Uccidere i leader

16 Marzo 2015

22 novembre 1963. La Lincoln Continental da cui John Fitzgerald Kennedy, trentacinquesimo presidente degli USA, saluta la folla si avvicina all’incrocio tra Houston Street ed Elm Street a Dallas. Abraham Zapruder, un piccolo imprenditore della zona, sta riprendendo l’evento con la sua Bell&Howell Double-8mm. Mentre carica il motore a molla, non sa che quei 486 fotogrammi di Kodachrome che sta per impressionare costituiranno uno dei documenti storici più importanti del XX secolo.

 

 

Natale 1989. A circa una settimana dagli scontri di Timișoara, che segnano l’inizio della rivoluzione rumena, Nicolae Ceaușescu e la moglie Elena vengono catturati, sottoposti a un processo sommario e giustiziati. Il processo e parte dell’esecuzione vengono ripresi con una videocamera analogica. Gli spari cessano e l’obiettivo della camera può indugiare sul corpo senza vita di Ceaușescu, veicolando in questo modo un messaggio chiaro: il dittatore è morto.

 

21 Ottobre 2011. Nel deserto della Sirte il convoglio in fuga di Mu’ammar Gheddafi viene raggiunto da un gruppo di rivoluzionari armati. La cattura e le fasi che succedono all’esecuzione vengono riprese da diversi videotelefonini. Nel giro di poche ore, quei file video non verranno mostrati solo dalle principali testate telegiornalistiche occidentali, ma verranno proposti anche da piattaforme internet come YouTube. Dalla visione ritualizzata dell’infotainment televisivo si passa, così, alla fruizione disseminata che caratterizza il dispositivo dei database online.

 

Circa cinquant’anni dividono l’omicidio di Kennedy dall’esecuzione sommaria di Gheddafi. Mezzo secolo in cui l’ordine mondiale ha subito profonde modifiche. Le morti del presidente degli Stati Uniti, del presidente della Repubblica Socialista Rumena e del leader della Jamāhīriyya libica appaiono così senza legami, frutto di sommovimenti storici diversi. Eppure c’è un filo rosso che le lega: tutte e tre sono state documentate da dispositivi solitamente utilizzati in ambito amatoriale. Si tratta di tecnologie radicalmente diverse, afferenti al safety film, al video analogico e al video digitale, che, nel corso degli anni, hanno assunto il medesimo ruolo, ossia quello di testimoni della quotidianità. Molto spesso l’oggetto di questi orizzonti mediali è stato ridotto alla necessità di registrare su un supporto esterno il bagnetto della figlia o del figlio, le vacanze al mare, etc. In altri termini, film, nastro magnetico e scheda digitale SD si presentano come le membrane su cui, a partire dal primo formato amatoriale, il 9,5mm Pathé Baby del 1922, si è inscritta parte della memoria del quotidiano.

 

Emerge così il seguente interrogativo: che cosa succede quando questi dispositivi vengono utilizzati per testimoniare di eventi come la morte del leader politico? La domanda intreccia due orizzonti problematici, legati, da un lato, all’ambito dell’ontologia tecnologica e, dall’altro, al campo delle pratiche, vale a dire delle condizioni di possibilità connesse all’utilizzo di uno strumento tecnologico. Il rapporto tra tecnologia e pratica è un rapporto di co-implicazione: la tecnologia delinea un palinsesto di forme d’utilizzo che assume caleidoscopicamente diverse possibili configurazioni, fino ai poli estremi rappresentati dall’applicazione pedissequa del manuale di istruzioni – in cui la pratica si adatta totalmente all’uso “corretto” dello strumento – e dal bricolage tecnologico – in cui il dispositivo viene modificato per aderire meglio alle esigenze della pratica.

 

 

Tra questi elementi cardinali, la relazione tra dispositivi audiovisivi amatoriali e testimonianza dello straordinario costituisce un ulteriore principio di variazione. Nel caso dell’omicidio di Kennedy, per esempio, abbiamo un 8mm destinato alla fruizione privata. L’orizzonte pratico di riferimento si sarebbe esaurito in tutte quelle operazioni che seguono l’impressione del film, dallo sviluppo alla proiezione, se il contenuto non l’avesse trasformato innanzitutto in un documento dall’inestimabile valore storico, economico e giuridico. Come abbiamo affermato, già il 23 novembre Life opzionò i diritti di riproduzione dei fotogrammi per circa 50.000 dollari e, in seguito, acquistò per 150.000 dollari i diritti di riproduzione cinetelevisiva del filmato, che, tuttavia, per volere dell’editore Charles Douglas Jackson non venne mostrato integralmente al pubblico fino al 1975, quando fu trasmesso dal programma televisivo ABC Good Night America. Inoltre, Zapruder e il suo film divennero il centro di almeno due inchieste giudiziarie: la Commissione Warren del 1964 e il processo contro Clay Shaw del 1969.

 

L’8mm di Zapruder venne così utilizzato all’interno di circuiti comunicativi completamente diversi da quello privato: prima dissezionato in fotogrammi e pubblicato come fotografie su Life e, solo negli anni Settanta, trasmesso come contributo video all’interno di un talk-show. Le pratiche mass-mediali di stampa e televisione si sostituiscono a quelle legate al mondo cineamatoriale, sancendo il passaggio del film a un orizzonte di fruizione pubblico. Questo percorso, tuttavia, non deriva da un progetto comunicativo: i suoi passaggi sembrano legati, infatti, a valutazioni di natura estemporanea (come, per esempio, la decisione di Jackson di non mostrare al pubblico il film o la decisione da parte della famiglia Zapruder di concedere l’esclusiva alla ABC, infrangendo l’accordo con Life).

 

L’esatto opposto accadde con l’esecuzione dei coniugi Ceaușescu. Dopo essere stati catturati nei pressi di Târgoviște, in Valacchia, i Ceaușescu vennero sottoposti a un processo sommario. I ribelli ne registrarono su nastro magnetico le diverse fasi. In seguito, dopo l’esecuzione, ripresero con la medesima videocamera il corpo del Conducător. Il messaggio al plotone era stato recapitato in maniera inequivocabile: mirare al cuore affinché fosse possibile dare prova certa della sua morte. Il corpo di Nicolae doveva diventare, attraverso lo spettacolo bazinianamente osceno della morte, occasione di festeggiamenti per i simpatizzanti della rivoluzione (rumeni e, soprattutto, europei) e come monito ai filocomunisti: la Romania era libera dal giogo del dittatore e si apriva definitivamente all’occidente capitalista.

 

Il videotape fu utilizzato all’interno di questo progetto comunicativo in virtù della sua capacità di essere immediatamente disponibile/visibile. Ciò accelera la sua circolazione, che, dal punto di vista tecnologico, può prevedere anche il passaggio del broadcasting – è sufficiente collegare un videoregistratore a un impianto di trasmissione. Il videotape dell’esecuzione divenne, così, visibile per tutti i cittadini rumeni ed europei appena due giorni dopo l’esecuzione tramite televisione, entrando nel novero delle produzioni horror: si diffuse immediatamente la leggenda mediatica secondo cui l’occhio semiaperto di Ceaușescu ormai giustiziato fosse la prova inconfutabile della sua non-morte e della sua discendenza vampiresca.

 

Se le riprese del corpo di Ceaușescu rimandano a un progetto comunicativo definito, quelle del corpo di Gheddafi, effettuate con le videocamere dei telefonini, afferiscono a un panorama mediale più complesso, capace di convertire agilmente l’apparente estemporaneità dei contributi – brevi video elaborati da persone che, spesso, non si conoscono – in una puntuale documentazione dell’evento. Tale agilità non è dovuta solo alla facilità di condivisione dei contenuti, ma è legata soprattutto alle modalità in cui i video vengono resi accessibili tramite piattaforme online come YouTube e le sezioni video delle testate giornalistiche. All’interno del new media landscape emergono valori comunicativi diversi rispetto a quelli della “televisibilità”, così fondamentali nel caso di Ceaușescu. Qui il video amatoriale è rilevante proprio perché è connesso a vaste reti di disseminazione e perché le stesse piattaforme permettono di creare dei piccoli ipertesti grazie al sistema delle tag. Insomma, dall’apparente disordine iniziale si passa a un ipertesto polimorfo, capace di modificarsi ulteriormente in funzione di nuovi video che, riferendosi alla morte di Gheddafi, potrebbero “agganciarsi” a quelli già presenti.

 

 

Il punto più rilevante, per quanto riguarda i diversi video che mostrano la cattura e il cadavere del dittatore libico, non è stato, dunque, la predisposizione a farsi utilizzare dai programmi telegiornalistici, ma la capacità di diffondersi sulle piattaforme online e occuparne gli spazi per diverse ore. La televisione, in questo caso, è stata costretta ad adeguarsi a questa dinamica, riducendosi a essere uno dei tanti punti di accesso ai contenuti. Tale punto di accesso, tuttavia, continua a funzionare con regole proprie: quando le immagini della morte di Gheddafi sono state giudicate troppo violente, la televisione ha svolto il proprio ruolo di gatekeeper, mentre YouTube ha risolto la questione verificando l’età degli utenti e i siti dei giornali hanno avvertito il visitatore attraverso un disclaimer.

 

Tre tipologie dell’amatorialismo audiovisivo e tre diverse modalità di rifunzionalizzare i materiali riconducibili ai suoi dispositivi. Ogni esempio richiama un punto di riflessione comune: non sono le proprietà tecnologiche delle apparecchiature a determinarne le possibilità di utilizzo. Ciò che appare dirimente è il campo di negoziazione che le pratiche costituiscono al fine di poter coniugare la produzione e la fruizione di un testo, la tecnologia che ne consente l’inscrizione e i diversi contesti che se ne appropriano. L’omicidio di Kennedy e le esecuzioni di Ceaușescu e di Gheddafi costituiscono così casi esemplari in cui l’eccezionalità del contenuto impone la riconfigurazione del campo di negoziazione descritto. Riconfigurazione che ci informa come l’apparente banalità del cine-videoamatorialismo – e, transitivamente, della quotidianità – entra in contatto con l’irrepetibilità dell’evento storico.

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