Anomalisa. Il film di Charlie Kaufman / La sindrome di Fregoli come metafora

18 Aprile 2016

No, non credo proprio: non diventerà un film. Era questa all'inizio la posizione di Charlie Kaufman, fresco di oscar per la sceneggiatura di Ethernal sunshine of the spotted mind, a proposito di Anomalisa. Scritto con lo pseudonimo – non casuale – di Francis Fregoli e portato in scena a Los Angeles nel 2005, Anomalisa era originariamente una "commedia sonora": un insolito mix tra teatro e radio. Il progetto Theater of the new ear (non new year, proprio new ear) prevedeva sì un pubblico, un palco, un sipario, ma tutto quel che gli attori facevano era leggere le battute, restandosene belli seduti sulle loro sedie. Niente costumi, niente ingressi o uscite di scena, niente gesti. Ad accompagnare questa sorta di doppiaggio pubblico da fermi c'erano un rumorista e una piccola orchestra diretta da Carter Burwell, autore della colonna sonora di molti dei film di Kaufman e dei fratelli Cohen. 

 

Kaufman non voleva rinunciare al senso di straniamento che solo quel bizzarro formato sembrava poter restituire. Eppure qualcosa deve avergli fatto cambiare idea, perché a distanza di dieci anni Anomalisa è un lungometraggio di animazione in stop-motion, diretto insieme a Duke Johnson e realizzato grazie a una partecipatissima raccolta fondi su Kickstarter. Un film molto atteso dai fan di Kaufman, a digiuno di sue regie dal 2008, ma accolto senza entusiasmo dal pubblico italiano: rimasto nelle sale per poche settimane, da noi Anomalisa è passato quasi inosservato. Insieme alla potentissima idea su cui si regge e che era già il cardine della commedia sonora – magari proprio l'ingrediente che ha fatto cadere i dubbi di Kaufman e l'ha indotto a tentare una resa cinematografica. 

 

 

Tre attori sedevano in scena nello spettacolo teatrale del 2005. Uno interpretava il protagonista, Michael Stone, autore di un best-seller di strategia aziendale che arriva in aereo a Cincinnati per tenere una conferenza sul suo libro. Poi c'era l'attrice che prestava la voce a Lisa, anche lei in viaggio per assistere all'intervento di Michael. E infine Tom Noonan, ovvero: tutti gli altri. Ispiratore di Kaufman già in tempi non sospetti, Noonan aveva nella commedia sonora il difficile compito di interpretare una pletora di personaggi diversi. Ecco il dramma centrale di Anomalisa: per il protagonista, gli altri sono tutti uguali. La moglie, il figlio, la ex, qualsiasi passante, sono tutti la stessa persona. Fino all'arrivo di Lisa, essere finalmente dotato di una voce propria. 

 

A teatro lo stratagemma era evidente, perché il pubblico vedeva Noonan interpretare tutti i personaggi diversi dal protagonista e da Lisa. "Chiesi a Charlie come mai, tra tanti attori, avesse scelto proprio me, che ho una voce così monotona" racconta Noonan divertito. "Lui diceva che era sicuro che sarei riuscito benissimo. La verità è che mi ha scelto proprio perché la mia voce sembra sempre la stessa!" Al cinema infatti, dato che stiamo parlando di un film di animazione, il ruolo di Noonan è puro suono. La sfida per lui è stata calarsi nei panni di un'infinità di personaggi conservando sempre la stessa identica voce, impersonale e monocorde. In Anomalisa tutti parlano così: uomini, donne, bambini. Persone che il protagonista incontra davvero, attori che vede in tv, cantanti che ascolta. Perfino il brusio dei luoghi affollati è ottenuto dalla sovrapposizione di frasi pronunciate tutte da Noonan. A evidenziare l'allucinazione di Michael, nella versione cinematografica si aggiunge un tassello visivo: anche i volti sono tutti uguali. Cambiano i capelli, i vestiti, l'atteggiamento, ma la faccia rimane implacabilmente la stessa. Quando l'incubo sembra definitivo, ecco finalmente uno spiraglio, una possibile via d'uscita, sottoforma di una voce femminile che filtra attraverso la porta della stanza d'albergo di Michael. 

 

 

"Jesus, another person!" grida lui lanciandosi all'inseguimento nei corridoi dell'hotel Fregoli. Ancora un'allusione al trasformista italiano Leopoldo Fregoli, da cui prende il nome la sindrome di Fregoli, un disturbo psichiatrico che aleggia simbolicamente in tutto il film. I pazienti con la sindrome di Fregoli si convincono che le persone che li circondano siano sempre la stessa, che assume aspetti diversi per perseguitarli. " È un fenomeno molto raro, ma, a dispetto del nome, molto drammatico. Le persone colpite sono talmente immerse nel loro delirio da diventare talvolta aggressive", spiega Massimo Biondi, specialista in psichiatria all'Università di Roma La Sapienza. 

 

La sindrome di Fregoli non è l'unico disturbo psichiatrico che viene in mente guardando Anomalisa. Nella sindrome di Capgras, detta anche "delirio dei sosia", ci si immagina che le persone con cui interagiamo siano state sostituite da impostori. "Abbiamo avuto un paziente convinto di essere circondato da robot. Un'allucinazione durata una settimana, poi riconosciuta come tale", continua Biondi. In Anomalisa i volti di tutti i personaggi sono solcati da fessure, come fossero il risultato di pezzi di metallo incastrati. Durante una lunga sequenza onirica (qui commentata dai due registi) il viso del protagonista si stacca dalla testa, come un paraurti montato male.

 

 

E in effetti il gioco del burattinaio è ancora più evidente nella scelta macroscopica di girare un film in stop-motion, in cui i personaggi sono intrinsecamente dei pupazzi. Burattini, come quelli manovrati da Craig in Essere John Malkovich. 

 

Girare un film in stop-motion significa mettere in conto un'impresa titanica. L'idea è la stessa dei cartoni animati, ma invece dei disegni si usano bambole in 3D – in pratica, sculture. Sculture accuratissime nel caso di Anomalisa, dove i personaggi sono perfettamente realistici, salvo il particolare intenzionale dei solchi sui volti. Un lavoro così sofisticato che a regime ognuno degli animatori produceva un paio di secondi di film al giorno.

 

 

Lo sforzo era funzionale all'efficacia del film: "Se qualcosa è reale, se esiste nello spazio e nel tempo, il nostro cervello se ne accorge", ha spiegato Duke Johnson. "Davanti a un film in stop-motion, a qualche livello sei consapevole di guardare una realtà che esiste fisicamente, e che è manovrata da qualcuno". 

 

Michael, e con lui lo spettatore, prendono fiato durante l'incontro con Lisa, la proprietaria della voce speciale, la other person. Una donna normale, non bella, non brillante, dotata di una generosità ingenua e di tratti buffi che concedono a Michael e allo spettatore qualche momento di tregua. Ma il sollievo dura poco. In breve il ruolo salvifico di Lisa si trasforma in un tentativo grottesco e l'incubo è di nuovo completo. L'ultima scena del film, l'unica non filtrata dallo sguardo del protagonista, ci mostra Lisa che torna a casa in macchina, con la sua amica al volante. Per un istante l'amica si volta e la vediamo dritta in faccia. Un volto tondo, pieno, femmineo: non più una maschera di bulloni. Noi siamo fuori dall'incubo, ma Michael non è lì, e per lui non esiste soluzione.

 

Il personaggio di Michael Stone è travolto dall'angoscia, ha la sua bottiglina di pillole e una visione distorta del mondo, ma Anomalisa non è certo una rappresentazione fedele della sindrome di Fregoli o di Capgras. "È evidente che Kaufman voglia alludere a queste malattie, ma probabilmente nelle sue intenzioni c'è la volontà di rappresentare un malessere esistenziale, più che patologico", osserva Biondi. "Queste sindromi di misidentificazione sono interessanti perché ci parlano del confine tra mente e cervello: si originano sia da cause organiche, come un trauma cerebrale, sia da disturbi psichici." Il che le rende effettivamente una buona metafora – lo stesso Kaufman ammette di aver usato la sindrome di Fregoli come tale – per chiedersi che cosa è normale, e raccontare la tragedia e l'incomunicabilità di esistere in un mondo distorto. Ogni cosa è rovinata dalla percezione di Michael. Lui se ne rende conto, ma per quanto si sforzi non riesce a vedere niente senza le sue lenti deformanti. Anzi, nessuno: ed ecco il dramma di non poter vivere alcun rapporto, di non potersi abbandonare a nessun affetto, perché se il demone dalla voce incolore si impadronisce del tassista, be', pazienza; ma se lo fa con sua moglie, con suo figlio, con Lisa, allora il dolore è ingestibile, e il terrore è troppo, troppo grande. 

 

La versione teatrale di Anomalisa è introvabile, e non si sa se ne esista una registrazione da qualche parte. Niente filmati, file audio, video amatoriali: internet non aiuta. E non ci resta che immaginare quanto potesse essere potente la suggestione di Anomalisa raccontata da tre voci sedute: una per Michael, una per Lisa, e una – la stessa - per tutti gli altri. 

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