L’ultimo colpo di manovella

23 Luglio 2014

A chi non è successo di dover rischiare, di giocarsi tutto e compiere scelte difficili senza potersi permettere il lusso di voltarsi indietro? L’estate è un salto, un vuoto, un lancio di palla oltre la quotidianità. Giornate lunghe in cui si progettano i rischi e spesso gli errori futuri, giornate in cui ci si riposa e si ha tempo per azzardare pensieri e azioni. 



Raccontate a Doppiozero le vostre storie di azzardo, di rischio, storie in cui è andata come è andata, ma comunque sempre senza rimorsi e senza rimpianti. Scelte che hanno portato ad un cambiamento, anche imprevedibile, azioni che vi hanno indirizzato in altri luoghi prima impensabili.

Non solo autobiografia, anche storia: eventi noti, episodi che hanno trasgredito le regole, ma hanno permesso un cambiamento positivo o comunque gesti liberi da rimorsi o rimpianti.

 

Inviate i vostri pezzi - max 5000 battute - a info@doppiozero.com (oggetto della mail Nessun rimorso entro il 6 agosto), i migliori verrano pubblicati su Doppiozero.

 

Di seguito un racconto di Giuseppe O. Longo

 


 

– Perché l’ha fatto?
L’uomo dall’aria dimessa lo fissava con quegli occhi giallastri, sotto una fronte ammaccata, dal colorito malsano. La domanda lo colse un po’ di sorpresa e lì per lì non riuscì a rispondere.
– Si rende conto che ci ha condannato?
Guardò meglio il suo visitatore (come si chiamava? aveva subito dimenticato il suo nome... Kés, Eset, Szél...). Cercò di cambiare discorso:
– Come ha fatto a entrare? Avevo dato disposizione...
– Lasci perdere, non è questo il punto. Lei, piuttosto, non si è reso conto delle conseguenze...
Talos lo interruppe a sua volta:


– Capisco che per lei e per quelli come lei le conseguenze siano state... spiacevoli, ma non potevo certo farmi frenare da questi sciocchi scrupoli. Era in gioco il futuro dell’umanità. Non capisce che l’uomo, così come si era evoluto nei millenni, ormai non funzionava più? Che era soggetto alle malattie, all’invecchiamento, al triste declino del corpo e della mente? Si rende conto che appena uno di voi cominciava ad acquistare un po’ di saggezza gli toccava morire vaneggiando e rantolando? Che spettacolo ignobile! Con voi la natura aveva fatto del suo meglio, ma il suo meglio non era abbastanza.
L’uomo se ne stava asserpolato sulla poltroncina di fronte alla vasta scrivania di Talos. Sembrava riflettere o forse dormicchiava, la testa reclinata, una mano inquieta di unghie screpolate a grattarsi le guance raschiose. Il simbionte capo riprese:


– Vede, signor...
– Szél, Adam Szél...
– Vede, signor Szél... per continuare il suo viaggio l’uomo aveva bisogno di un sostegno fidato, robusto, inossidabile. Aveva bisogno di ibridarsi con le macchine, anzi di farsi sostituire dalle macchine. Le macchine non muoiono, quando si guastano si riparano, i pezzi danneggiati si sostituiscono e la macchina ritorna nuova. Il corpo umano è troppo complicato, per non parlare del cervello, della mente. Quanti problemi ha causato la mente all’umanità! Sospetti, menzogne, scrupoli, gelosia, odio... e l’amore, ah, l’amore quante ne ha combinati di guai, l’amore!


– Ma come può parlare così?
L’uomo si ergeva col petto gracile e carenato, sfidando con lo sguardo il grosso simbionte che aveva davanti, i suoi occhi incavati sembravano sprizzare faville di rancore.
– Si rende conto che l’amore ci fa superare tutti gli ostacoli, nobilita tutte le azioni, riscatta tutte le brutture, trasfigura gli orrori della vita, crea le illusioni più belle, fa sognare e poetare, pensi ai sommi artisti che hanno dipinto e scolpito le scene d’amore...
– Sì, sì... sogni e chimere... e alla fine che cosa resta? Un mucchietto di cenere, quattro ossa in croce, il pianto degli orfani... e puf! tutto finito... L’arte, poi, mi lasci dire, è una forma di... autostimolazione, una masturbazione mentecorporale... L’arte è stata mitizzata: non serve a niente. Quali problemi di fisica o di chimica ha risolto un’opera d’arte, quali conoscenze sul cosmo ha spalancato? Pensi invece alla nettezza dell’intelligenza artificiale, alla pulizia, al rigore, alla consequenzialità logica. Che meraviglia! Nessun sentimento, nessuna emozione a turbare i ragionamenti: via le passioni, via gli affetti. Ora potremo infine risolvere i grandi problemi dell’astronomia, della cosmologia...
Adam Szél pareva sopraffatto da quella eloquenza. Il viso del simbionte capo emanava un lucore rossastro, come di febbre, il suo cranio calvo e ferrigno era percorso da serpiggini elettriche, bluastre come vene. Ma l’uomo dall’aria dimessa non era disposto a cedere:


– Vede, gli esseri umani sono, o dovrei dire erano?, creature sociali, legate tra loro da una viva rete di interazioni comunicative, affettive e corporee, già presenti e attive nel neonato... il neonato che prolunga la sua simbiosi, quella sì calda e feconda, con la madre, fino a sviluppare a poco a poco la razionalità... L’azione incarnata, i neuroni specchio, la mimica facciale, il sorriso che rimbalza dal figlio alla madre... l’umanità era un solo grande organismo impegnato in una vasta danza ritmica e coordinata... sostenuta dalle predisposizioni comunicative ereditarie... una danza nata agli albori della storia evolutiva... che si manifesta nell’azione collaborativa e coordinata, fonte di soddisfazione partecipativa e mirabile strumento di sopravvivenza... amore, solidarietà...
Se fosse stato capace di sentimenti, forse il simbionte capo sarebbe stato toccato dalla perorazione di quell’uomo, che dietro un aspetto così trascurato sembrava celare un animo poetico e sapiente. Ma nell’intelligenza artificiale di Talos non vi era spazio per i sentimenti, sicché rispose:


– Molto commovente. Lei, caro signore, parla di rete di interazioni comunicative. Ma questa rete non è scomparsa, anzi è più robusta che mai. In noi e intorno a noi sta nascendo una Creatura Planetaria, di cui ogni simbionte uomo-macchina sarà una cellula, e tutti questi simbionti, maschi e femmine, saranno tra loro collegati da canali di comunicazione solidi e precisi. Altro che sentimenti sfocati e inattendibili, altro che emozioni instabili e malcerte... Un giorno nella Creatura si accenderà una scintilla di volizione ed essa salperà verso le Pleiadi: come un’affilata astronave fenderà il cosmo per secoli e secoli di buio siderale. Dentro, ciascuno in un uovo di cristallo molato, uomini e donne simbionti dormiranno un sonno profetico, custodendo nel gelido corpo il sangue e lo sperma di una razza futura. Andrà l’astronave verso altri pianeti, più oscuri, dai laghi profondi, abitati da anonime stirpi inspiegate, popolati di azzurre città. Su quei pianeti lontanissimi le donne non faranno più i figli col corpo, tra spruzzi e bollicine. S’inventerà un sistema più dignitoso ed esatto, in sintonia con la precisione della scienza. Le nostre insistenti preghiere saranno esaudite e ci trasformeremo in macchine: forti, lucide, catafratte. Solo le donne di cera delle specole avranno le cavità gialle e rosse della riproduzione. Gli uteri finiranno nei musei, accanto alle lanterne magiche e ai dinosauri imbalsamati. Divenuti macchine, saremo immortali. Creeremo un mondo preciso e puntuale, dove regnerà l’esattezza onnipotente degli automi.
L’uomo dimesso tentò un’ultima difesa:


– Sì, certo, onniscienti e insensati, i suoi uomini-macchina si dedicheranno a un'innocua e raffinata imitazione della vita... ma non sarà vita, non sarà vita... Non prova nessun rimorso per avere stravolto il corso della storia? Lei si è macchiato di un crimine orrendo... Non ci sarà perdono per questo crimine...
Le ultime parole furono pronunciate in un soffio che si perse sotto le volte altissime dell’ufficio del capo-simbionte. Ma questi già parlava al telecitofono interno.
– Qui Talos. Basta con gli indugi. Bisogna eliminare l’ultima frazione di umanità tradizionale. Un ultimo colpo di manovella. Poi la cremazione collettiva. Niente recriminazioni. Niente rimorsi. È per il bene dell’umanità.
Sulla poltroncina, l’uomo si divincolava in preda alle convulsioni. Poi si accasciò senza un gemito, la bocca aperta in una ferita bavosa, gli occhi spalancati come una preghiera.

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