Il sabato del villaggio / Rientro tra le parole

10 Settembre 2011

Dopo un’estate trascorsa a Camminare (magari alla maniera di Richard Aschcroft come ci fa notare Silvia Mazzucchelli), Doppiozero riparte da Mantova, in occasione del Festivaletteratura, con Sciarà. Un gioco sulle parole dei dialetti, quelle intraducibili e dai significati multipli, a cui sono chiamati a partecipare tutti i lettori.  Sono oltre 350 le parole segnalate su cui oggi alle 17.00 presso il Chiostro del Museo Diocesano di Mantova si terrà l’incontro Pubblica lettura degli Sciarà con Stefano Bartezzaghi, Marco Belpoliti e Raffaella De Santis.

 

 


E di viaggio nel tempo e nella storia d’Italia racconta Piazza Garibaldi di Davide Ferrario che accolto a Venezia da ampi consensi e da oltre sei minuti di applausi tenta di ricucire i frammenti di un’idenità sparsa nel tempo e nei luoghi. Giorgio Mastrorocco, autore con Ferrario del film, ci racconta l’avventura di un viaggio in un paese, l’Italia, dall’orizzonte incerto.

«Costruire una narrazione frammentaria è forse l’unico modo, per l’autore, di poter parlare della propria vita» ci spiega Anna Stefi recensendo Il nome giusto di Sergio Garufi.

I frammenti stanno diventando anche l’unico modo utile per raccontare e per viaggiare, immersi in una bulimica attualità che tutto schiaccia, ma anche che tutto trasforma in archeologia. Ed è un viaggio archeologico, con fotografie per frammenti che Antonio Rovaldi ci ha raccontato con Orizzonte in Italia che questa settimana ha fatto tappa in Friuli.

E se Franco Arminio, affamato di paesaggio, ci avverte con amarezza che ogni luogo all’infuori della poesia è perduto, Massimiliano Viel ci racconta di una musica percepita con il corpo prima che con la mente. Un’abitudine al percepire che sorprende i nostri stessi sensi obbligati a sentieri inediti per riuscire nuovamente a sentire e a vedere.

Un modo per riacciufare un luogo è tentare di svelarlo nei suoi momenti di festa: questo il progetto di Marina Ballo attorno ai parchi che, partendo dal parco del Sempione (caro all’infanzia dell’artista), si è sviluppato fino al Central Park di New York: «In molte città italiane, nei giorni festivi, il parco si trasforma in un teatro di gioco, specialmente per i migranti. È un luogo di ritrovo di persone provenienti da diversi paesi e diverse etnie che si incontrano tra loro per chiacchierare, ascoltare musica, ballare e mangiare. È per loro il punto di connessione, di collegamento con la loro cultura d’origine, e quindi la possibilità di stare insieme, di non essere soli e di non essere separati».

La ristampa del voume Marco Cavallo. Da un ospedale psichiatrico la vera storia che ha cambiato il modo di essere del teatro e della cura di Giuliano Scabia presso Alpha Beta Verlag é l’occasione per riproporre la recensione di Umberto Eco del 1973 a un volume che rappresenta, come spiega Marco Belpoliti, «non solo un omaggio o una memoria lontana, ma anche un modello ancora vitale e vivo di esperienza tra arte e vita, teatro e arti visive, malattia mentale e espressività artistica. E soprattutto un libro che conferma la forza e l’attualità del lavoro di Giuliano Scabia, uno dei protagonisti di alcune delle esperienze più visionarie di questi ultimi quarant’anni [...]. Un invito a riscoprire questa esperienza e il suo attore mitico, teatrante e mago, poeta e narratore orale, e per iscritto».

E sempre a trent’anni fa risale Il pensiero debole su cui riflette Gianfranco Marrone, svelandone le fragilità e le connessioni con l’oggi ancora tutte da considerare. Mentre Mario Pezzella, di cui pubblichiamo un passo da Società autoritaria e democrazia insorgente in La democrazia in Italia (Cronopio, Napoli 2011), riflette sulla cultura di destra ai nostri giorni.  

Camminare e tornare sui propri passi, ricordare l’inciampo non per evitarlo, ma per provare a inciampare in modo diverso. Se l’inciamo di allora è stato motivo imprevisto di scoperta o anche solo di divertimento, è oggi di nuovi inciampi che abbiamo bisogno per fare riconoscibili i luoghi che attraversiamo e per dare forma ai nostri sensi asfissiati da troppe parole ufficiali e prive di senso. Anche per questo Sciarà tenterà di sostituire il balbettio dell’ufficialità con il corpo vivo delle intraducibili parole dialettali, a Mantova, al Festivaletteratura.

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