Condominio Oltremare

14 Gennaio 2015

Nella geografia fisica e intellettuale del nostro presente termini quali abbandono, spoliazione, svuotamento conservano un significato decisamente negativo, come se testimoniassero la perdita di un patrimonio, materiale o immateriale, che in passato animava un determinato luogo. Non c’è niente da fare: l’horror vacui continua a suscitare, nello sguardo dell’osservatore comune, paure, smarrimenti, turbolenze emotive. Ma, se – sulla scia delle indicazioni offerte da Viktor Šklovskij  – proviamo a disattivare i meccanismi abituali della percezione per sottoporli a un processo di «straniamento» che renda tutto insolito, immediatamente si spalancano davanti a noi paesaggi, esteriori e interiori, sconosciuti, sorprendenti: come riesce ad esserlo solo uno scenario familiare osservato da uno sguardo estraneo (non-familiare, direbbe Freud, dunque «perturbante»). Seguendo fino in fondo questo processo di straniamento, l’horror vacui verrebbe finalmente smantellato dall’ interminabile successione di vuoti nei quali si imbatte l’attività percettiva. Una volta accantonati i logori schemi imposti dalla consuetudine, il vuoto si rivela, infatti, l’imprescindibile principio costruttivo della realtà – come, meglio di ogni altro, ha dimostrato Paul Klee nella sua Teoria della forma e della figurazione –, il presupposto indispensabile di un divenire capace di coincidere con l’inesauribile germinazione del possibile.

 

Condominio Oltremare, 2014, ph. Sabrina Ragucci

 

Proprio questo è il processo osservato, fissato dallo sguardo, insieme attento e attonito, di Giorgio Falco e Sabrina Ragucci nel loro recente Condominio Oltremare, pubblicato da L’Orma nella collana “fuoriformato” diretta da Andrea Cortellessa. Lo si potrebbe definire il resoconto di un’esplorazione del vuoto dalla precisione quasi allarmante, dato che Giorgio Falco e Sabrina Ragucci hanno scelto come oggetto delle proprie ispezioni un anonimo condominio di case per vacanze costruito sulla riviera romagnola intorno alla fine degli anni Cinquanta.

 

Siamo in gennaio e l’intero condominio si rivela ai due cartografi dell’immaginario provenienti da Milano nella propria profonda desolazione. Sin dalle prime pagine, e dalle prime fotografie, la geografia del luogo si intreccia con la fitta sequenza di immagini che ne costituisce il prolungamento naturale. Grazie al dissolvimento dell’esuberante frenesia estiva in un freddo vuoto invernale «l’epopea italiana della villetta» – come la definisce Falco – può mostrare la densa stratificazione di immagini che, nel tempo, hanno plasmato ogni elemento di questo paesaggio. I due autori sanno bene che i luoghi – ciascun luogo – proprio per la loro irriducibile particolarità fisica costituiscono sempre un formidabile generatore, e moltiplicatore, di immagini.

 

 

Ed ecco che, puntualmente, nel vuoto in cui è sospeso il Condominio Oltremare, comincia a insediarsi una pluralità di costellazioni figurali, rivolte a verificare la consistenza labile, precaria, di una realtà che sembrerebbe già data. Accantonati – proprio come suggeriva Šklovskij – gli schemi percettivi modellati dall’abitudine, ogni singolo aspetto di questa porzione di spazio perlustrata dallo sguardo vorace di Giorgio Falco e Sabrina Ragucci appare nuovo, a tratti misterioso. Addirittura il visitatore che si aggira nel Condominio ha bisogno di precisi segnali che gli confermino di trovarsi nella casa ancora di sua proprietà: «Ho dubitato – egli scrive – che quello fosse il luogo dove avevo trascorso parecchie estati della mia esistenza, quelle che si vorrebbero decisive nella costruzione della memoria. […] La targa d’acciaio affissa al muro dell’edificio mi ha confermato di essere giunto al Condominio Oltremare».

 

Condominio Oltremare, 2014, ph. Sabrina Ragucci

 

Il protagonista della narrazione deve, però, proprio alle sagome sfuggenti, alle incerte silhouettes in cui inciampa di continuo, la «costruzione della memoria», la martellante decifrazione di ciò che lo circonda. Ogni traccia del passato si trasforma, ai suoi occhi, in un enigma. Non c’è, nel Condominio Oltremare, nessun elemento che gli appaia già dotato di significato. L’attribuzione di un senso alle immagini che scorrono davanti al visitatore coincide con uno sguardo disposto a lasciarsi sorprendere e trapassare da quanto, volta per volta, gli si offre. Lo ribadiscono, attraverso una sorta di ulteriore commento, le fotografie di Sabrina Ragucci, il cui punctum – direbbe Barthes nella Camera chiara – risiede sempre in un determinato particolare: circoscritto, evidenziato con lo stesso equilibrio fantasmatico che aveva guidato Luigi Ghirri lungo le sue inesauste peregrinazioni in luoghi geograficamente limitrofi. Anche Gianni Celati, nel documentario del 2002 dal titolo Case sparse – Visioni di case che crollano (in vario modo derivato dalle sue due opere cruciali, Narratori delle pianure e Verso la foce), si era addentrato nei fantasmi che sopravvivono in abitazioni dismesse, lasciate alla inevitabile consunzione del tempo. Ma, per Celati – come per Ghirri –, il vuoto vale da premessa di una nuova storia. Anzi, ogni volta, della storia più semplice, e dolorosa, che possa esistere: il racconto di quello che non c’è. Perché non c’è più o, forse, non c’è mai stato; anche se potrebbe esserci da qualche parte.

Giorgio Falco e Sabrina Ragucci arrivano alle medesime conclusioni, percorrendo, però, una strada diversa. Che lascia da parte i richiami dell’affabulazione per privilegiare lo scavo analitico in quel «presente che passa e passato che si conserva» in cui Deleuze, nell’Immagine-tempo, ha individuato lo statuto più problematico dell’immagine. Di un immagine sempre in lotta con se stessa.

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