Easy virtue in mostra a Amsterdam / Prostituzione e arte

27 Aprile 2016

Nel 2011 Bertrand Bonello presentò a Cannes un film memorabile e poco o niente distribuito da noi: L’Apollonide, in cui si narravano le vicende, a colori foschi e contrastanti, di un bordello parigino, di cui il regista ricostruiva in modo analitico il meccanismo economico e le potenzialità evocative di uno spazio per eccellenza censurato, eppure sempre presente nell’immaginazione collettiva. Easy virtue (il titolo è tratto da una celebre play di Noël Coward del 1924), una mostra notevolissima e molto fortunata, in scena al Museum Van Gogh ad Amsterdam, proveniente dal Musée d’Orsay (dove l’esposizione si intitolava balzacchianamente Splendeurs et misères), dove ha riscosso altrettanto successo, punta i riflettori su un tema inedito: il contributo, tutt’altro che piccolo, che le prostitute hanno fornito all’arte in Francia, specialmente nell’epoca tra ‘800 e ‘900, quando a Parigi le “belles de nuits”, definite con termini sempre più fantasiosi (ma non per questo meno dispregiativi) erano figure in vista, dotate di un loro preciso appeal.

 

Geesjekwak, Universiteitsbibliotheek leiden. 

 

Le cortigiane più celebrate potevano, come nuovi mecenati, determinare un intero immaginario intorno alla loro profumata persona. I letterati in cerca di spunti e stimoli frequentavano i loro Salons, come narra precisamente Emile Zola in Nana. La moda si inginocchiava ai loro piedi, riconoscendo alle “orizzontali di lusso” (tra cui comparivano, per opinione comune, anche certe dame dello spettacolo, e specialmente del balletto) di avere più il gusto per osare, per l’avventura; proprio come affermava Elio Fiorucci in certe interviste degli anni ’70, dichiarando che a New York le squillo erano le sue modelle favorite. Nell’esposizione colpisce specialmente un letto a forma di conchiglia, enorme, barocco, sopra le righe, appartenuto al mondo del piacere, ma di cui gli studiosi non sono riusciti a individuare la provenienza. Sorride il décolleté della bella Alice de Lancey (al secolo Julia Tahl), che si fece trionfalmente ritrarre come una novella Pompadour da Carolus-Duran.

 

Louis Anquetin, Donna la sera sugli Champs-Elysées. 

 

Il tono con cui l’argomento è trattato varia in modo clamoroso: si va dalle pubblicazioni ammiccanti (e dagli scopi decisamente pratici, come La Guide des Grues de la Ville de Paris), alle descrizioni dal vero (con in primo piano Edgar Dégas e ovviamente Toulouse Lautrec), fino all’allegoria sociale e alla denuncia politica. Spiccano gli affondi crudeli di Edvard Munch insieme alla descrizione clinica fino all’estremo di Félicien Rops, maestro dell’illustrazione erotica di cui è esposto anche il magistrale I pornocrati, con una bella dama bendata che porta al guinzaglio un maiale. Colpisce specialmente il rilievo nello scenario della notte della venditrice del corpo, che per legge può uscire in strada solo dopo il tramonto e a poco a poco per la prima volta il suo volto si illumina della luce elettrica, che cambierà per sempre il profilo delle metropoli e il modo di poterle abitare.

 

Inquietante come un fantasma della lussuria, compare l’impressionante immagine dipinta da Louis Anquetin, verde icona di sesso & assenzio celata dietro un velo bianco a pois. Il bordello fornisce a Picasso, che da giovane dipinge un impressionante ritratto di Gustave Coquiot, illustre critico d’arte contornato da cocottes di ogni tipo, lo spunto per uno dei quadri capitali del ‘900 Les demoiselles d’Avignon. E il mondo fauve troverà pane per i suoi denti: basta guardare Le giarrettiere rosse di Kees van Dongen o La danzatrice di Maurice de Vlaminck. Non meno impressionanti i magnifici ritratti di František Kupka con signore discinte e procaci, vestite con abiti dai colori impossibili, vere e proprie icone del desiderio. La relazione tra arte e eros è argomento di un convegno che sarà ad Amsterdam nel mese di maggio: nel vicino Rijksmuseum è esposta per la prima volta la magnifica, ossessiva serie delle ragazze in kimono di Georg Hendrik Breitner, che per molti anni dipinse la stessa modella, Geesje Kwak, in una serie di ritratti di grande intensità con indosso diversi abiti provenienti dal Sol Levante, siglando una pagina importante del giapponismo inizio ‘900, all’insegna di una privata e misteriosa ossessione.

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