La cultura in piazza

16 Gennaio 2012

In Italia la cultura è un’emergenza. La situazione in cui versa è tale da richiedere strategie plurime e istituzionali. Ma coloro che condividono una tale opinione debbono accettare il fallimento dell’istituzione in senso teorico: l’esperienza politica italiana dell’ultimo ventennio decreta la morte della cultura a favore di una visione della società dominata da homo consumens. Nell’immediato, tutti quelli che sentono la cultura come un fuoco che brucia dentro debbono ripartire da iniziative soggettive e personali, con urgenza. E con umiltà. Ricostruire la sensibilità culturale di un paese significa comunicare con tutti e chiunque. Invece di ascoltare passivamente gli opinionisti mediatici, occorre agire in prima persona creando una comunicazione e partecipazione di strada: quanti esseri umani si incontrano dall’alba al tramonto? Ecco, quelli sono tutti potenziali recettori culturali. In fondo, tra le molte cause, la cultura in Italia sta fallendo anche perché segregata all’intero di una visione elitaria. Davvero si può essere così cinici e arroganti da credere che non valga la pena condividere la poesia o la scienza con il tassista che ascolta soltanto “Radio Roma Sport” e così imbecilli da aver dimenticato che la conoscenza è la tentazione più seduttiva dell’umanità? Riappropriarsi della responsabilità civile a condividere quel fuoco che brucia dentro è faticoso, soprattutto se lo si fa con persone distanti o opposte al proprio focus, ma potrebbe essere una variabile necessaria per costruire un progetto culturale di tutti.

 

Da un punto di vista concreto, pochissimi si mettono le mani in tasca. Investire in cultura: mi piacerebbe sapere chi ha inventato questo enorme paradosso e mi vengono i brividi a pensare che dalla cultura si debbano far soldi (affinché funzioni e qualcuno se ne occupi!). Forse la situazione è tale che soltanto progetti veramente utopici hanno una possibilità di realizzazione. A Roma, un “festival della conoscenza” nelle piazze di tutti i quartieri (sono 35 in tutto). Durata due serate, magari a giugno. In ciascuna piazza un tema diverso (musica, economia, astronomia, poesia, ecologia, etc.) dibattuto da oratori eccellenti che di solito parlerebbero nei luoghi alti della cultura (Auditorium, Massenzio, Università, CNR, Accademia dei Lincei o quant’altro). Costo euro ventimila (vitto e alloggio gratuiti, nessuna fees previa approvazione dell’oratore, biglietto aereo low cost). Spazio pubblico gratuito e aperto a tutti. Forse molti resterebbero inchiodati al proprio schermo tv o al computer. Forse verrebbero in pochi. Ma, dal momento che nessuno cerca di vendere niente, qualcuno potrebbe anche avvicinarsi e avere il piacere di ascoltare.

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