Una rivoluzione pacifica

9 Febbraio 2012

Che fare? Il sottotitolo dell’opera di Lenin era “Problemi scottanti del nostro movimento”. Intenti rivoluzionari a parte, Roma potrebbe avere un ruolo di primo piano in un movimento di rinascita culturale. È la capitale, il luogo delle istituzioni. Un’azione fatta a Roma dovrebbe non tanto sensibilizzare le istituzioni, quanto occuparle. Senza chiedere soldi, ma chiedendo ospitalità.

Portare i libri al “cuore dello Stato”. Sarebbe un po’ come mettere i fiori nei cannoni. Una rivoluzione pacifica, ma potente. Che si cominci a leggere dentro il municipio, in Parlamento, nei luoghi delle istituzioni. Che la lettura diventi pratica politica. Si scelgano dei libri e si fissi un’agenda. Ogni settimana un libro.

 

Montecitorio come Wall Street. Palazzo Madama come Zuccotti Park. Un’onda di voci che si propaga potrebbe anche far tremare il Palazzo. Il corpo simbolico della letteratura nei luoghi simbolo della politica. Niente di più rivoluzionario. La protesta americana ha scelto la Borsa, il cuore della finanza. Roma è la casa della politica. È lì che dobbiamo bussare. Non per domandare una carità pelosa. Visti i tempi usciremmo a tasche vuote. Ma l’ospitalità è un’altra cosa. Chiediamo di potere entrare. Entrare non per contestare, ma per leggere. Si tratterebbe di un gesto simbolico di grande impatto emotivo, e dunque politico.

 

Majakovskij leggeva le sue poesie agli operai delle fabbriche e poi chiedeva ai lavoratori di esprimere le loro impressioni. Oggi a leggere poesie che succederebbe? Forse al di là di ogni aspettativa accadrebbe la stessa cosa di un secolo fa. La gente ascolterebbe. La lettura non stanca. La voce arriva anche dove gli occhi falliscono. Anche chi non legge, in genere sa ascoltare.

Bisogna aiutare le istituzioni ad ascoltarci. Per questo andremo a trovarle a casa loro. Le disturberemo, magari a ore pasti.

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