Undici anni fa era Genova

20 Luglio 2012

Io alla fine a Genova non ci sono nemmeno entrato.

Avevamo organizzato una serie di azioni situazioniste ai margini della città, tirando in mezzo anarcosurrealisti, raver, ex pornostar, punk e transgender.

Dicevamo che il G8 era un cul de sac, e che dovevamo ignorare gli appuntamenti fissati dal potere per cercare nuove forme di liberazione libidinale.

Ma dopo aver visto quello che era successo venerdì ci era un po’ passata la voglia di godere.

 

Abbiamo fatto tutta l’autostrada intorno a Genova guardando la città che bruciava. C’erano colonne di fumo che salivano ovunque.

I. ci telefonava per dirci: hanno ammazzato una persona, no due, no tre, no due, non entrate in città che sparano.

Quando abbiamo visto le immagini di Carlo Giuliani la prima volta, la mia ragazza di allora - C. - ha pianto, ed ha continuato a piangere ogni tanto nei giorni successivi.

Alla prima manifestazione di Milano c’era una ragazza con il viso distrutto dalle botte, tutta gonfia.

Non avevo mai visto una cosa del genere.

 

I miei amici che sono andati a Genova se la sono cavata abbastanza bene, quasi tutti.

Qualcuno si è preso un po’ di manganellate sulla schiena, sugli zaini.

Qualcuno è rimasto chiuso in uno dei campeggi degli stadi, con la polizia che faceva i caroselli intorno e urlava.

Qualcuno è andato via dalla Diaz qualche ora prima dell’incursione, portando nel mondo di “fuori” le immagini di brutalità poliziesca raccolte per il media center.

A quasi tutti quelli che ci sono stati, per tanti anni quando vedevano la polizia, o i carabinieri, o la guardia di finanza, si squagliavano le gambe.

 

Qualche settimana fa è venuto a trovarmi mio fratello piccolo. Non ci vediamo mai, e quando c’è stata Genova lui aveva quattro anni. E ho scoperto che di Genova non sapeva quasi niente.

Niente botte, niente capelli dei ragazzi nella scuola attaccati ai muri, niente sacchi a pelo pieni di sangue, niente paura che non ti lascia più.

Anche se mi piace molto la storia, a volte sono affaticato dall’ossessione per la memoria dei movimenti italiani. Spesso mi pare che tutte le energie disponibili vengano incanalate nella commemorazioni di una lista di date, nomi, morti, mentre non si mette mai abbastanza energia nel cercare soluzioni nuove.

Però qui è diverso. Di Genova - e di quello che ha fatto la polizia a Genova - bisogna parlare ancora.

 

Per iniziare a ricordare, basta mettere su Google Image “G8 Genova”, e vedere le facce piene di sangue di tutta quella gente, di ogni età. Perché non può ridursi a un problema generazionale, a “quelli della mia età”.

 

 

Bertram Niessen

http://b3rtramni3ss3n.wordpress.com/

Twitter: @bertramniessen

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