Blaise Cendrars. Chimere d'acciaio

6 Febbraio 2016

Siamo nel 1919. Tra il mese di agosto e di settembre. Fronte occidentale. Chi all'epoca avesse alzato il naso verso il cielo avrebbe potuto notare un dirigibile muoversi nell'aria. Lo pilotava Jacques Trolley. Insieme a lui, un uomo con la macchina da presa: Lucien Le Saint. L'intento? Documentare cinque anni di scontri avvenuti tra la costa belga fino alla Marna, passando per Parigi. Questo materiale è diventato un film giunto fino a noi, intitolato En dirigeable sur les champs de bataille. Commissionato dal reparto cinematografico dell'esercito francese, il film rende evidente lo stato di devastazione del territorio. Desolazione, rovine ovunque, le linee delle trincee simili a ferite del terreno: eppure il cielo sembra limpido, terso, di un azzurro pieno. Sono giornate estive di convalescenza. Ciò che colpisce nelle immagini è la loro pigra fluidità, il deambulare lento e noncurante dell'aerostato.

 

 

“En dirigeable sur les champs de bataille”, 1919 – estratto

 

Un anno prima, Blaise Cendrars aveva completato un testo intitolato Ho ucciso. Una piccola casa editrice bolognese, Nonostante edizioni, l'ha ora reso disponibile in lingua italiana, insieme ad un altro scritto degli anni '30, Ho sanguinato. Si tratta di due resoconti legati alla sua esperienza bellica (il più famoso è certamente il romanzo La mano mozza), che hanno il pregio di soffermarsi su alcuni avvenimenti vissuti da Cendrars: la descrizione di un momento di vita del Battaglione Africa (di cui faceva parte) fino alla battaglia e l'uccisione di un soldato tedesco e poi i giorni della sua degenza ospedaliera, dopo aver perso la mano destra nella seconda battaglia dello Champagne, avvenuta tra il 25 settembre e il 6 novembre 1915. Ma che differenza rispetto al lento fluire del dirigibile sui territori visti dall'alto! Qui siamo nel bel mezzo del caos, coi piedi posati sul terreno fangoso, sollecitati sensorialmente dai sibili degli obici, dai diversi tipi di calibri d'artiglieria, dal cigolare dei carri armati, tanto che questo frastuono costante diventa ritmo: una sinfonia scandita con meccanica precisione. Ci ritroviamo nauseati dall'odore di morte, di sangue, di Pinard (vino popolare: trovate un prezioso glossario alla fine del libro), e di polvere da sparo. L'aria a volte è irrespirabile. La prosa di Cendrars è franta, secca. Un montaggio serrato di inquadrature: una specie di centrifuga che macina immagini, suoni, sinestesie olfattive.

 

Paolo Rumiz, nell'introduzione, parla di «frasi filmiche». In effetti, la Grande Guerra non ha fatto altro che confermare alcune intuizioni dell'avanguardia artistica, già fissate su tela su pellicola o su carta. Prime fra tutte quelle legate al cubismo, al futurismo. Non è dunque un caso che la prima edizione di Ho ucciso, pubblicata nel 1918, contenga cinque disegni di Fernand Legér, amico e sodale di Cendrars. Non c'è molta differenza tra le secche descrizioni di Cendrars prive di sentimento, inumane, e la teoria dei contrasti di forme, i contrasti moltiplicativi su cui lavora Legér a partire dagli anni '10. La visione ultramoderna, il principio di dissonanza, l'attività artistica intesa come lotta contro il gusto borghese trova infine il suo correlato oggettivo proprio nello scontro bellico. Tanto che lo stesso Legér, dal fronte, in una lettera a Louis Poughon del 23 novembre 1916, scriverà: «A Verdun ci sono soggetti del tutto inattesi e benfatti che rallegrano la mia anima cubista. Ad esempio, scopri un albero con una sedia sui rami. La gente di buon senso ti prenderebbe per pazzo se tu gli presentassi un quadro del genere. Eppure, non c'è che da copiare».

 

Per Cendrars la guerra è azione, accelerazione, nervi tesi, un balzo nella realtà: l'esito estremo di una filiera di produzione, di un “principio di utilità”. A volte una follia che trova la sua perfetta metafora nel monologo insensato di un generale chirurgo, intento a dissezionare le carni di un soldato, considerandole «un campo minato. Un terreno di battaglia».

Il soldato morirà dopo pochi minuti.

 


Il libro: Blaise Cendrars, Ho ucciso – Ho sanguinato, tr. it. Francesco Pilastro, Nonostante Edizioni 2015, pp.104, 12,00

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