Matticchio, disegnatore sconosciuto

7 Dicembre 2025

Il più amato dai colleghi. Questa è la voce che circola tra gli illustratori, almeno fra quelli che conosco o di cui mi è stato detto e riportato. Il sospetto si è manifestato già nel 2007, quando per il catalogo della mostra Piovaschi, al posto di critici titolati che scrivessero l’introduzione, passò l’idea di coinvolgere tre illustratori: Gabriella Giandelli, Lorenzo Mattotti e Guido Scarabottolo, il risultato fu una dichiarazione d’amore corale che, data la scarsa tiratura del catalogo all’epoca, merita qualche “copia e incolla” di alcune delle frasi scritte a suo tempo per raccontare il lavoro di Franco.

Dal testo di Gabriella Giandelli: – Matticchio qualche anno fa ha fatto un libro bellissimo che s’intitola appunto “Sensa senso”… – e aggiunge – Ci sono tante storie in quel libro, tutte fantastiche e surreali. Per noi che disegniamo credo che sia importante riuscire a trasformare il mondo, raccontare ciò che intuiamo muoversi dietro l’immagine piatta e realistica delle cose, quella che sta in superficie e che non dice tutta la verità. E là dietro sta il mondo dei disegni di Matticchio – poi descrive alcuni dei suoi disegni – …dove i gatti s’impossessano degli attici, i cuscini di notte scappano dai letti, i capelli delle ragazze improvvisamente diventano serpenti e gli alberi passeggiano nelle strade. – e chiude con un pensiero intenso – Nei suoi racconti senza senso io ritrovo il senso, nei suoi disegni visionari pieni d’invenzioni e di anarchia io ritrovo sempre la bellezza e il gusto del disegnare. –

Un piccolo ritaglio del testo di Lorenzo Mattotti narra: – … Matticchio non scrive parole ma scrive con il disegno. Racconta con le immagini come se scrivesse. Mi spiego: con la grammatica si fanno le frasi e dalle frasi esce il significato. Matticchio usa una grammatica delle immagini per fare frasi disegnate. Un cavallo, una lampada, un pinguino se li si pensa come soggetti (idea, significati, simboli) istintivamente li pensiamo il primo nella stalla, l’altra sul comodino, l’ultimo sul ghiaccio. Se però li usiamo come parole (elementi di una frase) possiamo dire: il cavallo è nella cucina, il pinguino diventa cuscino e la lampada cammina nel bosco. È la logica che è differente. Matticchio è un vero disegnatore che parla con i disegni. –

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Jim, Jack e John.

E Guido Scarabottolo, che fece un decalogo (più precisamente i punti erano sedici) per raccontare a chi non li conoscesse i talenti di Matticchio.

Il suo testo meriterebbe copiato integralmente, ma lo troverete completo e già pubblicato qui su doppiozero in data 30 gennaio 2012, per cui mi limito solo a segnalare i punti 3 e 4, dedicati a chi disegna:

  • 3. Se dovete fare un disegno e prima sfogliate i libri di Franco Matticchio, scoprirete che lui l’ha già fatto.

Oppure:

  • 4. Se dovete fare un disegno non sfogliate i libri di Franco Matticchio perché scoprirete che lui l’ha già fatto.

Ci sono dei testi che non troviamo facilmente nei libri e fanno parte di lettere, articoli, dediche e confessioni, come una, intensa e delicata, di Vincenzo Mollica da cui non riesco al trattenermi dal rubare un pezzo: – …Da qualche anno non vedo quasi più, ma i disegni di Matticchio continuano a dare un senso alla mia memoria. Al punto che vorrei abitare in uno di essi per l’eternità, togliendomi così anche la scocciatura di sapere come finirà.

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Mano nella mano.

O come qualche passaggio di scritti che mi ha spedito Andrea Rauch che annotava sempre con dettaglio le presentazioni alle mostre, anche se non le leggeva in pubblico ma recitava a braccio e, per Franco Matticchio, lo ha fatto molte volte: –… quanto il mondo grafico di Franco Matticchio sia sconfinatamente vasto, bulimico diremmo, capace di attingere alla complessità della storia della grafica e di restituirla con sicurezza di polso, in un tratto e caratteristiche uniche.

D'altronde ogni disegno e disegnino di Franco è portatore di una propria e originale ermeneutica, postula e richiede interpretazioni e decodifiche complesse, e se il sorriso che spesso genera è spontaneo e libero, il senso che è sotteso (o a volte la “mancanza di senso”, come ricorda il titolo di un suo libro di qualche anno fa!) ci avverte che nulla è semplice e scontato e che gli ingredienti che vanno assaggiati e digeriti, mediati dal pennino o dal pennello, danno vita ad un piatto dal sapore ricco e inaspettato! –

Parlando proprio del libro Sensa senso, ormai introvabile, un piccolo pezzo dalla prefazione di Goffredo Fofi non può mancare: – Matticchio che non ha perso il candore e il tremore dell’infanzia, con la grazia del disegno. Con la grazia del segno, anzi: sorretta dal desiderio di cogliere i segni nascosti nella realtà, gli emblemi e le catene delle figure che sembrano non avere senso e invece ce l’hanno, e si deve per questo affrontarle, lasciarle parlare, lasciare che si narrino. Eccoci così trascinati con Matticchio nel loro vortice variegato delle immagini che sono idee, e in compagnia di Carroll e Bontempelli, oltre lo specchio, là dove il gatto Jones farà senz’altro amicizia con la ragazza Dorothy del Mago Oz e potrà, volendo, affrontare con lei L’esplorazione dell’arcobaleno, alle cui radici c’è, come Matticchio sa bene, l’oro dell’infanzia, nostra e del mondo –.

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Mezzo manichino.

Tante sono le dediche spontanee di autori che invidiano amorevolmente la ricchezza dei suoi disegni, poi ci sono le interviste come quella di Gaia Rau che a Franco ha estorto uno dei pensieri più illuminanti e affascinanti: – I disegni migliori sono quelli che non si capiscono –.

Ma sto copiando e incollando testi altrui e “menando il can per l’aia”, sorridendo all’idea di come lui saprebbe rappresentare, sempre sorprendendomi, questo modo di dire, per cui vado al punto:

Matticchio disegna bene, molto bene e con qualsiasi strumento, che sia un pennino, un pennello, un pennarello, una matita ma anche una “Biro” e, per quanto riguarda i materiali: dalla china all’acquerello, dalla grafite al pastello, dalla tempera all’acrilico, nessuna di queste tecniche per lui rappresenta un ostacolo.

La parte dolente è il supporto, parlo della carta, ma attenzione, non è una critica è una costatazione.

Lui è in grado di disegnare su qualsiasi pezzo di carta, velina, cartoncino; è possibile trovare un piccolo capolavoro sul retro di un foglietto di un calendario giornaliero o della spesa. 
L’esempio evidente che posso portare appartiene a una delle sue immagini più visualizzate in rete, Trainy Day (2014); raffigura un gatto seduto in un vecchio scompartimento di treno mentre guarda il paesaggio attraverso un finestrino opaco, in questa scena si avverte la solitudine del viaggiatore, l’umidità dell’esterno e la luce che avvolge il soggetto lascia una lunga ombra morbida sul libro appoggiato al suo fianco.

Bene! Questa meraviglia è splendidamente acquerellata nel retro di una cedola di spedizione con tanto di indirizzo e timbro, non bastasse è accompagnata dallo schizzo a matita di un bel ritrattino di donna che essendo sul retro, ovviamente, non è possibile ammirare. Il supporto: la carta per intenderci, è di una qualità così scarsa che definirei quasi rara, non supera gli 80 grammi.

Il supporto cambia quando a Matticchio viene la voglia di dipingere con l’acrilico sulla tela, come nel caso degli ultimi lavori presentati alla Galleria Nuages di Milano, Quadretti. Cambiano anche i soggetti, mentre quelli che appartengono alla sua miniera di idee, diventano più silenziosi e concentrati.

Piccole calamite per chi li osserva per la prima volta e un grande gioco nel cercare i riferimenti e trovare le differenze per chi conosce bene il suo lavoro. Aggiungerei che, vedendo il risultato, è possibile immaginare la soddisfazione che ha provato l’autore nello stendere i colori e dare la giusta luce. Un esempio di immagine risvegliata dal passato è il “quadretto” dei tre bambini seduti di spalle, uno piccolo, uno tondetto e il terzo smilzo alto con gli occhiali. Questi sono in grado di raccontare molto del lavoro di Franco, li abbiamo incontrati la prima volta in bianco e nero nel 1986, su Alter (Linus) erano nella storia L’uomo Sandwich, nella prima pagina seduti su un muretto molto alto e poi nella pagina di chiusura, nella stessa posizione, ma seduti su una staccionata; di seguito molte altre apparizioni, una anche a colori, realizzata a china e acquerello nel 1987 dal titolo Passaggio segreto.

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Le solite cose.

Ritrovarli ora su tela con i colori brillanti dell’acrilico è una festa, come rivedere degli amici. Ci sono anche immagini mai viste, non sono dei particolari delle immagini che già conosciamo ma sono dei veri “Matticchio” dichiarati anche dai titoli, perché Franco non riesce a separare i testi dalle immagini, per lui i titoli sono fondamentali, titolo e disegno sono alla pari, uno non può fare a meno dell’altro e insieme diventano un’opera completa.

Il piccolo formato, per quanto riguarda le illustrazioni, è una delle sue caratteristiche più apprezzate, sia dalle riviste, vedi “L’Indice”, che dagli editori come Nuages e Vanvere che hanno saputo cogliere le gemme, i pezzi di carta che annotavano tesori. Ma il piccolo formato sulla tela è una sorpresa da non perdere.

Nuages presenta Quadretti la nuova mostra di Franco Matticchio, trenta tele di piccolo formato dipinte ad acrilico, dal 12 novembre 2025 al 10 gennaio 2026.

In mostra sono esposti anche trenta disegni realizzati per il volume Giocattolini, marinonibooks e tutta la storia in otto tavole Il salto del numero 8 pubblicata su Linus nel 1991.

In copertina, Il salto del numero 8.

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