Éntula: il vento s'è levato

16 Ottobre 2013

“Cando si tenet su entu est pretzisu entulare” scriveva Francesco Ignazio Mannu nel 1794.
“Quando si leva il vento è d’uopo trebbiare” traduceva più tardi il poeta Sebastiano Satta.

 

Entulare in sardo significa ventilare, ossia l’azione del lanciare in aria il grano per separarlo dalla pula, l’involucro che riveste il chicco. Un’operazione che gli agricoltori sardi praticavano nei giorni ventosi, quando il maestrale soffiava forte e bisognava darsi da fare. Si entulava dunque, nelle vecchie aie e negli spiazzi, in un’epoca pre-industriale neanche troppo lontana, quando era la natura a dettare i ritmi del lavoro e non era concesso perdere tempo.

 

Perciò Éntula, imperativo, incita all’azione: alzati e trebbia ora, ora che soffia il vento, non puoi più aspettare, il momento propizio è questo. E, come nell’omonimo brano dei Kenze Neke, significa anche sollevare e rimuovere quella polvere antica che, penetrata sino al cuore dei pensieri, ha inquinato l’immaginario di un popolo oppresso. Quasi un grido di rivolta, un passionale invito a risvegliare le coscienze dal torpore anche attraverso il potere della parola e delle narrazioni.
Imparare a raccontarsi o ad ascoltare le storie altrui aiuta a riappropriarsi e a preservare la memoria di sé.

 

 

Il vento s’è levato, ed è proprio in questa parola, éntula, il senso di ciò che fa Lìberos in questi tre mesi: da settembre a novembre, il Festival letterario diffuso prosegue infatti l’esperienza di Scrittori a piede Lìberos attraversando la Sardegna col suo carico di storie.

 

Quelle di Terry Brooks ad esempio, maestro del fantasy e autore da milioni di copie, coi suoi mondi surreali e senza tempo; o di Vanessa Roggeri, giovane autrice sarda che esordisce con Garzanti (certificazione autentica del lavoro svolto dalle case editrici serie insieme agli scrittori emergenti), col suo paese immaginario in una Sardegna reale anche se lontana nel tempo; o di Maurizio de Giovanni, coi suoi gialli ambientati in una credibilissima Napoli contemporanea; senza dimenticare Marta Pastorino, che con la sua prosa essenziale ci ha raccontato le asperità della strada che conduce alla ricerca di se stessi.

 

 

E se Ricardo Coler ha tenuto banco con le sue personali cronache di viaggio tra i Mosuo cinesi e gli ultracentenari di Vilcabamba in Ecuador, Viviana Mazza ha invece commosso i lettori con la storia di Malala, la piccola dissidente pakistana che si è ribellata coraggiosamente al regine dei talebani.

 

Sono questi gli autori che hanno appena concluso un intenso tour di presentazioni passando dalla Barbagia di Ollolai al Meilogu, dal Barigadu all’Anglona, in piccoli paesi che hanno deciso di entulare con Lìberos. E molti altri ne arriveranno. A breve il pubblico del festival potrà infatti ascoltare e dialogare di libri e cultura con Francesco Abate, Dulce Maria Cardoso e Nicolò Migheli, Marcello Fois, Cristiano Cavina e Barbara Casini. Punte di diamante del panorama letterario italiano e internazionale.

 

Bisogna sottolineare inoltre che in questo entulare sono stati fondamentali i comuni che hanno aderito al Festival: erano 17, alla partenza, ma sono già diventati 21 e altri ancora possono decidere di partecipare, perché questo è un festival elastico, aperto a nuove adesioni e con una programmazione che si arricchisce continuamente, grazie anche alla collaborazione con altri festival e premi letterari. Sono tutti nodi che si aggiungono alla rete e che la rendono più vasta e resistente.

 

Pensare che gli eventi culturali si possano e si debbano decentrare rimane una delle nostre idee portanti: quello che può fare la cultura per un territorio non è differente da ciò che può fare una qualsiasi altra attività economica. Ed è in quest’ottica che abbiamo intrapreso la strada dello scambio e della collaborazione con alcune espressioni del tessuto produttivo di queste zone, perché “con la cultura si mangia”, e gli incontri letterari diventano così cibo per la mente e per il corpo. D’altronde  ci piace credere che “il gusto di leggere” continui ad essere la migliore esperienza sinestesica che ci possa capitare.

 

Quello che Éntula farà, alla fine di questi tre mesi, sarà chiudere un anno di attività che si è tradotto (anche) in un festival letterario davvero diffuso e davvero permanente, con occasioni di incontro, scambio e crescita che sono nella natura di un’associazione come la nostra. Perché è questo che siamo, siamo la gente dei libri, dagli scrittori ai lettori, dalle case editrici alle librerie e alle biblioteche. E il mondo che vorremmo e per cui lavoriamo è fatto di storie e non dimentica la Storia di cui siamo parte e alla quale non siamo disposti a rinunciare.

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