Elea: da Parmenide al Resort

13 Agosto 2022

A sud della Costa amalfitana si distende una vasta zona sul mare e all’interno che finalmente in questi ultimi anni è stata scoperta dai turisti: si tratta del Cilento con le sue spiagge bianche, il suo mare pulito e un bellissimo parco naturale nell’entroterra fra monti verdeggianti e colline.

In realtà qualche illustre e inaspettato viaggiatore ci aveva già preceduto nell’immediato dopoguerra: pare certo ormai (secondo i più accreditati biografi) che lì sia giunto Hemingway (la leggenda dice in calesse da Sorrento) per capire come si pescava il pesce spada nel mare di Acciaroli; sicuramente vi era giunto Ungaretti (ne parla lui stesso). La cosa che aveva affascinato subito i due grandi personaggi non era solo la natura allora ancor più incontaminata di oggi ma soprattutto l’eco straordinaria del mondo greco e delle sue vestigia che lì albergano (e che erano state di fatto riscoperte da un grandissimo del Settecento nel suo viaggio in Italia, Goethe).

In particolare Ungaretti ne trasse respiro e ambientazione per una delle sue più celebri raccolte poetiche. Tra i Templi memorabili di Paestum e le vestigia suggestive più a sud (con vista sul mitico promontorio di Palinuro) di Velia (in greco Elea) era il cuore stesso della classicità e delle origini del pensiero occidentale che parlavano allora come oggi al viaggiatore, al turista, al poeta. Velia/Elea, in particolare, ispira una profonda emozione: non tanto per la spettacolarità dei monumenti (non confrontabili con Paestum) ma pure per un insieme di aree molto ricche di documentazione greco-romana (e che andrebbero più curate in molti dettagli e forse ampliate con nuove campagne archeologiche) incastonate in una piana simile a una sorta di valletta chiusa a Nord da un’altura cui si accede con un bel sentiero acciottolato originario dell’età greca che sale ad una Torre di guardia di forte impatto emotivo verso il paesaggio sottostante.

Però Velia è molto di più di queste suggestioni archeologiche e paesaggistiche: nell’antichità greca lì visse ed operò con una sua celebre scuola (appunto la scuola “eleatica”) Parmenide, forse il più grande filosofo dell’età presocratica, fondatore, insieme al suo antagonista Eraclito, della filosofia occidentale stessa e dell’ontologia (lo studio dell’Essere): le sue idee, raccolte in celebri frammenti giunti fino a noi e testimoniate soprattutto dai Dialoghi di Platone, hanno posto questioni decisive sul tema del Tempo, decisive anche per la fisica contemporanea.

A Velia si respira questa suggestione di enorme peso: camminando su quei sentieri, attraversando le vie di quegli scavi noi “sentiamo” che stiamo percorrendo le nostre “origini” di uomini occidentali, i profili della nostra identità (come quando ad Atene, scendendo nel viale di ulivi che ci porta dal Partenone al cuore della città, ci emozioniamo perché “sentiamo” che, anche lì dove facevano lo stesso percorso i più grandi dell’antichità, siamo “nati”, tutti noi). Qualcuno si aspetterà quindi che questo luogo sia consacrato alla nostra memoria e conservato con cura assidua per perpetuare a tutti il senso della nostra origine, che a Velia attinge radici prime.

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E invece, in questo lembo di Italia da cui nacque il pensiero del Mondo e del Tempo, che accade? Che si realizza un Resort/Monstre che oscura la vista di Elea/Velia a chi passa da lì, rendendo l’accesso agli scavi arduo e non riconoscibile. Ma come? Uno dei cuori della civiltà occidentale viene nascosto e schiacciato per un Resort pacchiano che ricorda gli ecomostri di decenni fa e che nessuno più osa proporre neppure in Italia?

Ve lo immaginate se a Stonehenge, simbolo stesso dei miti e della cultura antica del Regno Unito, decidessero di occultarne la vista costruendovi davanti un mega ristorante? Gli inglesi inseguirebbero coi forconi chi solo avesse avuto il coraggio di proporre una simile idea! E in Cilento? Tutto tace di fronte allo sfregio…se volonterosi cittadini e intellettuali a cui quel luogo è caro non avessero sollevato con un appello di straordinario vigore (a cui invitiamo i nostri lettori ad aderire) il problema, portandolo all’attenzione generale, il misfatto si sarebbe compiuto impunemente (e non è detto ahimè che non si compia senza alcuna inchiesta o “riparazione”).

Ma come si può anche solo immaginare una cosa simile in un momento in cui da qualche anno in Italia si è scoperto l’enorme potenziale economico e civile della salvaguardia dei nostri beni culturali? Non si contano più le celebrità e le influencer che si fanno selfie al Colosseo, a Pompei, ad Agrigento, agli Uffizi e così via, veicolando persino sui social una vera e propria passione pop per la nostra arte che è divenuta forse il volano primo della nostra economia turistica! E a Velia che fanno, arretrati di un trentennio rispetto a quel che accade in tutta Italia e nel mondo? “Cancellano “dalla vista Elea, l’origine stessa di quel mondo. È davvero inaudito!

Io conto che, in extremis, vi sia la possibilità di intervenire in qualche modo: non mancavano nei dintorni luoghi in cui edificare Resort di lusso senza massacrare memorie storiche e bellezze naturali. È accaduto a Capri, a Pompei, a Positano, a Napoli e dovunque in Campania: la promozione turistica, negli ultimi anni, ha saputo coniugare sviluppo economico ed edilizio con valorizzazione dei beni artistici e classici. Si pensi a Napoli al rinato Museo archeologico o alla straordinaria espansione a Pompei degli scavi e alla loro piena visibilità e cura che lo hanno reso uno dei siti più frequentati al mondo o al Parco di Paestum, in cui Templi e rinnovato Museo si integrano in un unico, bellissimo percorso culturale e potrei continuare a lungo…

Ora il problema a Velia non consiste perciò solo nell’“occultarne” la vista e seppellirne definitivamente la memoria visiva. All’opposto: occorrerebbe rilanciare gli scavi (si pensi alla recentissima scoperta a Selinunte in Sicilia di una immensa Agorà che attrarrà ancora più visitatori); curare gradevoli percorsi fra di essi; connettersi in ideale simbiosi con il Parco di Paestum; partire da Velia per riscoprire, fino al maestoso Monte Gebilson, le vestigia dei cenacoli bizantini che vi si erano insediati fin dall’Alto Medioevo; rilanciare con corsi, guide adeguate, pannelli digitali di nuova generazione il ricordo stesso della grande scuola parmenidea che vi aveva avuto luogo, celebrandone con manifestazioni e suggestioni e festival culturali il suo valore di cuore pulsante della nostra stessa identità.

In parallelo, tutto ciò contribuirebbe in modo decisivo ad un vero, ricco sviluppo delle potenzialità turistiche dell’intero Cilento. Per favore, lo chiedo da cittadino amante come tutti del nostro Paese e ben felice che un suo “angolo” magico come il Cilento ora possa avervi piena cittadinanza: non distruggete il vostro, il nostro volto di cui Velia è forse al tempo stesso il più appartato e il più eclatante del Mediterraneo da cui siamo nati.

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