Perché “il manifesto” deve vivere

Per alcuni è un fossile ingombrante, per altri una incomprensibile anomalia, per altri ancora un ovvio bersaglio polemico. Per molti, per chi lo legge, o ha scritto sulle sue pagine, noi compresi, “il manifesto” è un giornale molto speciale, che da più di quarant’anni, against all odds e attraverso radicali trasformazioni della società, della cultura, della politica, testimonia una visione irriducibilmente di opposizione, fiera e indipendente come raramente si è visto nel variopinto paesaggio italiano. Come tutti i giornali, non sempre ha avuto ragione. Come foglio di opposizione, ha combattuto le sue battaglie a viso aperto, le ha perse, ammettendo i propri errori, in altre occasioni rivendicando la propria lungimiranza, sempre testardamente convinto che solo dallo scomodo esercizio della critica potesse venire un guadagno collettivo per la società. Le sue pagine culturali, soprattutto, hanno rappresentato per decenni uno spazio di dibattito essenziale, uno dei pochi in Italia a non aver abdicato, prima dell’avvento di internet, all’imperativo della mercificazione universale, a dare spazio alle sperimentazioni più coraggiose, alle idee meno condiscendenti. Chi le ha lette con interesse, o solo sfogliate, o magari detestate, sa di cosa parliamo.

 

Oggi “il manifesto” sembra essere giunto alla fine del suo lungo percorso: complici le condizioni politiche, la crisi economica, le mutate abitudini dei lettori, certo, ma soprattutto la sua dipendenza da un finanziamento statale per l’editoria che dopo essere stato ridotto a un rivolo è da ultimo caduto sotto i colpi del governo Berlusconi, il giornale è stato posto in liquidazione, l’anticamera della chiusura. Giusto o sbagliato, la discussione è aperta, il finanziamento pubblico è stato uno dei modi con cui la cultura italiana ha mantenuto per decenni la sua diversità e vitalità, non solo nel caso dei giornali. Ma per continuare a esistere, “il manifesto” ha deciso stavolta di non contare sulla mano pubblica, e neppure di lanciare, come in passato, campagne di sottoscrizioni straordinarie. Chiede ai suoi lettori di fare una cosa semplice: comprarlo in edicola. Sembra poco, ma è un gesto essenziale per assicurare al giornale una chance di sopravvivenza. Per questo doppiozero ha deciso di sostenere questa campagna. Comprare “il manifesto” per continuare a leggerlo, a sostenerne le posizioni, a criticarle, con la convinzione che la sua chiusura rappresenterebbe un grave impoverimento per la coscienza critica e la cultura del nostro paese. Difendere le cause perse è un impegno troppo prezioso perché si possa pensare di poterne fare a meno.

 

Noi domani compreremo “il manifesto”. Voi cosa farete?

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