Speciale

New York. Occupy Wall Street

13 Ottobre 2011

Domenica 9 ottobre, a mezzogiorno, “ il filosofo marxista Žižek Slavoj”,  come ha detto il telegiornale di RAI International, parla ad OccupyWallStreet. Arrivo con la metro a Fulton street, giro sulla Broadway e in cinque minuti sono a Zuccotti Park, ribattezzata Liberty Plaza dal movimento che l’ha occupata il 17 settembre. È la prima volta che ci vengo e mi aspetto che le tre settimane di campeggio libero abbiano ridotto male sia il posto sia gli occupanti. Il primo presagio dell’occupazione è un rullo continuo di tamburi, come è immancabile in queste situazioni che sembrano esercitare una forte attrazione sui percussionisti. La piazza sarà un duecento metri in lungo e cento in largo: al centro un giardino pubblico, sui lati lunghi due stretti controviali occupati uno dai mezzi della polizia di New York, l’altro da televisioni e media vari. I poliziotti hanno anche costruito un torretta di avvistamento, come quelle che ci sono nei campi di prigionia, per la sorveglianza dall’alto.

 

 

Da lontano Liberty Plaza sembra un bivacco di barboni. Non è permesso montare tende e allora l’accampamento viene fuori un po’ caotico: sacchi a pelo, materassini, asciugamani, gente che apre gli occhi, si stira, dorme ancora di brutto… fa colazione. Mi faccio strada in mezzo agli occupanti e noto con sorpresa l’assenza totale della puzza di pipì. Pensavo che fosse inevitabile viste le precarie condizioni di vita, invece non ce n’è per niente, fatto sorprendente per uno come me abituato al centro storico di Genova dove invece la si sente sempre anche se la gente ha il gabinetto in casa. Nonostante il disordine il posto è pulito, girano due ragazzi con scopa e paletta, ma si vede anche che ognuno il suo spicchio di piazza se lo tiene in ordine. Oggi è un giorno di folla e faccio fatica a muovermi, ma nel pigia pigia riesco però a rendermi conto che l’organizzazione del presidio è molto curata. Zuccotti  Park è una micro-comunità, con servizio lavanderia, la cucina, una libreria, vari stand informativi, un gruppo  teatrale e il servizio medico. Al centro della piazza c’è il nucleo operativo del movimento, 4-5 computer collegati a misteriose fonti di energia, con alle tastiere dei ragazzi che devono essere dei miracolati della concentrazione per lavorare in quella confusione. Mi immagino che mandino in giro comunicati, curino il sito web, sparino nel cosmo tutto quello che succede a Liberty Plaza.

 

 

I giovani sono in maggioranza quest’è chiaro, in generale bianchi, ma di gente di altre età e di altre razze ce n’è abbastanza per poter dire che uno spaccato rappresentativo della società si è dato appuntamento qui. Ma quella che si vede in questa piazza è solo una faccia di questo movimento, perché c’è anche l’altra, quella che appare sul web, è indissolubile dalla prima ed incredibilmente articolata ed efficiente. Sì perché quei tipi lì al lavoro sui tavoli e le panchine dei giardinetti gestiscono un sito web che funziona alla perfezione, molto meglio di quello di molte università italiane, si coordinano con un sito-ombrello, “OccupyTogether”, a cui fanno riferimento più di 1000 occupazioni in tutti gli Stati Uniti, vanno su Twitter, gestiscono una pagina Facebook, filmano tutti gli eventi per sbatterli subito su Youtube e infine fanno funzionare una webtv dove in stream si possono vedere dal vivo cortei, arresti e maltrattamenti. Dire quale delle due facce sia virtuale e quale reale è ozioso, in realtà vivono una dentro l’altra come in un circolo, così che per la prima volta capisco, però solo su scala binaria, il funzionamento della Santissima Trinità.

 

 

Žižek arriva puntuale a mezzogiorno preciso, porta una maglietta rossa con sopra Marx ed Engels stilizzati, sale su una panchina e inizia a parlare. La sua gestualità è straziata da continui tic nervosi che però, man mano che il discorso avanza, riescono a prendere un loro ritmo (si tocca prima il petto, poi la faccia e infine fa un gesto in avanti ad indicare Wall Street) e ad accompagnare alla fine fluidamente il discorso. Non è permesso l’uso dei megafoni così l’oratore dice una frase molto breve, tipo “we are not dreamers”, e quelli vicino a lui la ripetono ad alta voce in coro, poi il cerchio successivo di nuovo, di modo che “we are not dreamers” rimbalza di voce in voce fino ai bordi della piazza. Da dove verrà questa tecnica? Oceanici raduni religiosi nel West, comizi sindacali di fine Ottocento, chi lo sa? Ma ne nasce un’onda ritmata e potente che vocalizza l’intera comunità, con l’eccezione di quelli dei tamburi che naturalmente continuano nelle loro percussioni. Žižek inizia rivoltando contro Wall Street le accuse che sono di solito portate al movimento, sono i boss della finanza i sognatori che si illudono che il mondo possa andare avanti così, sono pagani e non cristiani, sono loro i distruttori della proprietà, basta guardare ai guasti portati dalla crisi, sono loro i sabotatori della famiglia, dato che è per colpa della loro recessione se milioni di famiglie si trovano nei guai. Non si concede piaceri demagogici, dice che sappiamo quello che non vogliamo ma siamo un po’ meno sicuri su quello che vogliamo, ricorda che non dobbiamo diventare una rivolta moralista contro la corruzione ma cambiare invece il sistema. Poi arriva al cuore del suo discorso, “non innamoratevi di voi stessi”, che significherebbe non fatevi prendere dalla gioia di questo momento qui in piazza con tutti questi amici, perché se fate così vi dimenticate di tutto quello che c’è da fare nel vasto mondo che ci circonda. Quest’idea lui la riesce a dire in tre parole esatte “Carnivals come cheap”, i Carnevali costano poco, ma lasciano il tempo che trovano, anzi peggio perché poi arriva la Quaresima.

 

 

Le parole che salgono da Liberty Plaza sono così vere da essere folli: noi siamo il 99%, la libertà deve essere di tutti, la vita conta più della proprietà, poliziotti disertate perché fate parte anche voi del 99%, non ce ne andremo da qui finché non ci sarà un vero cambiamento nel nostro paese e nel mondo. La non-follia invece sarebbe quello che invece sta già succedendo a tanti negli Stati Uniti come in Europa e che sarà il destino della grande maggioranza entro una generazione, cioè che i diritti del lavoro spariranno, le pensioni saranno assegni di sopravvivenza, l’assistenza sanitaria un lusso, e che tutto questo creerà milioni di posti di lavoro, naturalmente non subito ma entro qualche anno basta fare ancora un po’ di sacrifici. Allora forse la forza di questo posto qui è di essere come uno specchio nel quale il mondo si può riconoscere; qui girano idee che almeno una volta abbiamo avuto tutti. Infatti se ci fermiamo un po’ a pensarci sopra dobbiamo riconoscere che la ragione sta in Zuccotti Park e non due isolati più a sud in Wall Street. Ma, appunto, pensarci un po’ sopra a come gira il mondo non è la cosa più semplice da farsi.

 

Io comunque, intanto che me tornavo alla metro, non ero né deluso né esaltato. 

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