Speciale

Le vie di fuga

30 Dicembre 2011

Passo veloce, talvolta in crescendo. Cammino specialmente in centro città, dopo aver posteggiato la bicicletta assicurandola a se stessa con un lucchetto arrugginito blu.

 

Difficile che mi porti al centro dei marciapiedi. Più scorrevoli i lati, schivati dalla corrente principale antropomorfa e mollacciona, tutta sbadigli a strascico ed egocentrismo urbano, dove il centro è un marciapiede.

 

Anche nei sottopassaggi delle stazioni ferroviarie è così: tutti a defluire al centro, a formare un unico corpaccione sudaticcio e scalpitante che fa finta di procedere in entrambi i sensi ma rimane sempre fermo sul posto. I lati, signori, i lati sono le vie di fuga dalla trappola del corpaccione passeggero e passeggeri che ti fagocita e ti rilascia a sua discrezione.

 

Le vie di fuga respiratoria e sopravvivibile sono i lati. In città il lato destro è più sicuro ma rasenta le vetrine dei negozi, le loro entrate e le uscite. Bisogna essere più prudenti. Nei giorni del mercatino dell’antiquariato i marciapiedi del centro ribollono di uomini panciuti, donne carrozzinate, anziani incrocchiati, massaie biciclettate a mano, bambini accucciati e adolescenti abbracciati a catenaccio: o spicchi il volo o scendi dal marciapiede e cammini a filo, tra la strada che corre di auto e motorette, e le macchine parcheggiate all’infinito.

 

Capita, lungo le piste pedonali più ariose, di incontrare davanti a sé qualcuno che di passo veloce se ne intende e quasi quasi sei tentato di seguirne la scia, un po’ come fanno i piloti di Formula Uno durante i Gran Premi. E quando lo fai, dentro di te, ringrazi.

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