Quattordici luoghi del design

1 Settembre 2023

Alcuni anni fa sono stata a pranzo a casa della contessa Antona Traversi. Detto così potrebbe sembrare che io voglia vantare frequentazioni altolocate, ma in realtà ero lì con gli amici del Collegio degli Architetti di Monza e Brianza per visitare quella architettura magistralmente trasformata in villa, da monastero che era, dal grande Leopoldo Pollak. E tale trasformazione era avvenuta dopo il 1798, quando le monache erano state scacciate per decreto della Repubblica Cisalpina, nonostante fossero lì, a Meda, nel loro monastero femminile di San Vittore, fin dal lontano 810, quando questo era stato fondato in pieno clima carolingio. (Che cose curiose capitano nella storia: nato sotto l’egida francese, il monastero fu soppresso quasi mille anni dopo dalle leggi promulgate da altri francesi!)

Ma cosa c’entra tutto questo con il design?

È tutta colpa del libro I luoghi del design. In Italia. Quattordici viaggi d’autore alle sorgenti del progetto, scritto da due giornalisti, collezionisti di design, Antonella Galli e Pierluigi Masini, recentemente edito da Baldini e Castoldi (pp. 304, € 22). È infatti qui che si parla di Villa Traversi e del suo prezioso archivio di manoscritti perfettamente conservati (10.000 carte e 3.400 pergamene, la più antica delle quali risale al 966). Molti di essi riguardano la fornitura e la riparazione degli arredi per il convento, per la chiesa e per la casa delle educande, tutte affidate ai falegnami dei dintorni, detti, in dialetto brianzolo, legnamé, “che nei secoli sarebbero diventati quegli ebanisti, decoratori, intagliatori il cui sangue scorre ancora nelle vene dei medesi.” A testimonianza che la ‘tradizione del mobile’, come lì la si chiama, a Meda è molto, ma molto antica.

A pochi passi dalla Villa c’è poi il Museo d’impresa dei Cugini Lanzani, la cui bottega è stata fondata proprio nel 1798 per fare fronte alle richieste dei nuovi committenti oltralpini che, importati inizialmente i loro arredi, nello stile di tutti i Luigi di Francia (Philippe compreso), finirono poi per farseli realizzare in loco, ed ecco allora i legnamé industriarsi a ‘copiare’ (a tirà giò ul mudel) quegli arredi francesi, diventando in breve espertissimi ebanisti ed intagliatori. Nel Museo dei Lanzani (un open space progettato da Michele Terragni, padre di Giuseppe, il maestro del Razionalismo) si conservano oltre 5.000 tipi di sedie ‘in stile’ e non, francesi, italiane, inglesi, americane, austriache, russe e poi divani, divanetti, tavolini, cassettiere, eccetera, eccetera.

Per me scrivere di Meda è come fare un viaggio à rebours nella mia infanzia: mia madre, infatti è nata lì e forse qualcuna delle sedie che affollano il museo dei Lanzani l’ha realizzata mio nonno, che, guarda caso, si chiamava pure lui Lanzani, Giosuè Lanzani, ed era un raffinato intagliatore, abile artigiano nella costruzione di sedie, il must di Meda.

Spostandosi nella verde Brianza fino a Giussano, si incontra un altro museo aziendale o d’impresa, il Museo Molteni (del gruppo Molteni che unisce in sé quattro brand del design più cool: Molteni&C., Dada, UniFor e Citterio). 

Inaugurato nel 2015, il Glass Cube che lo ospita è stato progettato da Ron Gilad, un volume attraversato dalla luce in cui sono esposti gli arredi realizzati dall’azienda fin dall’anno della sua fondazione, il 1934, firmati dai designer più prestigiosi del panorama internazionale: Werner Blaser, Pierluigi Cerri, Foster + Partners, Luca Meda (che è stato anche l’illuminato art director dell’azienda), Jean Nouvel, Gio Ponti, Aldo Rossi, Richard Sapper, Afra e Tobia Scarpa, Alvaro Siza, Patricia Urquiola. Oltre alla collezione permanente, il museo ospita anche mostre temporanee ed eventi, ma soprattutto presta le opere per le grandi occasioni espositive che si tengono in Italia e nel resto del mondo per celebrare il nostro design nazionale.

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Sopra: Meda, Villa Antona Traversi, ristrutturata da Leopoldo Pollak; un interno; pranzo nella Sala del Coro, un unico ambiente di oltre 200 metri quadri ricavato dalla ex chiesa interna sconsacrata, con affreschi di Bernardo Luini e allievi. (ph. MLG). Sotto: Meda Museo Cugini Lanzani (ph. courtesy Cugini Lanzani). Giussano, Molteni Design Museum, il Glass Cube di Ron Gilad e una veduta dell’interno (ph. courtesy Molteni&C.) 

Il libro si presenta da subito come una guida turistica a tema, quello del design, appunto, in cui ci vengono raccontati alcuni suoi luoghi, con la loro storia, a volte persino con qualche gustoso aneddoto, e ci viene anche indicato il modo come raggiungerli, con tanto di numeri di telefono degli addetti, mail, siti internet e ricca bibliografia di riferimento.

L’interrogativo da cui è scaturita la ricerca intrapresa dai suoi autori non è stato: “Cos’è il design? Ma Dov’è? […] Dove si può andare per scoprirne la storia, le declinazioni, le curiosità – se non si è addetti ai lavori e solamente se si desidera fare una passeggiata istruttiva in questo mondo parallelo di cui tutti parlano ma che pochi conoscono? […] La risposta – parziale inevitabilmente – si è condensata in quattordici piccoli viaggi in Italia [in luoghi che hanno visto] la nascita e lo sviluppo del grande design italiano.”

Oltre a quello di cui sopra, gli autori si occupano anche di altri musei aziendali e d’impresa, come, ad esempio, di quello di Kartell, che, nato nel 1999 in occasione del cinquantesimo anniversario del brand, occupa una parte dello stabilimento di Noviglio progettato da Anna Castelli Ferrieri e da Ignazio Gardella nel 1967.

Il brand, fondato dal ‘re e dalla regina della plastica’, l’imprenditore Giulio Castelli, allievo del chimico Giulio Natta (vincitore nel 1963 del Premio Nobel per la Chimica proprio per aver messo a punto un processo per la creazione di quelle materie plastiche – il Moplen – in seguito impiegate in svariati ambiti della vita umana) e Anna Castelli Ferrieri, progettista di grande talento, è un gigante pluripremiato nel campo del design, vanta infatti ben nove Compassi d’Oro e molti altri riconoscimenti nazionali e internazionali.

Tra i numerosi musei aziendali e d’impresa che insistono sul nostro territorio nazionale, nel libro si trovano anche notizie del Museo Lamborghini e del Poltrona Frau Museum.

Nel primo, che ha sede a Sant’Agata Bolognese, si possono ammirare meraviglie che vanno dai trattori (con cui l’azienda ha iniziato la sua produzione), alle “Miura, alle Countach, passando per le supersportive più recenti ed esclusive come la Huracán Performante, la Aventador SVJ, le few off Centenario, Sesto Elemento e Veneno.” 

Anche nel Poltrona Frau Museum di Tolentino, è custodita una collezione di materiali e documenti originali del brand, testimonianza della sua storia e della sua evoluzione. Ideato e allestito nel 2012, in occasione del Centenario della nascita dell’azienda, su progetto di Michele De Lucchi, e ospitato in una porzione dell’edificio industriale, occupa una superficie di 1400 mq. Vi si possono ammirare i progetti realizzati nei cento anni della sua storia da più di cento designer di fama internazionale, a partire da Gio Ponti fino a Herzog & de Meuron.

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In alto: Museo Kartell a Noviglio (Mi); Poltrona Frau Museum, a Tolentino (Mc). In basso: Museo Lamborghini a Sant’Agata Bolognese (Bo). Al centro: interno del Museo Kartell e interno del museo Lamborghini. A destra: poltrona Vanity Fair di Poltrona Frau, progettata nel 1930 da Renzo Frau, fondatore del brand; interno del Frau Museum.
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In alto: ADI Design Museum; MAXXI, Triennale Design Museum. In basso, loghi di associazioni e istituzioni in cui si conservano importanti fondi di Design.

Ma luoghi del design sono anche gli Archivi (qui è stato scelto l’Archivio museo Bitossi Ceramiche) e le fondazioni. Il libro parla della Fondazione Bisazza – incentrata sul mosaico applicato al design –, della Fondazione Castiglioni e della Fondazione Magistretti, così come luogo del design è lo CSAC (Centro Studi e Archivio della Comunicazione) di Parma, fondato da Arturo Carlo Quintavalle (se ne fa cenno qui su Doppiozero).

Naturalmente sono luoghi del design i Musei istituzionali, quali l’ADI Design Museum, il MAXXI e il Triennale Design Museum.

Uno spazio a sé, nel libro viene poi dedicato ai luoghi veneziani del design (per le Stanze del Vetro qui su Doppiozero).

Infine, per chiudere in bellezza, gli autori ci accompagnano a Sorrento, all’Hotel Parco dei Principi, ad ammirare l’opera di Gio Ponti (1891 – 1979), il maestro di tutti i maestri. L’hotel è stato realizzato nel 1962 su incarico dell'imprenditore edile napoletano ing. Roberto Fernandes, annettendo alla struttura ricettiva, il cui progetto fu affidato all’architetto milanese, la villa Poggio di Siracusa (1792). Era questa l’antica proprietà del conte di Siracusa Paolo Leopoldo di Borbone, cugino del re di Napoli, che nelle sue magnifiche stanze affacciate sul mare di fronte al Vesuvio, aveva tenuto la propria corte, gioendo anche del rigoglioso parco botanico, esteso su 25 ettari, ricco sì di piante della tradizione mediterranea ma anche di rare essenze arboree, selezionate secondo il più puro gusto settecentesco per l’arte dei giardini. 

Quando Gio Ponti ricevette l’incarico, aveva già compiuto settant’anni e amava incondizionatamente il Mediterraneo e la sua architettura, reputando che essa fosse alle radici dell’architettura italiana. Lui stesso racconta che quando mise piede per la prima volta sul promontorio di Poggio Siracusa l’idea base del progetto gli apparve come una folgorazione: «…In un giorno in cui tutto era azzurro, per nebbia di solare calura: cielo azzurro, mare azzurro, lontani profili azzurri all’orizzonte, di Capri, di Ischia, di Procida, di Posillipo e di terra, del Vesuvio. […] 

Disse l’architetto: sia azzurra e bianca fuori, l’architettura, e bianca e azzurra dentro».

E l’albergo è proprio così, bianco fuori e bianco azzurro dentro, grazie alle magnifiche ceramiche, ai ciottoli levigati dalle onde, agli arredi e ai tessuti che riprendono i colori del cielo e del mare. Alla realizzazione di alcune ceramiche collaborò, lo scultore Fausto Melotti, amico da sempre di Gio, e alla realizzazione degli arredi collaborò Ico Parisi, marito della sua allieva prediletta, Luisa Aiani. E vi sono, ovviamente, gli intramontabili, strepitosi pezzi di design di Ponti, la sedia Superleggera 646, la poltrona e il divano 899 e la poltrona Round (detta anche Lisa, in omaggio a sua figlia).

Così, a proposito delle ceramiche che connotano gli spazi interni dell’hotel, ha scritto lo stesso Ponti su Domus, nel 1964:

«Ho fatto un albergo a Sorrento e, benché non ve ne fosse necessità, ho voluto che ognuna delle sue cento camere avesse un pavimento diverso. L’ho fatto per il mio antico amore per la ceramica che, quando posso impiegarla, mi spinge a fare più di quanto mi si chiede. Così con trenta disegni diversi, di cui ognuno permette anche due, tre, quattro combinazioni, ne son venuti fuori cento. […]

Questi disegni di piastrelle per l’albergo sul mare li ho fatti fare in blu scuro, blu chiaro, bianco: da D’Agostino di Salerno che li produce tutti. Nella perfezione e nella lucentezza di questi durevolissimi pavimenti (e rivestimenti) e nel fatto di essere tutti sul blu, sta il loro nitido incanto.»

Nato come uno dei primi design hotel del mondo, il Parco dei Principi di Sorrento si è ormai affermato su scala internazionale come hotel museo di rara e immutata bellezza.

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Gio Ponti, Hotel Parco dei Principi, Sorrento 1962. In alto: Viste della hall. In sasso: Vista del bar; Dettaglio del percorso espositivo tra la hall e il ristorante. Fotografia Fabrizia Vecchione; Camera con vista mare. Tutte le foto sono tratte da Domus, 09 luglio 2012.

La scelta di Antonella Galli e di Pierluigi Masini è ricaduta su questi quattordici luoghi del design, ma, come hanno ammesso loro stessi, ve ne sono molti altri. Alcuni di questi, quelli che hanno sede in Lombardia, sono oggi riuniti nel Circuito lombardo dei Musei del Design, un circuito che li promuove e ne cura la diffusione. Ma non bisogna dimenticare che importanti fondi di design si trovano negli Archivi Storici del Politecnico di Milano, nel CASVA (Centro Alti Studi per le Arti Visive del Comune di Milano), altra prestigiosa istituzione meneghina, soltanto per citarne qualcuno, naturalmente. E come dimenticare il Museo Ferrari di Maranello? O il Museo Moto Guzzi di Mandello Lario? O ancora il MIDeC (Museo Internazionale Design Ceramico) di Laveno Mombello? O la Fabbrica Poggi di Pavia, recentemente trasformata in Centro per il Design, l’Architettura e l’Arte? Ma sono solo alcuni. Certo i luoghi del design in Italia sono davvero molto numerosi, il libro di Baldini & Castoldi costituisce sicuramente il primo, importante contributo ad un loro censimento che si rivela essere sempre più urgente e capillarmente necessario. 

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