinto poi da Bona a sposare una ricca ereditiera sudamericana. 

Nel terzo atto torniamo nella villa sul Garda: qui l’estate bollente debilita i personaggi in modo reale e metaforico. Tutto marcisce: Pietro si separa da Clara per congiungersi a una ricca ebrea di Milano; si rivela la tresca tra Bona e Gastone; Luisa rassegnata decide di perdonare e di continuare a vivere; arriva la notizia che Agostino, quello di cui si era invaghita Clara, in Cile sta morendo. Ma forse, nel profumo di gelsomini e tra i ricordi si può continuare a vivere. Esausti, per gli errori. A cercare la forza per ricominciare.

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Metafora delle delusioni dell’Italia del dopoguerra, il testo è scritto in modo sobrio e incalzante, senza fronzoli. Definisce con pochi tratti situazioni e caratteri, in una cartografia efficace di aspirazioni, sentimenti, ambienti. E rappresenta la punta di quello che forse è un altro iceberg dell’attività di creazione totale di uno dei maggiori artisti e sperimentatori italiani del dopoguerra. 

Luca Ronconi, Guerra ed estate, a cura di Giovanni Agosti, Feltrinelli, pp. 154, euro13.

Lunedì 25 marzo, alle ore 18.30, al Teatro Studio Melato, si terrà la presentazione del libro Guerra ed estate di Luca Ronconi, edito da Feltrinelli editore. La presentazione, a cura di Giovanni Agosti, è accompagnata da letture di Massimo Popolizio, Sandra Toffolatti e Raffaele Esposito (ingresso gratuito con prenotazione sul sito del Piccolo Teatro).

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