La pioggia russa

18 Febbraio 2013

I meteoriti che hanno colpito la Russia sembrano un messaggio che un Dio stanco ha pensato di spedire alla sue creature accanite sul contingente. La piccola terra tonda è sempre più gremita di esseri umani e delle loro creazioni e sempre più priva di quello che una volta si chiamava sacro, spirito, religione. Le dimissioni del papa hanno ufficialmente sancito la stanchezza degli umani, il loro ripiegarsi sulle piccole vicende del proprio corpo e della propria psiche.

La pioggia cosmica è sempre in corso. Forse i lunatici, gli ipocondriaci sono persone colpite da meteoriti invisibili. Ormai il pianeta sembra una vasta infermeria, un ambulatorio in cui ognuno porta i suoi mali a un medico che non c’è. La malattia del mondo è aver perso sensibilità all’universo. Abbiamo dimenticato il mistero in cui siamo immersi, scambiando le misure che prendiamo alle cose con le cose stesse. Quello che accade nella nostra atmosfera, dalle campagne elettorali agli uragani, ormai non basta. Abbiamo bisogno d’altro per rinvigorire il senso della nostra presenza. Possiamo anche riprendere a produrre e consumare merci, avremo sempre più la sensazione di un gioco piccolo, asfittico. Siamo ormai foderati dalla nostra cecità che ci impedisce di vedere e di sentire la vibrazione che ha acceso la materia e dentro la materia quel mistero ulteriore che è la coscienza.

I meteoriti dovrebbero cadere più spesso, squarciare questo lenzuolo di chiacchiere con cui abbiamo coperto la salma del mondo. Stiamo qui da mezzi addormentati, abbiamo bisogno di qualcosa che ci svegli. Altro che cacciabombardieri, dovremmo demolire ogni nascondiglio, ogni prigione. E dovremmo concordare una tregua alla guerra in atto tra le persone. Non ci prendiamo in giro. Dopo le guerre tra le tribù, dopo le guerre tra gli Stati, abbiamo inaugurato le guerre dell’io: ognuno contro tutti nella giostra dell’autismo corale.

La pioggia russa è venuta a ricordarci che siamo tutti orfani e senza un tetto. Siamo la terra, siamo gli affreschi del respiro, non gli stropicciati fantasmi che portiamo in giro.

 

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