Speciale

"Petrolio" e il capitolo rubato

17 Ottobre 2015

Tra qualche giorno cadrà l’anniversario della morte di Pasolini. Sono passati quarant’anni e non si è fatta completa luce su quel delitto; permangono molte zone d’ombra rese ancora più screziate e impastate dalle diverse e contraddittorie dichiarazioni rese dall’omicida, Pino Pelosi, condannato per questo delitto, nel corso degli anni. Era da solo? C’erano altri? Cosa è accaduto? Il caso sembra ancora aperto, e sembra essersi complicato. In questi giorni sono usciti nuovi articoli che collegano l’omicidio del poeta a vicende politiche ed economiche del periodo. A Cefis, alla Montedison, al caso Mattei, ad altro ancora, ai tanti casi irrisolti della storia italiana, tra servizi segreti e trame nere. Al centro della nuova ondata di articoli, saggi, libri, è Petrolio, il libro postumo di Pasolini, il furto di un capitolo del romanzo inedito legherebbe il delitto alle vicende della Montedison, e ancora prima con la morte di Mattei, ennesimo episodio del Grande Complotto italiano che attende ancora il suo narratore, un Thomas Pynchon italiano, che colleghi tutto con Tutto. Nonostante l’uscita anni fa de Il pendolo di Foucault di Umberto Eco e Storia notturna di Carlo Ginzburg, libri che chiudono gli anni Ottanta e forse anche il XX secolo, in anticipo di un decennio, il tema del Complotto ossessiona la mente di tanti in Italia, in speciale modo gli intellettuali di sinistra. Ripubblichiamo qui un articolo di Graziella Chiarcossi, nipote di Pasolini uscito su Il Sole-24 Ore edizione Domenicale il 15 maggio del 2014, che fa luce su un dettaglio significativo della storia dell’omicidio, il furto del capitolo decisivo di Petrolio, che sembra a molti dare il giro di manovella dell’intero film poliziesco e complottistico. Dettaglio non secondario per sostenere l’intera vicenda del Complotto (i dettagli sono importanti, come si sa). Una testimonianza decisiva da rileggere con attenzione. Grazie a Graziella Chiarcossi per averne consentito la pubblicazione. Un articolo limpido ed efficace.

M.B.

 

Qualche anno fa ha cominciato a circolare l’ipotesi che un capitolo del romanzo incompiuto di Pier Paolo Pasolini, Petrolio, fosse stato rubato o fosse andato perso. Questa ipotesi piano piano è diventata per molti un fatto certo. Il primo giugno è uscito nel “Sole 24 ore” un articolo a firma di Riccardo Antoniani che parla del capitolo “scomparso” del romanzo pasoliniano come di un nodo irrisolto.

 

Dal 1962 al 1975 ho vissuto in casa di Pier Paolo e della mamma Susanna e sono testimone della loro vita quotidiana. I manoscritti e i dattiloscritti su cui Pier Paolo stava lavorando nel 1975 erano sopra la scrivania, vicino alla macchina da scrivere e nessun estraneo li ha toccati. Posso affermare con certezza che il fantomatico capitolo non esiste. So bene che mi si può rimproverare di non essermi mai espressa su questo argomento. Fino a quando non sono venute fuori dichiarazioni esplicite su presunti furti o perdite di un capitolo di Petrolio, non ho ritenuto di farmi avanti, perché avrei dovuto parlare di me stessa, della mia vita, uscire dal mio riserbo. E quando mi sono resa conto che certe illazioni erano diventate dati di fatto accettati quasi unanimemente, talvolta anche da persone a me vicine, allora ho rilasciato almeno due interviste cercando di ristabilire la verità. Non è servito, visto che ancora si torna sull’argomento, e l’aura di mistero non si dissolve.

 

Prima del novembre del 1975 ci sono stati due furti nella casa di via Eufrate, dove abitavamo, e credo che i carabinieri dell’EUR conservino copia della denuncia di almeno uno di questi furti (non ricordo se la seconda volta li abbiamo fatti intervenire). Penso che si siano intrufolati sempre gli stessi ladri perché la prima volta Susanna e io eravamo in casa, sono entrati dal giardino e hanno fatto tutto in fretta portando via i pochi gioielli che avevamo la zia e io e i soldi della sua pensione. La seconda volta rientrando (Pier Paolo, Susanna, i miei genitori ed io) abbiamo trovato la serratura manomessa. I ladri hanno avuto più tempo a disposizione e hanno portato via il denaro che stava nel cassetto della scrivania di Pier Paolo e altri oggetti più o meno preziosi (compresa la Grolla d’oro, premio attribuito a Pier Paolo a Saint-Vincent) sottratti da un secrétaire in salotto.

 

Devo dire che le due ipotesi avanzate, di un furto avvenuto dopo la morte di Pier Paolo o della scomparsa di un certo numero di carte del romanzo, sarebbero risibili se non avessero creato “un caso” letterario, ma anche politico, a livello internazionale. Fiumi di inchiostro si sono sparsi in pagine di libri che con diversi fini analizzano Petrolio, dando a vedere di aver capito tutto, anche quello che non c’è. Un tale entra con effrazione nella casa di Pier Paolo Pasolini, dopo aver appurato che non c’è nessuno, va nello studio, cerca (perché è lì apposta per questo), fra una decina di cartelle, il dattiloscritto del romanzo, lo sfoglia e individua un fascicolo che dovrebbe svelare trame e segreti relativi all’Eni, a Cefis, ecc. ecc. Se lo porta via e poi che se ne fa? Marcello Dell’Utri sostiene che ha avuto per le mani (a distanza di quanti anni dal 1975?), pagine di Petrolio. Non le ha esibite e tutto è rimasto misterioso, e l’attendibilità del personaggio è ben conosciuta.

 

Se altri sostengono la tesi dello “smarrimento” di un capitolo, allora a maggior ragione devo far sentire la mia voce: ho sempre custodito tutte le carte e l’intero archivio di Pasolini. Me ne sono occupata anche prima della sua scomparsa. Pier Paolo, andando spesso a lavorare alla torre di Chia, a settembre del 1974 sentì la necessità di proteggere da eventuali ruberie il romanzo e mi fece fotocopiare le pagine che aveva scritto fino a quel momento. Aveva timore che si ripetesse quello che era successo tempo prima a Carlo Levi, un cui manoscritto era andato perduto per furto dell’automobile. Tutta la sua opera è rimasta come Pier Paolo l’ha lasciata: sopra la scrivania, negli scaffali e dentro gli sportelli della libreria. Avendo molto chiaro che il libro incompiuto era la cosa più importante di cui mi dovevo occupare, e non potendo decidere subito sull’opportunità o meno di farlo pubblicare, l’ho affidato alle mani del mio maestro, il professor Aurelio Roncaglia, amico di Pier Paolo. È realistico che io abbia perso proprio quelle pagine di cui tanto ci si occupa? Rimando alle parole del filologo (che ha supervisionato l’edizione Einaudi di Petrolio nel 1992) che illustra il modus operandi di Pier Paolo (valido anche per i manoscritti delle altre sue opere), da cui non si può prescindere esaminando le carte del romanzo incompiuto.

 

Mi permetto di citare un brano della nota filologica di Roncaglia: «Il rischio è, evidentemente, che a una recezione imprevenuta (o peggio, mal prevenuta) l’effetto d’urto di questi “appunti e frammenti” riesca, rispetto all’ispirazione di fondo e agli obbiettivi finali che l’autore aveva in mente, in qualche misura distorto, e non soltanto sul piano del giudizio estetico. Il rischio è che questi “materiali”, recepiti candidamente (o malignamente) nello stato in cui di fatto si trovano – incònditi e privati, eppure (anche per ciò) affascinanti per i margini che lasciano alla suggestione – finiscano col fornire di Pier Paolo Pasolini un’immagine imperfetta, un po’ troppo grezza e indifesa: parzialmente sottratta al rigoroso “fren dell’arte”».

 

Questo testo fa parte del contributo che doppiozero ha scelto di realizzare, articolato in tre parti - interviste, poesie, lettere - in occasione delle celebrazioni promosse dal Comune di Bologna, dalla Fondazione Cineteca di Bologna, e all’interno del progetto speciale per il quarantennale della morte, che si articola in un vasto e ricco programma d’iniziative nella città dove Pasolini è nato e ha studiato.

Se continuiamo a tenere vivo questo spazio è grazie a te. Anche un solo euro per noi significa molto. Torna presto a leggerci e SOSTIENI DOPPIOZERO