Tom Ang – Photography

29 Gennaio 2016

Rosalind Krauss, Graham Clarke, Claudio Marra, Beaumont Newhall, Ando Gilardi e, naturalmente, Walter Benjamin; l’elenco di grandi autori che hanno intrapreso un percorso narrativo e critico della storia della fotografia potrebbe proseguire ancora a lungo, e in molteplici direzioni. Basterebbe considerare la ricchezza di questo retaggio per ritenere quella di Tom Ang, con Photography: The Definitive Visual History, un’operazione che danza sul crinale tra il coraggio e la temerarietà. Edito per l’Italia da Gribaudo, a novembre 2015, con il sottotitolo Il libro completo sulla storia della fotografia, il libro persegue il suo ambizioso intento con un approccio che vien da definire di originalità consapevole.

 

La struttura del volume, d’acchito, suggerisce con decisione una lettura cronologica del fenomeno fotografico, ma un’occhiata più attenta all’indice e, soprattutto, indulgere alla piacevole tentazione di sfogliarne le pagine, senza meta e senza un perché ulteriore, ci fanno subito rendere conto che una lettura sequenziale non è necessariamente l’unica né la migliore possibile.

 

 

Sono, in effetti, otto le macro-aree tematiche che scandiscono la storia della fotografia, comprendendo dai venti ai trent’anni di storia ciascuna. Tuttavia, le scelte strutturali e stilistiche attraverso cui le aree si declinano, spingono il lettore a percorrere una linea spezzata, ad assumere un atteggiamento erratico, in particolare attraverso due tecniche: la prima, che pertiene al Tom Ang grande conoscitore dei trend comunicativi e grafici, si esprime nell’aspetto elegante e fresco di queste pagine, in uno stile furbesco pur senza inganni, accattivante e magnetico ma in direzione dell’efficacia, in funzione della ricerca, con preziose connessioni tra i contenuti testuali e quelli di immagine; la seconda la chiameremo “delle ricorrenze” e si evidenzia soprattutto in quei paragrafi che costellano la pubblicazione e tutte le tematiche e che Ang denomina Focus e Grandi fotografi. A questa scelta, vero e proprio sentiero proiettato sulla strada maestra, sempre interrotto e già sempre ripreso, va dedicata un’attenzione particolare in ragione della genuina e irresistibile curiosità che porta a seguirla, a sorprendersi dei suoi balzi e dei suoi ritorni, fatti di nomi, di eventi, di luoghi.

 

 

Focus ci accompagna dal Boulevard du Temple di Daguerre al Doisneau de Il bacio dell’Hotêl de Ville, fino a Thomas Höpker che, dall’altra sponda dell’Hudson, inquadra le Twin Towers in fiamme e poi ancora a ritroso per l’Esplosione dell’Hindenburg di Sam Shere. Le immagini, le forme, le evocazioni e gli stilemi spariscono e riemergono, si abbracciano e si riproducono; i loro rapporti si fanno caleidoscopici, metamorfici e sostanzialmente infiniti e infinitamente ricorrenti e ricorribili.

 

La stessa incalcolabile potenza narrativa, posizionata sul punto di vista biografico e artistico, conduce per mano tra i celebri nomi dei Grandi fotografi: Sebastião Salgado e, con un’agile piroetta, Alfred Eisenstaedt; un passo indietro fino ad Atget e di rincorsa saltare da Man Ray per atterrare con un salto triplo su Steve McCurry.

 

 

Ciascun singolo esperimento porta, innanzitutto, ad accrescere lo stupore per l’anacronismo delle analogie e la coerenza delle differenze e, in secondo luogo, a maturare e rafforzare la convinzione che questo metodo di lettura si avvicini, almeno, a essere il più azzeccato.

 

L’impaginazione è il veicolo per mezzo del quale si manifesta al meglio la propensione non accademica e, per certi versi, non convenzionale con cui questo lavoro è stato concepito: lungi dall’apparire come un testo voluto dagli studiosi per gli studiosi o dal volersi, come induce a pensare il grande formato, qualificare alla stregua di un catalogo d’arte, Photography riesce nell’acrobazia di costituirsi come strumento per gli esperti, per gli appassionati o anche solo per i neofiti assumendo l’efficace aspetto di uno scrapbook.

 

 

Sfogliarlo, con la naturalezza e lo svagato piacere con cui si esplora un album fotografico di famiglia, diventerà perciò l’azione più spontanea, alla ricerca delle corrispondenze, delle somiglianze, delle confortanti apparizioni già note e delle disorientanti aspettative ancora una volta disattese. Prendere confidenza con la storia della fotografia diventerà perciò un atto di relazione e non una presa di possesso: le fotografie storiche di cui abbiamo memoria continueranno a esplodere la loro capacità ineluttabile di sorprenderci, con vecchi e nuovi dettagli che ci coglieranno a guardia abbassata, sul punto di voltare la pagina per ritrovare gli incanti cui siamo affezionati o i dolori da cui ci crediamo vaccinati.

 

 

Attraversando le tecnologie, a distanza di svariati decenni, gli scatti qui raccolti ci stupiranno per l’insistenza e la resistenza di certe emanazioni, ineffabili ma piene di senso, come se un quadretto famigliare di persone sconosciute, i ritratti delle celebrità e la testimonianza della catastrofe risuonassero gli uni negli altri e, insieme, con i nostri personali ricordi. I comparti testuali, efficienti e puntuali, concorrono a questo effetto come l’ordito con la trama e ne ricaviamo la completa sensazione che tutte le parti del libro si tengano tra loro, intessute di innumerevoli fil rouge.

 

La cattura di quell’istante che istante non è; il riavvolgimento del tempo, dei tempi, in un cristallo qui presente che non risponde “al presente”; lo sguardo impossibile e, pure, davanti ai nostri occhi che la fotografia è ed è sempre stata: questo libro, col suo stile e le sue scelte estetiche, ci mette sotto il naso queste verità che sovrastano il tempo in modo così leggero da apparirci incredibile e lasciarci sempre sul punto di dire che ogni scatto, perfino quello innegabilmente più antico e distante, in qualche modo “sembra una foto di oggi”. Questo libro, dovremmo allora dire, trova il modo di metterci alla prova del contemporaneo.

 

Le scelte di Tom Ang, in particolare le due tecniche di cui sopra, aprono al lettore una nebulosa di potenziale e sono il più evidente effetto di quella originalità consapevole grazie a cui Photography regge il proprio coraggioso e temerario impulso e trova la propria via tra le grandi tracciate da chi l’ha preceduto.

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