Fantascienza sovietica / La chiocciola sul pendio

4 Agosto 2020

Dovremmo essere tutti d’accordo, ormai, sull’importanza non secondaria (e sulla bellezza) della letteratura fantascientifica. Ma se la fantascienza viene spesso vista come una letteratura di pertinenza anglo-americana, a cui si aggiungono ogni tanto voci provenienti dal resto del mondo, Italia compresa, non può andar taciuto che nel secolo scorso i narratori del blocco sovietico abbiano avuto un ruolo tutt’altro che marginale. Lo scrittore più famoso è stato senza ombra di dubbio il polacco Stanislaw Lem, noto al grande pubblico per il romanzo Solaris. Ma le sue opere, a eccezione proprio di Solaris, pubblicato da Sellerio, Golem XIV, pubblicato da Il sirente, e Vuoto assoluto, pubblicato da Voland, sono in questo momento assenti dalle nostre librerie e reperibili solo nel mercato dell’usato. 

 

È imbarazzante che i libri di un gigante come Lem debbano circolare quasi clandestinamente, ignorati dal grande pubblico e, tocca dirlo, anche dai lettori forti, il cui gusto in questi anni con ogni probabilità è cambiato e si è perso per strada una delle voci più innovative e profonde della letteratura mondiale. Augurandomi che qualche altro editore – oltre a quelli già citati – lo riporti in libreria, penso per esempio a Marcos y Marcos, che anni fa aveva pubblicato alcuni volumi del Nostro, passo adesso ai fratelli Arkadij e Boris Strugackij, o Strugatzki, o Strugatskij a seconda delle trascrizioni e delle edizioni. Annoverati tra gli autori più famosi e rilevanti, di Arkadij e Boris (il cognome decidetelo voi) è stato proprio l’editore milanese Marcos y Marcos ad aver pubblicato negli ultimi anni Un miliardo di anni prima della fine del mondo, È difficile essere un dio e Picnic sul ciglio della strada, delizioso romanzetto, quest’ultimo, già uscito secoli fa su Urania, da cui il regista Andrei Tarkovsky, che conosciamo tutti per la trasposizione di Solaris, nel 1979 aveva tratto il ponderosissimo Stalker. Per non parlare di un altro poderoso e ponderoso regista, Aleksei German, il cui ultimo film, Trudno byt' bogom (È difficile essere un dio, adattamento dell’omonimo romanzo dei fratelli Strugackij), fu presentato con successo al festival di Roma nel 2013.

 

 

L’elenco di autori sovietici potrebbe continuare ancora, mi viene in mente un celebre romanzo di protofantascienza, Stella rossa di Alexsandr Bogdanov, già pubblicato da Sellerio e ora ristampato da Agenzia X, oppure la distopia di Evgenij Zamjátin, Noi (adesso nel catalogo Mondadori) e molti altri titoli e autori. Così tanti da meritare un approfondimento, non da parte mia, modesto libraio, ma da parte di qualche studioso di letteratura slava, oltre che di letteratura fantastica. A proposito, lo sapevate che tra il 1966 e il 1967 l’editore Fer pubblicò una collana interamente dedicata alla fantascienza sovietica in cui i fratelli Strugackij erano presenti con due opere, Fuga nel futuro e Catastrofe planetaria?

 

La chiocciola sul pendio, invece, pubblicato da Carbonio editore alla fine del 2019, è un romanzo risalente al 1966, quantomeno nelle sue prime stesure, ed ebbe vita travagliata trasformandosi a poco a poco, riscrittura dopo riscrittura, fino ad assumere la forma attuale, pubblicata integralmente per la prima volta in Italia soltanto adesso. Non è un romanzo di fantascienza classica, con gli spaziali, gli alieni, le astronavi, per intenderci, e anzi qualcuno vi lesse una critica allo stato socialista, tanto che la diffusione del libro fu osteggiata. In effetti è fin troppo facile dare ragione all’ottuso censore, perché il libro contiene una critica all’ottusità burocratica propria del regime sovietico, e non solo, ma questa sarebbe un’altra storia.

 

 

Rimanendo nell’ambito dell’incubo vivido e angosciante raccontatoci dai fratelli Strugackij, diciamo invece che il romanzo procede per contrapposizione di capitoli ambientati in due luoghi diversi e fra loro confinanti, la città e la foresta. Due luoghi diversi e due protagonisti diversi, Perec e Kandid: il primo un funzionario ossessionato dalla foresta che cresce ai limiti della città, il secondo un cittadino sperduto nella foresta, e mezzo smemorato, che cerca di ritornare alla civiltà. Sono quindi due le chiocciole che si arrampicano sul pendio. L’una vuole fuggire dal labirinto burocratico che la intrappola, l’altra vuole scappare dall’asfissiante labirinto vegetale in cui si è ritrovato insieme a zombi e protoplasmi, oltre a una varia umanità che vive in poveri villaggi sparsi tra gli alberi. Perec alle prese con la burocrazia del Direttorato per gli affari della foresta, suddiviso in mille uffici dei compiti contraddittori fra di loro; Kandid alle prese con la natura mutante della foresta, che non è una semplice foresta, lo si è capito, ma qualcosa di più, natura esplosa e incontenibile che minaccia di ingurgitare l’umanità e di cancellarla, sostituendola con qualcosa di nuovo che già sta germogliando sotto le fronde.

 

Molto interessante, infine, la postfazione firmata da Boris Strugackij, in cui lo scrittore ci racconta, oltre alle tante stesure di La chiocciola sul pendio, anche il significato che i due fratelli avevano dato al loro lavoro: la città e la sua burocrazia simboleggiano il presente, con le sue contraddizioni e complicazioni create dagli uomini; la foresta così inestricabile e inesplicabile rappresenta il futuro, che per quanti sforzi avremo potuto fare, per quante tecnologie avremo potuto inventare, continuerà a rimanerci precluso per via del suo mistero più grande e per noi più spaventoso, e cioè che il futuro, oltre che rimanerci inspiegato e inspiegabile, potrebbe benissimo fare a meno dell’umanità.

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