Bartezzaghi e la sedia a sdraio

29 Luglio 2011

E’ mesi che aspettate questo momento e finalmente è arrivato: siete in vacanza. Avanzate attraverso la spiaggia verso l’ombrellone con calma determinazione e un lieve sorriso di compiacimento che aleggia sul volto. Asciugamano. Crema. Cappello. Infine vi allungate sulla vostra sedia a sdraio, determinati a rilassarvi.

E invece.

La quiete lungamente attesa è perturbata dagli schizzi di acqua e sabbia del figlio dei vicini. Maledetto. Una mosca fa la spola tra la vostra spalla destra e il polpaccio. L’irritazione monta, e i pensieri cominciano a girare ansiosamente a vuoto: credevate davvero di lasciarle a casa, le preoccupazioni? No, mannaggia, dovete assolutamente riuscire a distrarvi. Perché non fare un gioco? Allungate automaticamente la mano verso la borsa, ma avete lasciato a casa il vostro iPad per non rovinarlo con la sabbia, e il cellulare ha la batteria quasi scarica… No! adesso qualcuno ha pure acceso uno stereo e vi arriva, in sottofondo, l’insopportabile tormentone dell’estate.

Che fare?

Non preoccupatevi: se questo scenario vi è familiare, se in vacanza dovete lottare con i residui dello stress quotidiano o con la sindrome da horror vacui, basta portare con voi Sedia a sdraio. Giochi (im)pensati per svagare la mente (ed. Salani, p. 94, euro 9,90, con illustrazioni di Giulia Orecchia) il nuovo libro di Stefano Bartezzaghi, che è molto di più di un semplice almanacco di passatempi da spiaggia.

Con la consueta grazia e intelligenza, tra citazioni colte e interludi comici, il giornalista-enigmista reinventa i più classici giochi dell’infanzia, dallo yo-yo al gioco dell’oca, dalle bocce al ping pong, ma ci inizia anche a più esoterici logogrifi, anagrammi e lipogrammi, tutti rivisitati secondo una regola base, sempre la stessa: per giocare non serve proprio nulla. Si fa tutto a mente, perfettamente immobili (a parte un’inedita versione del “Gratta e vinci”, che comporta un’impercettibile attività escavatoria degli alluci…). Se le difficoltà di capovolgere mentalmente i vocaboli vi scoraggia, scoprite le soddisfazioni dello jogging mentale, oppure svagatevi col videogioco vintage Space invaders sparando ai fosfeni, quei minuscoli (fastidiosissimi) puntini luminosi che compaiono ogni tanto sotto le palpebre dei nostri occhi chiusi, per la pressione bassa o perché abbiamo fissato una luce.

Gli schizzi di sabbia, la mosca? Altro che scocciature: renderanno più avvincente la vostra invisibile battaglia navale. Se il problema invece è la vostra tendenza a rimuginare, potete cimentarvi a trasferire i pensieri ansiogeni in trame audaci da proiettare al Cinema Bianchini (altamente raccomandato a tutti gli insonni), oppure dedicarvi risolutamente a “Trasloco” per far fuori tutto quanto una buona volta, o placare l’ansia metafisica compilando elenchi alla salute di Woody Allen e Fabio Fazio.

Giocando, vi riscoprirete meravigliosamente liberi – dalle tecnologie, dal tarlo dell’ansia, dalle strettoie mentali, dagli scocciatori. Bartezzaghi ci inizia all’arte di inserire nel riposo il frastuono continuo che ci assedia, dentro e fuori dalla nostra testa, ci insegna a neutralizzarlo dandogli una forma, se non un senso, e trasformandolo – somma delizia - in un gioco segreto.  Se vi allenate con sufficiente costanza sulla vostra sedia sdraio (ma non solo: Bartezzaghi è un sincero democratico e si è preoccupato di fornire varianti anche per chi villeggia sui monti), potrete continuare a praticare le vostre specialità tutto l’anno, per attraversare indenni ingorghi di traffico, code alle poste, nottate insonni, estenuanti banchetti famigliari e quant’altro.

Come scrive l’autore, a tutti sembrerà che non state facendo nulla. Invece, state rovesciando il (vostro) mondo.

 

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