#3 / Perché Freud è ancora necessario

La Legge del desiderio 

Massimo Recalcati

 

La concezione freudiana dell’inconscio resta per un verso vittima dell’ontologia. L’inconscio freudiano è il luogo dell’archè, dell’archeologico, dell’archivio, del passato inestinguibile. L’indistruttibilità del desiderio che troviamo in chiusura della Traumdeutung sembra avallare questa concezione dell’inconscio come traccia già scritta, iscrizione infantile. Dall’altra parte il testo di Freud ci consegna una eredità che squarta questa configurazione ontologica dell’inconscio. Lo stesso concetto di indistruttibilità del desiderio può essere letto in un modo eccentrico rispetto alla figura del passato che ritorna e si ripete. Freud parla anche di una “voce” del desiderio, di un Wunsch che diviene vocazione. In questo caso il desiderio coincide con la Legge; con una Legge alternativa a quella sadica e patibolare del Super-io. 

È la Legge del desiderio come luogo dove l’Io è tenuto ad avvenire. Non nel senso dell’archeologia ma della ripresa in avanti, del non ancora avvenuto. L’ostacolo maggiore all’accesso di questo inaudito “sollen” che coincide con il proprio Es (Wo es war soll Ich werden) è costituito dalla pulsione di morte (Todestrieb). È questa la figura più scabrosa che Freud ci lascia in eredità e che merita di essere profondamente ripensata ad un secolo di distanza. Qui Freud mostra che l’indistruttibilità del desiderio può avere una terza declinazione. Non la ripetizione della petizione infantile del desiderio rimosso; non la voce del desiderio che diviene Legge; ma una sconcertante pulsione a chiudere; il carattere fascista del desiderio. La pulsione gregaria si perverte e anima la spinta mortifera e melanconica alla chiusura di fronte alla contingenza illimitata della vita. L’autoconservazione diviene meta della pulsione sino alla propria distruzione. Questa natura fascista del desiderio che fa del confine identitario una sorta di nuovo oggetto pulsionale, oggi più che mai, ci chiama ad una responsabilità alta. Come impedire che il desiderio melanconicamente fascista della pulsione di morte trionfi? Come preservare l’apertura illimitata della trascendenza del desiderio di fronte alla sirena mortale del ritorno alla quiete dell’inerte? Ad una vita già morta?   

 

Massimo Recalcati, psicoanalista, dirige l’IRPA (Istituto di ricerca di psicoanalisi applicata), ha fondato Jonas Onlus (Centro di clinica psicoanalitica per i nuovi sintomi) e Divergenze, Associazione per le pratiche della cura e della clinica

 

 

La psicoanalisi nel postumano

Riccardo Bernardini e Ludovica Blandino

 

L’era digitale sta operando profondi cambiamenti individuali, sociali, culturali, politici. Gli algoritmi regolano la nostra vita in modo sempre più sofisticato, mentre i computer hanno raggiunto un tale livello di coscienza che, si potrebbe dire, l’intelligenza artificiale ha iniziato a pensare e sognare per noi. Con l’avvento delle tecnologie di quinta generazione (5G), uomo e intelligenza artificiale daranno vita una realtà ibrida ancora difficilmente immaginabile.

In un mondo sempre più regolato da paradigmi di performatività, velocità e aggiornamento, la comunicazione digitale ci costringe ad abitare “spazi incerti ed esposti, dove non siamo mai pienamente” (Merlini, Ubicumque, 2015). Assistiamo così alla comparsa di nuove problematiche cliniche – dalla internet addiction all’isolamento digitale –, indotte proprio da quegli stessi strumenti che promettono di ottimizzare le nostre vite. Vi è inoltre una domanda crescente di terapie online, talora erogate attraverso chatbot nelle quali il professionista è sostituito da software con competenze pseudo-psicologiche, che pongono inedite questioni tecniche e deontologiche.

A fronte di uno scenario inquietante ma, evidentemente, non esente da potenti risvolti seduttivi, che impone di riconsiderare in modo radicale le idee di soggettività, sofferenza e cura, la psicoanalisi si dimostra attuale nel contrastare queste nuove forme di attacco alla “capacità di pensare” e, al tempo stesso, nel difendere il “fondamento relazionale” della vita umana. Al di là delle differenze di scuola, la psicoanalisi conferisce dignità all’inalienabile sofferenza individuale, offre ascolto alla dimensione inconscia che abitiamo e valorizza il rapporto interpersonale come fattore primario e imprescindibile della cura. Una risposta al perenne richiamo della soggettività, reso oggi forse ancora più urgente dal sogno di una nuova identità imperitura, molteplice e diffusa, a cui il postumano ci espone.

 

Riccardo Bernardini è presidente dell’IPAP (Istituto di Psicologia Analitica e Psicodramma, Scuola di Specializzazione in Psicoterapia) e segretario scientifico della Fondazione Eranos.

Ludovica Blandino, psicologa psicoterapeuta, è candidata della SPI.

 

Freud scienziato scomodo

Alessandra Campo

 

La psicoanalisi di Freud è la migliore teoria del soggetto di cui disponiamo: migliore perché laica, lucida, scomoda e, soprattutto, sperimentale. A differenza della stragrande maggioranza delle altre “psi”, infatti, essa non si comporta, nei riguardi della sofferenza psichica come Freud rimproverava Rank di comportarsi con i traumi-incendi, vale a dire limitandosi a spostare la lampada a petrolio che li ha scatenati. La psicoanalisi rifiuta il modello meccanico di causalità del post hoc (incendio) ergo propter hoc (lampada a petrolio), e lo rifiuta perché non si limita ad allontanare, via cognitiva o comportamentale, le cause “prossime” o manifeste del fuoco promettendo al paziente successi facili e a costo zero. Freud puntava a intervenire sulle “condizioni iniziali” dell’incendio e, quando vi riusciva, tentava di modificarle. Ma nessuno, nemmeno lui, sapeva quando, come e se la rettifica dell'originario processo di rimozione sarebbe avvenuta.

La psicoanalisi, perciò, non è scientifica se scientifica significa "protocollabile". I suoi risultati non sono prevedibili né con anticipo né con esattezza. Ma, siamo sicuri che questo sia possibile da parte della scienza che oggi gode di così buona stampa? I fisici del CERN sanno forse già ora quando la prossima onda gravitazionale o particella di antimateria sarà rilevata?  Più che meno esatta o meno scientifica, direi che la psicoanalisi è solo meno comoda e Freud, del resto, lo sapeva bene: l’incontro con un neutrino o un’onda gravitazionale ci crea meno problemi di quello con i nostri escrementi.

 

Alessandra Campo, assegnista di ricerca in filosofia teoretica presso l'università dell'Aquila.

 

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