Sottsass. Tornano sempre le primavere, no?

24 Novembre 2013

 

Beaubourg
Il 27 aprile 1994 fu inaugurata la mostra di Ettore al Beaubourg a Parigi, tre anni dopo quella del padre a Trento. Era la prima mostra antologica dedicata al suo lavoro che Ettore aveva accettato di realizzare. In quei tre anni era cambiato. Da mitteleuropeo ad architetto-designer radicale, con codino e barba. L’ho accompagnato in un giro – a porte ancora chiuse all’autorità e al pubblico – dentro la “fossa” centrale del piano terra del Centre Pompidou, che ospitava quella cascata di meraviglie. 
Lui con Fernanda Pivano e io a distanza con la mia Nikon. Più tardi sono iniziati i riti ufficiali, Ettore 
si è prestato con infinita disponibilità. Guardandolo attraverso l’obiettivo, si poteva cogliere un fremito di paura. Mi aveva bisbigliato, come di sfuggita: «Sai, ti fanno l’antologica alla mia età, quella giusta, e poi ti seppelliscono». Da allora ho cercato di cogliere quel tremore, come nell’immagine in cui sorride un po’ restio, e sembra volersi proteggere, non si sa da cosa, con il gesto della mano, o come quando se ne sta appartato davanti a un suo vaso a sognare a occhi aperti, o insieme al vecchio 
amico Brugola, suo artigiano di fiducia: sembra guardare fuori, lontano.

 

 

Memphis
Quella sera del settembre 1981 l’inaugurazione di “Memphis” bloccò il traffico in corso Europa a Milano. Su “Memphis” si è scritto moltissimo. Quella sera Ettore era felice, appartato e insieme con tutti. Portava una cravatta Memphis sulla camicia bianca.

 

 

A mezza voce
Gli anni 1987 e 1988 segnarono una crescita della complessità organizzativa della Sottsass Associati. Ettore, tra l’incredulo e il preoccupato, chiese a me e a un collega, Eraldo C. Cassani, di assisterlo professionalmente in quel passaggio. Nello studio – ci è capitato di andarlo a trovare lì qualche volta per lavorare insieme – si aggirava leggero, parlando quasi sempre a mezza voce. L’ho visto in riunioni di lavoro con i suoi ragazzi del tutto immerso nel presente: fotografarlo nello studio, per lo più in campo lungo, con un 28 mm, aveva questo significato. Era destinato non a indovinare il futuro, ma a cercare di realizzarlo “senza memoria e desiderio”, per non farsi assorbire dalla nostalgia del passato, e a esporsi pienamente, con la somma delle proprie energie, alle necessità del presente.





Saggi
Nel 2002, edita da Neri Pozza, uscì un’antologia di scritti di Ettore. A Milano la presentazione del libro si tenne a Brera, con due relatori. Uno era Fleur Jaeggy, che si impegnò moltissimo nel presentare quelle pagine. Come sempre, quando Ettore si trovava esposto in prima persona, esprimeva sincera gratitudine, ma non riusciva a nascondere un certo disagio. Nelle mif\gne immagini sembra difendersi, parandosi il viso con una mano e guardando in alto.

 

Da Giuseppe Varchetta, Ettore Sottsass. Tornano sempre le primavere, no?

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