Prendete i bambini sul serio

18 Dicembre 2015

Tempo fa, mi trovai nella condizione di dover convincere una colta e raffinata scrittrice in merito all'opportunità di leggere le fiabe di Andersen ai nipotini. Lei dubitava: i bambini sono spensierati, lontani dai dolori e dalle vicissitudini della vita, perché far loro una lettura che può turbarli? E, pur essendo stata da bambina una appassionata lettrice di fiabe, concludeva che le fiabe di Andersen non sono adatte ai bambini di oggi. Per convincerla, le spedii in omaggio Letture facoltative (Adelphi 2006), la magnifica raccolta di recensioni che Wisława Szymborska ha dedicato ai “libri inutili” in cui le capitava di imbattersi – manuali, compendi, raccolte di consigli, libri divulgativi sugli argomenti più strani – fra i quali è annoverata la raccolta di fiabe di Hans Christian Andersen. Scrive la Szymborska:

 

La principessa sul pisello, illustrazione di Tom Seidmann-Freud, 1921

 

I bambini amano essere spaventati dalle favole. Hanno un naturale bisogno di sperimentare emozioni forti. Andersen atterriva i bambini, ma nessuno di loro, una volta diventato grande, gliene ha mai voluto. Le sue splendide favole sono piene di creature soprannaturali, senza contare gli animali parlanti e i secchi dal pronto eloquio. Non tutti i membri di questa confraternita sono cordiali e innocui. Il personaggio che ricorre con maggiore frequenza è la morte, figura implacabile che irrompe all'improvviso nel cuore della felicità, portandosi via i migliori, i più amati. Andersen prendeva i bambini sul serio. Non parlava loro soltanto della radiosa avventura della vita, ma anche di disgrazie, sventure e sconfitte non sempre meritate. Le sue favole, popolate di creature immaginarie, sono più realistiche di quintali di odierna letteratura per l'infanzia, così ansiosa di risultare verosimile da sfuggire gli incantesimi come la peste. Andersen aveva il coraggio di scrivere favole con un finale triste. Riteneva che non si debba cercare di essere buoni per un tornaconto (proprio quello che i raccontini moralistici di oggi si ostinano a divulgare, e che non sempre, in questo mondo, corrisponde a verità), ma perché la cattiveria è frutto di un limite intellettuale ed emotivo, l'unica forma di miseria da cui tenersi alla larga. Ed è ridicola, quant'è ridicola!

 

Se vi interessa, trovate qui l'intero brano.

 

Pollicina, illustrazione di Eleanor Vere Boyle 1872

 

L'usignolo, illustrazione di Kay Nielsen, 1924

 

I vestiti nuovi dell'imperatore, illustrazione di Harry Clarke, 1916

 

Come editore e autrice di libri per ragazzi, a questo atteggiamento degli adulti nei confronti delle fiabe sono abituata, e non da oggi. Figlia di genitori illuminati, negli anni Sessanta crebbi con i personaggi della Lindgren, della Anguissola e di Marcello Argilli, oltre che con le Favole al telefono di Rodari e la divulgazione di Laura Conti. I miei ritenevano le fiabe classiche e popolari inadeguate ai tempi: troppo cariche di sciagure, superstizioni e pregiudizi per educare delle bambine libere. I miei erano colti, avevano sicuri gusti culturali e letterari. Ma di fiabe capivano poco. L'unico libro di fiabe che a quei tempi ho avuto per le mani, a parte il bellissimo volume n. 2, Racconti e fiabe, di I quindici libri (collana che mia madre acquistò per sbaglio, suscitando il disappunto di mio padre) e alcune delle Fiabe sonore di Fratelli Fabbri Editori, che ci facevano smaniare di delizia e terrore, fu un librone di fiabe nordiche che apparteneva a figli di amici ormai diventati grandi e che ci fu devoluto insieme a giocattoli e a qualche maglione. Era, per me, che pure vivevo in una casa piena di libri, di una bellezza inconcepibile. Una bellezza che lasciava interdetti e non trovava paragoni per formato, legatura, illustrazioni, storie. Non so che fine abbia fatto quel libro ed è strano che non lo sappia, perché gran parte dei libri che amavamo di più sono stati conservati e li ho tuttora con me. Per descrivere quel libro come mi apparve allora, riporto due brani. Il primo è tratto da I cigni selvatici (Topipittori 2008) di Andersen, questo:

 

 

 

La diligenza da dodici posti, illustrazione di Laura Barrett, 2013.

 

L'intrepido soldatino di stagno, illustrazione di Kay Nielsen, 1924

 

La regina della neve, illustrazione di Katharine Beverley ed Elizabeth Ellender, 1929

 

Poco dopo si fece buio, scese la notte, strada e sentieri scomparvero, Elisa si era smarrita. Ma non ebbe paura: si stese sul muschio morbido, appoggiò la testa a un tronco d’albero e prima d’addormentarsi recitò le preghiere della sera. C’era un grande silenzio, l’aria era tiepida e sull’erba e sul muschio attorno a lei splendevano come un fuoco verde centinaia di lucciole. Elisa sfiorò un ramo con la mano e ne cadde una pioggia di piccoli insetti, luminosa come una cometa.

Tutta la notte sognò i fratelli che, di nuovo bambini, giocavano e scrivevano con lo stilo di diamante sulla lavagna d’oro, mentre lei sfogliava il meraviglioso libro illustrato che era costato metà del reame. Sulla lavagna d’oro però i fratelli non tracciavano aste e zeri, come quando erano bambini, ma scrivevano le avventure eroiche che avevano vissuto e ciò che in quegli anni avevano fatto e visto. E anche le figure del libro erano vive: gli uccelli cantavano e le persone uscivano dal libro e parlavano con Elisa e i fratelli. Ma se voltava pagina tutti s’affrettavano a tornare al loro posto per non fare confusione.

 

Pollicina, silhouette di Kathë Reine

 

Il brutto anatroccolo, illustrazione di Theo van Hoytema, 1893

 

Il secondo è un passo di Walter Benjamin, appassionato collezionista di libri illustrati per bambini, tratto dal saggio Sbirciando nel libro per bambini (contenuto in Orbis pictus, Emme edizioni, 1981, oggi in Figure dell'infanzia, Raffaello Cortina Editore 2012), che parla proprio del libro illustrato di cui scrive Andersen nel brano che avete appena letto:

 

In una fiaba di Andersen compare un libro illustrato di valore pari «alla metà del regno». In esso tutto aveva vita. «Gli uccelli cantavano, gli uomini uscivano dalle pagine» per parlare con la principessina, «salvo a tornar dentro in gran fretta non appena lei voltava il foglio, perché non nascesse confusione fra le figure.» Con la stessa dolcezza e indeterminatezza che animano tante pagine anderseniane, anche questa piccola trovata non fa che rovesciare completamente il meccanismo di cui trattiamo.

Infatti non sono tanto le cose a farsi incontro – fuoriuscendo dalle pagine – al bambino fantasticamente alle prese con le immagini, ma è piuttosto il bambino stesso che – guardando – penetra in esse come nube che si appaga dello splendore cromatico dell'universo figurativo. Di fronte al suo libro illustrato egli realizza la tecnica del perfetto taoista: domina la cortina illusoria della superficie, e tra tessuti colorati e quinte variopinte, calca la scena dove vive la fiaba.

 

Il mio libro di fiabe nordiche apparteneva a entrambe queste categorie: libri dai quali il dentro trabocca e nei quali si penetra come in una nube, per calcare la scena della fiaba.

 

L'acciarino, illustrazioni di Heinrich Strub, 1956

 

Non credo esista periodo migliore dell'anno di questo, natalizio, per regalare un libro che possieda queste caratteristiche. Il perché lo spiega bene Selma Lagerlöf, astro della letteratura scandinava, in Il libro del Natale (Iperborea 2012), quando scrive:

 

Vedete, devo dire che c'è una tradizione a Mårbacka, che quando si va a dormire la Vigilia di Natale si ha il permesso di avvicinare un tavolino al letto, metterci sopra una candela, e poi leggere finché si vuole. Questa è la più grande di tutte le gioie di Natale. Non c'è niente di più bello che starsene lì sdraiati con un bel libro avuto in regalo, un libro nuovo che non si è ancora mai visto e che nessun altro in casa conosce, e sapere che si può leggere pagina dopo pagina finché si riesce a stare svegli. Ma cosa si fa la notte di Natale, se non si sono ricevuti libri?

 

Natale è il momento giusto perché bambini e fiabe si incontrino: perché in questa notte, ogni anno, uno di loro, nudo e poverissimo, diventa il re del mondo e re di immensa ricchezza gli si inchinano, portando doni preziosi; perché in questa notte gli animali parlano, esseri alati cantano, le stelle splendono sui tuguri e nel buio della vigilia i giocattoli si animano. Se questi fatti a qualcuno possono apparire sciocchezze, oppure se riesce a considerarli solo parte di un rituale religioso o di un'iconografia legata al folklore, provi a considerarli dal punto di vista del pensiero simbolico, che al contrario di quanto si crede, è uno strumento ad alta precisione, e traduce in immagini potentissime quello che accade nella realtà nelle nostre vite, nelle nostre giornate e nelle nostre menti.

 

 

La regina della neve, illustrazione di Kay Nielsen, 1924.

 

La sirenetta, illustrazione di Jennie Harbour, 1932

 

Non credo che i bambini oggi siano diversi da quelli di cento anni fa. Certo, sono diversi i contesti e le abitudini familiari, culturali e sociali. La ragione per cui spesso i bambini preferiscono altro ai libri (oltre al fatto che è legittimo avere gusti personali) è che hanno avuto a che fare con libri orrendi, messaggeri di forme di avvilente stupidità e bruttezza. Entrambe caratteristiche che, come si legge in tutte le fiabe, i bambini detestano. Dunque abbiate fiducia in loro e, soprattutto, se volete che amino i libri, regalategli libri che li stordiscano di emozioni e scoperte inattese e profonde.

 

Se perciò a Natale decidete di regalare fiabe, come consiglio a tutti, fate sì che queste siano contenute in volumi folgoranti. Così smaccatamente belli, scintillanti e generosi di splendore, in tutte le loro parti, così diversi da tutti gli altri libri, da inscriversi nel loro esperienza con lo stigma dell'eccezionalità. Avrete licenza di parlare di fallimento educativo solo dopo aver fatto questo esperimento. Oltretutto quand'anche falliste, vi troverete in biblioteca libri bellissimi che vi diletteranno più di tante novità editoriali prevedibili e noiose.

 

Rosaspina, illustrazioni di Harbert Leupin, 1948

 

I due libri di fiabe più belli usciti negli ultimi anni sono quelli che si devono al genio editoriale di Taschen, editore tedesco specializzato, come è noto, in magnifiche edizioni sull'immagine, che alla qualità, produttiva ed editoriale, associa prezzi contenuti: immagini di ogni genere, dall'arte, alla fotografia, all'illustrazione naturalistica e scientifica, alla moda, al design, all'architettura. Non poteva mancare in questa variegata produzione, l'illustrazione per l'infanzia. Realizzati da una curatrice d'eccezione, Noel Daniel, i volumi sono Le fiabe dei Fratelli Grimm (2012) e Le fiabe di Hans Christian Andersen (2013). Nel 2014 è uscito anche Fiabe d'inverno che propone una collettanea di albi illustrati vintage, e che ho recensito nel febbraio 2015 per Doppiozero e trovate qui.

 

Entrambi i volumi nascono con l'intento di offrire una selezione di fiabe accompagnata dalle immagini più belle tratte da edizioni del passato. Nel caso dei Grimm si tratta di quelle che vanno dagli anni Venti dell'Ottocento, attraverso l'epoca d'oro dell'illustrazione novecentesca, fino alla fine degli anni Quaranta. Una galleria di illustrazioni incredibili, selezionate dalla Daniel con finezza e competenza, esplorando la produzione internazionale. Le ventisette fiabe proposte, tratte dall'ultima edizione pubblicata dai Grimm nel 1857, mescolano titoli famosissimi, come Cenerentola o Biancaneve, a storie incantevoli, ma meno frequentate.

 

Cappuccetto rosso, silhouette di Kathë Reine

 

Cappuccetto rosso, illustrazioni di Divica Landrová, 1959

 

 

Il libro apre con una concisa, ma informata prefazione, che oltre a introdurre all'opera dei Grimm, spiega le ragioni e i criteri di questa edizione, dalla quale si apprende che i Grimm si resero conto del grande potenziale delle illustrazioni nella comprensione delle fiabe vedendo la prima traduzione in inglese della loro opera, edita fra il 1823 e il 1826, in due volumi, illustrata da George Cruikshank. Da quel momento decisero di editare le fiabe accompagnate da immagini. Le fiabe dei Grimm furono illustrate dai più importanti illustratori del mondo. Il miglioramento delle tecniche di stampa, nel corso del tempo, fece sì che queste edizioni diventassero visivamente sempre più ricche e smaglianti, acquisendo un'influenza determinante nel cambiamento che interessò la letteratura per ragazzi e la produzione di libri a loro destinati, nella quale le figure divennero fondamentali.

 

La cura grafica delle raccolte si deve all'art direction di Noel Daniel e Andy Disl che, pur sfoggiando spavaldamente tutte le caratteristiche delle edizioni di lusso – oro a bizzeffe, copertina in tela con impressioni in oro e immagine applicata, segnalibro a nastro – non cedono alla tentazione del kitsch, senza rinunciare a quella dell'incanto. Ogni fiaba è introdotta da una stringata e documentata introduzione. Tutte le immagini sono corredate da indicazioni iconografiche accurate, e alla fine del volume si trovano brevi, ma esaurienti biografie degli illustratori. Non pensiate che questi apparati tolgano alcunché alla godibilità del libro, facendone un ingombrante contenitore di informazioni inadeguate a lettori piccoli. Non è così. Le parti critiche, sapientemente distribuite fra indici, aperture di capitoli e appendici, si offrono come spazi supplementari per figure bellissime, dissimulando la loro dotta presenza, o, meglio, mostrandola solo a un lettore adulto. I bambini penseranno solo ad abbandonarsi a tanta sontuosa bellezza.

 

Rosaspina, illustrazioni di Harbert Leupin, 1948

 

Il volume dedicato ad Andersen presenta la medesima struttura e grafica, lo stesso formato e gli stessi apparati critici di quello dei Grimm. In una prefazione agile, ma esauriente e approfondita, oltre che di esemplare chiarezza ed eleganza, la Daniel traccia un ritratto dello scrittore danese, portando alla luce le ragioni che ne hanno fatto quello che probabilmente si può considerare il più grande narratore di fiabe di tutti i tempi. La biografia è ripercorsa intrecciando gli eventi della vita ai tratti salienti di quella poetica che dal patrimonio orale delle narrazioni popolari seppe distillare racconti di perfetta modernità dove le ombre dell'inconscio cominciano a tralucere. Le fiabe di Andersen, infatti, ambientate in mondi fantastici e narrate dal punto di vista di bambini e oggetti sono le antesignane dei moderni racconti per l'infanzia, da Alice in Wonderland a The Wizard of Oz fino ad arrivare a Gianni Rodari e a Roal Dahl. Anche nella vicenda letteraria ed editoriale di Andersen, come in quella dei Grimm, l'illustrazione ha un peso consistente, anche in considerazione del fatto che lo stesso scrittore fu un prolifico creatore di splendide silhouette, di cui realizzò centinaia di esemplari. Per i dettagli immaginifici di cui le sue storie erano intessute, Vincent van Gogh lo ritenne un talento rubato alle arti visive. Le edizioni da cui sono tratte le immagini proposte nel volume, frutto di una selezione impeccabile da parte della curatrice, sono in prevalenza datate ai primi vent'anni del Novecento, considerati l'età d'oro dell'illustrazione per ragazzi, ma vi sono anche illustrazioni ottocentesche e della seconda meta del Novecento, fino ad arrivare agli anni Ottanta.

 

Se è vero che le fiabe sono uno dei pochi generi letterari che possono attrarre contemporaneamente adulti e bambini, le raccolte di Taschen mettono insieme i due pubblici in modo magistrale, con grazia, sapienza e senza forzature. Potrebbe, dunque, essere questa un'occasione imperdibile per leggere insieme, pratica che i bambini, e si spera anche gli adulti, amano: a voce alta, con su un ginocchio un lettore piccolo, e sull'altro un libro grande. Un libro così ammaliante da far considerare l'ipotesi di cedere la metà del proprio reame per averlo.

 

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