Il nocciolo duro. Storia di Anna

13 Aprile 2014

Quanti sono trentasette anni per una donna, oggi in Italia? A trentasette anni si può ancora vivere a casa con i genitori, essere sposate con uno o due figli, avere un lavoro, vivere da sola, aver perso un lavoro, aver appena chiuso una storia importante nata quando ancora gli anni erano tra i venti. A trentasette anni si può vivere in un centro occupato perché il lavoro precario lo si è perso, avere un figlio piccolo e provare a crescerlo da sola. Si può essere indipendente e sola, non perdutamente sola, ma ostinatamente e orgogliosamente sola. Una donna in Italia a trentasette anni può essere capace di tutto questo e anche di molto altro, di una composta durezza come di una meravigliosa dolcezza. Può tenere i genitori affettuosamente alla larga dai propri problemi e avere ancora la voglia di divertirsi, di stare in questo tempo con tutti e due i piedi: con la politica e con il ballo, con gli amici e con l’amore per chiunque abbia gli occhi per vederlo e il desiderio di viverlo.

 

Claudia Weber, Ghent

Dopo tutto questo, dopo una vita fatta di diritti e contrari, una donna in Italia oggi a trentasette anni vive soprattutto della fiducia che ha sempre e comunque negli altri (nel prossimo). Una fiducia per nulla scontata ma necessaria, perché in mezzo a tanto precario amore con precario lavoro la fiducia è l’ultimo sentimento capace di generare scoperta, socialità. Come una coperta rimboccata nei momenti in cui da sola sarebbe difficile e non avrebbe senso nemmeno farcela. Questione di legittimo equilibrio.

Si parla spesso della fiducia nelle istituzioni quale unico tramite per sviluppare rispetto, tanto decantato ma spesso solo ricattato. Ci si affida credendo in un potere gentile, che temperi le angosce e aiuti nelle difficoltà che nessuno sarebbe in grado di affrontare solo con i propri mezzi. Ci si affida per la giustizia, per l’educazione e per la salute. Poi alle volte, spesso, tutto questo manca, scivola via. Alle volte ce lo si aspetta, lo si sospettava anche prima; altre invece capita come capitano le cose stupide e le cose gravi. Capita che alle domande si avranno solo risposte ingannevoli; non è il destino, ci sono sempre, o quasi, motivi che possano spiegare questi errori, e questi drammi, ma le storie non li contemplano: le storie raccontano solo.

 

Claudia Weber, Ghent

Lei era Anna e aveva trentasette anni, doveva abortire per via farmacologica e poi doveva tornare a prendere suo figlio all’asilo. Ma qualcosa non ha funzionato e Anna è morta in un ospedale di Torino. Dolori e accuse: le seconde diventeranno indagini, polemiche e speculazioni politiche; il dolore invece si affievolirà fino a restare un nocciolo inscalfibile dentro chi l’ha conosciuta e amata.

Quel nocciolo appartiene però anche a tutta una generazione che oggi se ne sta, fuori o dentro casa, fuori o dentro una famiglia, spesso sola. Generazione della quale le donne rappresentano la parte più audace e capace di rischi, ma anche la più fragile. Gli uomini guardano da lontano (o anche da vicino), ma guardano soltanto. Oltre c’è la tendenza alla protezione o all’accudimento, ultimi riflessi condizionati di una cultura patriarcale (nella migliore delle ipotesi).

 

Claudia Weber, Ghent

Il nocciolo è anche la testa degli uomini, inadatti spesso perché terrorizzati di fare a meno di una libertà fatta solo di invasione e occupazione e quasi mai di apertura, scoperta e movimento. Le donne massaggiano ostinatamente e affettuosamente questo nocciolo, gli passano le mani tra i capelli, dietro le orecchie e lo modellano. Lei sorride un po’ affaticata e lui finalmente chiude gli occhi e inizia a pensare.

Ora il dolore che circonda la scomparsa di Anna è l’affetto ritrovato da un corpo sociale che si fa scudo e che si protegge, è il dolore di un tempo difficile e tutto in salita. Quel dolore inscalfibile sta però dentro anche a tutti quegli uomini spettinati e donne bellissime che hanno trenta o trentasette anni, che sono arrivati ai quaranta o che hanno appena compiuto venticinque anni. Tutti loro (tutti noi) indistintamente obbligati a far scivolare acqua tra le dita da sempre. Tuttavia quel che resta è già memoria viva e in un modo o nell’altro sta tracciando un tempo nuovo tra le strade e le case di questo malandato e spesso giustamente disamato paese.

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