Speciale

I draghi verdi

10 Giugno 2011

Eccomi qui alla soglia della vecchiaia e prossima alla pensione, come una bisnonna con parlantina accesa, vorrei dire la mia prima di lasciare la città, perché mi è giunta voce che vogliono sbarazzarsi di me o vendermi a chissà quale offerente.

Sono nata dopo la guerra in data incerta e ho sempre vissuto a Milano nei giardinetti di via Pallavicino, dove risiedo tutt’ora. È una bella zona con tanto verde intorno anche se molte cose da allora sono cambiate, ah quanti ricordi, quante mani e bocche si sono avvicinate a me!

All’epoca non c’erano le bottigliette di plastica ed era assurdo che i bambini andassero a bere nei bar, figurarsi! I piccoli viaggiavano in lussuosi passeggini accompagnati dalle tate e i grandi (e per grandi intendo quelli delle elementari, una volta venivano responsabilizzati prima) giravano già nel quartiere in piccole bande, ovviamente senza soldi in tasca, altro che Coca cola! Ero io al centro della loro attenzione.

Stavo lì bella e possente con la mia acqua fresca che sgorgava... Una fontanella verde tutta in ghisa con un bellissimo drago d’ottone come rubinetto, allora ero apprezzata. Vanesia mi rispecchiavo, “Chiare fresche e dolci acque”...

Sentivo qualche mamma urlare da lontano “ mi raccomando, non appoggiare la bocca!” “attenzione al tifo!” “non bagnarti!”, ma i bambini si spingevano fitti fitti “prima io”, “no, tocca me!” “ma come, sono arrivato io per primo!”, venivano alle mani mentre io pensavo tra me “calma calma, posso dissetare tutti, non abbiate paura, non mi esaurisco...”.

Li guardavo crescere questi bambini con le mani e il viso sporco, perché allora c’era la sabbia e loro facevano avanti e indietro coi secchielli e le formine, costruivano castelli e cantavano “se diventi bella ti do la caramella se diventi brutta ti do la pastasciutta”; poi chissà perché all’improvviso qualcuno piangeva e la sabbia volava a manciate verso le facce. Non dovevo aspettare molto ed erano già da me con gli occhi cisposi e rossi a lavare via il dolore.

E quante sbucciature ho ripulito! Chi cadeva in bicicletta, chi coi pattini … Io ero sempre pronta. Come una brava infermiera aiutavo a togliere il sangue e i sassolini incrostati nelle ferite. Quando finivano le scuole non avevo un attimo di tregua, la mattina, il pomeriggio, la sera, ah che fatica!

Ogni giorno era una festa, col caldo sempre più persone si pigiavano in coda, per dissetarsi, per bagnare la testa, per rinfrescare le caviglie e i piedi gonfi, come le nonne che sfuggivano l’isolamento e il buio delle imposte chiuse delle loro case. Ed ecco che era già sera e ronde di ragazzi stavano sui prati o in strada nell’afa, a giocare a frisbee e a pallone o a baciarsi dietro i cespugli. Io ero lì vigile, continuavo a sgorgare piena di vita.

Devo essere sincera, non ho mai sofferto troppo la solitudine. Forse durante l’inverno mi annoiavo un pochino di più, ma gli animali sono refrattari al freddo e passavano di quando in quando a farmi un saluto e a darsi una rinfrescata… Forse non ve lo siete mai chiesto, ma alla sete degli uccellini chi provvedeva? Non di certo i passanti volenterosi, quelli portavano solamente qualche chicco di grano o briciole di pane.

Ne ho visti di cani maldestri che cercavano di bere come i loro padroni dal rubinetto… Ah ah ah! Nessuno ci riusciva bene perché non è nella loro natura, ma ricordo quel cane nero simpatico che mi leccava e che alla fine aveva imparato a dissetarsi direttamente dal drago. Invece di piegarsi nella pozza d’acqua, alzava dignitosamente la testa e si abbeverava distinto. Poi un giorno l’ho visto arrivare zoppicando e dall’oggi al domani è sparito.

Il tempo passa e io sono ancora qui ai giardinetti di via Pallavicino chiusa in me stessa e spaventata di essere accantonata. Discutono della mia sorte, si chiedono se sono ancora utile o uno spreco superato, che carogne! Io aspetto, ci sarà pure qualche bambino divenuto grande che si ricorderà della sua “vedovella” e metterà una buona parola... Ah come ero felice a far del bene dalla mattina alla sera! Io sono la fonte della vita e devo rimanere un dono nel suolo italiano perché ricordatevi chi sono:

“Chiare, fresche e dolci acque …”.

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