Il linguaggio visuale di Iela Mari

7 Febbraio 2014

I libri di Iela Mari sono considerati dei classici della letteratura per l'infanzia. Comparsi per la prima volta negli anni Sessanta sono stati letti da generazioni di bambini e adulti di tutto il mondo. La caratteristica di questi oggetti è di essere affidata totalmente al potere narrativo delle immagini. I primi esiti editoriali videro Iela Mari al lavoro con Enzo Mari. La mela e la farfalla, edito da Bompiani nel 1960, fu il primo frutto di questa ricerca. L'uovo e la gallina, pure in corso di progettazione mentre viene dato alle stampe La mela e la farfalla, uscì vent'anni dopo per Emme Edizioni. Anche quando i due designers smisero di lavorare a quattro mani, l'assenza di parole scritte rimase un tratto distintivo delle edizioni firmate Iela Mari. Raccontare per sole immagini è universalizzante, dal momento che non servono traduzioni e che ciascuno, nella propria lingua, sa leggere le figure.

 

 

Tutti i libri di Iela Mari sembra partano da zero per dare forma solida alle figure della mente, in particolare quella dei bambini. Il palloncino rosso esce nel 1967 nell'ambito di una casa editrice storica, nata nello stesso periodo: la Emme Edizioni di Rosellina Archinto. In quel momento, il libro piace agli editori stranieri più di quanto non piaccia a quelli italiani, che non percepiscono la portata delle scelte operate dalla Emme nel promuovere in Italia tipologie di libri sconosciute ai più, cioè il picture book e il wordless book.

 

 

 

Iela Mari estremizza la centralità del linguaggio visuale. I suoi libri, fatta eccezione per Il tondo (Emme Edizioni, 1974) e C'era una volta un riccio di mare (Emme Edizioni, 1974), saranno sempre senza parole, una caratteristica che li apparenta a esperienze che avvenivano in contemporanea in Italia ad opera di Bruno Munari.

 

Nella primavera 2010 la Bologna Children's Book Fair le ha una mostra monografica, la prima in assoluto dedicata a questa gigante della letteratura per l'infanzia: Iela Mari. Il mondo attraverso una lente. Veniva in quell'occasione in superficie un patrimonio di rilevanza sconcertante, ignorato fino a quel momento: tavole originali e prove di stampa di tutti i progetti realizzati, conservati in ottimo stato dall'autrice; un numero cospicuo di menabò; pellicole in 35 mm; disegni per tessuti stampati, destinati a diventare oggetti di arredamento nelle camere dei bambini. Nella medesima circostanza, l'ospitalità di Iela Mari fu squisita. Si rese più volte disponibile nei mesi di preparazione della mostra a lunghe chiacchierate nella sua casa, tra libri, sigarette e cioccolatini.

 

Un’idea si trasforma in oggetto fisico con lentezza, ribadiscono senza parole i suoi libri. Svolgere passo per passo il corso della loro vicenda produttiva, implica il racconto di una storia fondata sul progetto e su un approccio quasi scientifico all’illustrazione.

 

Con i suoi menabò, Iela Mari entrava nelle scuole d’infanzia e capiva insieme ai bambini se le sue storie potessero funzionare o meno e il perché.

 

 

Negli anni Settanta i libri sono ripresi e citati. L’albero farà parte di un’antologia scolastica, intitolata Osservare leggere inventare, composta da albi illustrati rivolti alle seconde elementari (Emme Edizioni, 1979). La commistione di livelli linguistici (visivo e verbale) ed esperienze creative (disegno industriale, comunicazione, illustrazione e progettazione grafica per l’editoria scolastica) è per Iela Mari pane quotidiano: di giorno disegna marchi, di notte inventa libri con le figure.

 

 

I personaggi delle storie sono, dal più piccolo al più grande, larve, bruchi, farfalle, libellule, zanzare, scarabei, api, lumache, lucertole, ricci, rane, serpenti, topi, galline, lepri, tartarguhe, ghiri, volpi, porcospini, avvoltoi, babbuini, fenicotteri, gabbiani, leonesse, ippopotami, orsi, pavoni, struzzi, coccodrilli, tigri, elefanti. Ranuncoli, papaveri, trifogli, genziane, dalie, garofani selvatici, negritelle, margherite, primule, rododendri, campanule, raponzoli, crochi, botton d’oro, pulsatille, soffioni. Querce, palme da dattero, larici, faggi, banani, abeti bianchi e rossi, meli, mughi, pini marittimi, faggi, felci, pungitopo, baobab. Attraverso il regno animale e vegetale, Iela Mari costella i suoi libri di nomi, ambienti, climi, fenomeni atmosferici, stagioni.

 

 

Nel 1988 esce il suo ultimo lavoro, Il paesaggio infinito (Emme-Petrini junior, 1988), dedicato alla savana e ai suoi ospiti. Un gioco in sedici carte che, grazie a un espediente formale (una fascia di colore, alla stessa altezza, su tutte le tessere e che permette loro di attaccarsi una all’altra perfettamente), può durare ed espandersi a piacimento. Scrive Loredana Farina in uno dei saggi che accompagnano il catalogo della mostra citata: «è l'amore per la complessità e l'eloquenza del silenzio che rende efficaci ed attuali i libri di questa signora così sobria, così schiva e così appartata rispetto al clima generale della cultura italiana di oggi». L'amore per la complessità e l'eloquenza del silenzio.

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