I nostri abiti sempre più intimi

4 Ottobre 2011

La proposta di Suzanne Lee rischia di farci rimanere adulti per sempre, e non è una brutta notizia. Da sempre siamo abituati ad affezionarci agli oggetti che ci circondano e che utilizziamo durante la giornata. Ultimo retaggio di un’infanzia per sempre perduta, c’è chi impreca contro il proprio PC salvo poi scusarsi al suo riavvio, chi ha la tazza preferita e chi ha un cappotto portafortuna. Viviamo, invecchiamo e cambiamo con loro e loro, gli oggetti, in cambio ci restano fedeli, su di loro possiamo contare. Il loro tradimento è segno di un’avaria e la nostra rabbia si tramuta facilmente in rimpianto, se ci hanno traditi è perché stavano morendo, sgualciti e logori non ce l’hanno più fatta e si sono lasciati andare definitivamente. Alziamo il coperchio della pattumiera, li gettiamo e andiamo a comprarci qualcos’altro.

 

Che le cose stessero cambiando potevamo già intuirlo, Steve Jobs ci ha detto che possiamo fare a meno dei CD e dei DVD, ora Jeff Bezos ci dice che possiamo fare a meno anche dei libri di carta e agli amici non regaliamo altro che fiori, vestiti e vino d’annata anche se non bevono che birra direttamente dalla bottiglia.

 

Ma anche i vestiti hanno i giorni contati, ci spiega con estrema simpatia Suzanne Lee, stilista e “coltivatrice diretta”. I vestiti si possono coltivare, si nutrono dei microorganismi e senza sprechi e senza negozi ci si ritrova con il vestito su misura, della forma e del colore desiderato. Insomma siamo di fronte a nuove responsabilità.

 

Se il linguaggio con cui dialogavamo con i nostri oggetti era simile a quello dei bambini con le loro bambole, ora abbiamo a che fare con veri e propri organismi che a loro modo, mangiano, crescono e in poche parole vivono. Ci ritroveremo per strada sempre in compagnia di qualcuno e non sapremo forse mai con certezza se siamo noi che andiamo a spasso con la nostra nuova giacca o la nostra nuova giacca che porta a spasso noi. Dovremo avere poi un atteggiamento  più responsabile con i nostri abiti, dovremo educarli ad una certa forma, nutrirli con cura e proteggerli dalle malattie. Quando i nostri figli si affezioneranno alle loro magliette più che a noi non penseremo ad un vezzo giovanile, ma soffriremo di terribile gelosia.

 

Suzanne Lee avverte che ci sono ancora molti limiti che precludono al momento la possibilità di una vera e propria produzione di massa di questi abiti (tra questi la mutabilità degli abiti stessi che ad esempio sotto la pioggia si modificano proprio perché organici), ma non esclude che una volta stabilizzato il processo niente impedisca la sua estensione anche agli altri oggetti d’uso quotidiano: dalla caffettiera fino alla stessa abitazione.

 

Quindi se ci capiterà in futuro di tornare a casa con un mazzo di fiori e trovare un tizio nell’armadio, ammiratelo per bene, è solo il nostro nuovo paletò che ha preso un po’ d’acqua.

 

 

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