Giovanni Boccaccio / Rime, XCIII

15 Dicembre 2011

Anche il mondano Boccaccio si prese la briga, sulla scorta del maestro Dante Alighieri (un verso come “che fece Italia già donna del mondo” risente della lezione dantesca e sembra discendere direttamente da “non donna di province ma bordello”), di intonare un’appassionata invettiva in versi all’Italia. E sebbene l'autore del Decameron riconoscesse che lo scrivere in versi non era nelle sue corde, questo suo sonetto civile, scritto probabilmente intorno al 1375, è tutt’altro che disprezzabile.

 

 

Fuggit’è ogni virtù, spent’è il valore

che fece Italia già donna del mondo,

e le Muse castalie son in fondo,

né cura quas’alcun del lor onore.

 

Del verde lauro più fronda né fiore

in pregio sono, e ciascun sotto il pondo

dell’arricchir sottentra, e del profondo

surgono i vizi trionfando fore.

 

Per che, se i maggior nostri hanno lasciato

il vago stil de’ versi e delle prose,

esser non de’ti maraviglia alcuna.

 

Piangi dunque con meco il nostro stato,

l’uso moderno e l’opre viziose,

cui oggi favoreggia la fortuna.

 

 

Edizione di riferimento: Giovanni Boccaccio, Tutte le opere, a c. di V. Branca, Mondadori, Milano 1992

 

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