La lingua cambia / L’“alternativa” che è quasi scomparsa

2 Marzo 2019

“Questo significa che a giugno ci siamo trovati senza contratti, dunque senza stipendi [...]. Due erano a quel punto le alternative. O dire: «ok, noi ci mettiamo a fare altro, ce ne andiamo in vacanza, e quando i contratti sono pronti ci chiamate, sempre se ci saremo» [...]. Oppure [...] metterci subito a lavorare (da giugno) senza contratti, senza stipendi e senza niente”: parole di Nicola Lagioia, Strega 2015, a proposito del Salone del libro di Torino, che dirige dal 2017. 

Quanto ad alternativa, i giochi son fatti almeno dalla fine del secolo scorso. Era il 2000. Il Grande dizionario italiano dell’uso diretto da De Mauro glossava:ciascuna delle soluzioni che possono essere scelte”. È il valore con cui Lagioia si serve di alternativa

 

E il tradizionale valore di “situazione nella quale non si offre che la scelta tra due sole cose o soluzioni possibili”? Già passato in secondo piano. Questa glossa del Grande dizionario della lingua italiana ha però a suo fondamento un uso secolare nella lingua letteraria. 

Carlo Cattaneo fornisce ricorrenze indiscutibili, in proposito: “La questione da deliberarsi non era una sola; e perciò non poteva onestamente ridursi a una semplice alternativa d’un sì o d’un no”. Per alternativa, un valore la cui prima, nobile testimonianza pare si trovi sotto la penna di Niccolò Machiavelli: Voi per questa vostra di oggi ci risollecitate a fare e’ 4000 fanti per potere sforzare Arezzo, e benché questa mattina si scrivesse a comune la deliberazione nostra, e questa sera medesimamente la aviamo replicata, nondimanco brevemente ne vogliamo scrivere da parte a voi. Noi facciamo questa alternativa [‘a nostro parere, delle due, l’una’, si può chiosare]: o Vitellozzo si fermerà in Arezzo con le sue forze o, non fermandovisi, giudichiamo, fatto che avessimo e’ 4000 fanti, essere ancora la vittoria dubbia, fondativi in su l’esempio di Pisa...”.

 

Accanto a tale valore, è germogliato l’odierno. S’è propagato come un’erbaccia. Il tradizionale ne è quasi completamente soffocato. Sia chiaro: non si sta qui ponendo una questione di proprietà, ancor meno di correttezza di un uso rispetto all’altro. Se ne sta soltanto additando la differenza e segnalando il relativo smottamento. 

Il valore che oggi sta dilagando si è chiaramente prodotto accanto al tradizionale. Alla base dell’innovazione, c’è una semplificazione che somiglia a un fraintendimento. Da alternativa come dilemma cornuto ad alternativa come designazione di ciascuno dei due corni o, come ormai pare pacifico, di ciascuno di un numero di corni indefinito: “Quante alternative abbiamo?” “Tre o quattro”. Un dì, alternativa non era del resto la parola comune che è oggi divenuta: “comune” la qualifica appunto il Grande dizionario italiano dell’uso

 

Ma cosa è rimasto eguale dai tempi di Machiavelli o da quelli di Cattaneo? Cosa è rimasto eguale da quelli, non proprio remotissimi, in cui chi firma questa nota apprendeva a esprimersi per iscritto in italiano? Certo, non la parola alternativa che fa oggi mostra del suo nuovo valore anche, se non soprattutto sulle labbra e negli scritti della gente di mondo, di coloro che cavalcano gli andazzi e più che incuranti del passato, bisogna ne siano appunto ignari. Con una leggerezza cui fa tuttavia difetto la grazia, procedono nel presente più speditamente. Ed è così che, con il loro contributo, la lingua cambia ineluttabilmente.

 

Pubblicato sul Corriere del Ticino del 23 febbraio 2019, in versione ridotta e con un titolo diverso.

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