Giovanni Anselmo, "Torsione", 1968

11 Maggio 2023
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Un panno in fustagno si arrotola su di sé. 

Non vediamo però il movimento ma subito l’esito: una lunga chiusura in cui la forza è stata catturata e bloccata fino a farsi tutta interna, comprimersi dentro. Una sbarra fissa il panno alla parete lasciandolo contratto e pronto a esplodere, ma solo in potenza. Il movimento è già avvenuto e continua a sprigionare i suoi effetti non idealmente ma su un piano materico; il panno si attorciglia intorno a una linea invisibile, l’energia della torsione è stata ricavata e viene riutilizzata sotto forma di rilascio continuo, la TORSIONE è già il passato. Giovanni Anselmo, però, vuole proprio questa parola come titolo per la sua opera, che dunque racconta un risultato e anche una soglia, un traguardo e una ripartenza. 

L’immagine che associo è quella di un atleta che arriva alla fine di uno sforzo, congelato nell’attimo prima di ripartire. TORSIONE è una parola chiave nello sport e anche nella pratica dello yoga, dove è una posizione non innocua: a una donna incinta, anche se a uno stadio iniziale, quando la pancia non è ancora prominente, viene sconsigliato di fare torsioni del busto. La TORSIONE può nuocere alla nuova vita che non si vede ma c’è, e ha bisogno di crescere dritta, lunga. La TORSIONE è un ostacolo alla crescita, al germogliare, perché inclina, piega e imprigiona. La TORSIONE succhia l’energia e non la lascia circolare, così quest’opera che sembra un fusto nodoso è, per esempio, il contrario dell’albero della vita: non può ramificare, non può fiorire. Può stare e implodere silenziosamente, in un’osservazione inesausta della propria potenzialità. Ma questo non significa che il panno sia fermo, morto, anzi: è nel vivo della sua realtà, come l’atleta che ha compiuto lo sforzo di correre e ora sente ogni muscolo infuocato, ogni movimento possibile. La possibilità è vita. Il fiore germogliato sta per cadere e morirà, quello che deve ancora nascere ha davanti a sé una traiettoria forse infinita. Il panno che si attorciglia, in effetti, ripete quel movimento per sempre, la torsione non si consuma. Non produce, ma emana.

 

Quest’opera è stata realizzata da Giovanni Anselmo nel 1968. Il 1968 è stato un anno bisestile. A gennaio, Jimi Hendrix in tournee distrugge la sua stanza d’albergo. A febbraio, due massacri in Vietnam. A marzo, a Roma, a Valle Giulia, scontri violenti tra gli studenti e le forze di polizia. Ad aprile, Martin Luther King viene assassinato. A maggio, a Parigi, nel quartiere latino, ancora scontri tra gli studenti e la polizia. A giugno, la femminista radicale Valerie Solanas spara a Andy Warhol. A luglio, papa Paolo VI condanna ogni forma di contraccezione. Ad agosto, le truppe sovietiche e del patto di Varsavia invadono la Cecoslovacchia mettendo fine alla primavera di Praga. A settembre, muore Padre Pio. A ottobre, durante il massacro del Messico, viene ferita la giornalista Oriana Fallaci. A novembre, Alexandros Panagulis viene condannato a morte. A dicembre, gli esseri umani mettono per la prima volta i piedi sulla Luna.

Secondo l’astrologia cinese, il 1968 è l’anno della scimmia, forse l’animale meno associabile alla violenza del nostro immaginario.

La TORSIONE di Giovanni Anselmo si radica nel 1968 assorbendo tutta l’energia del calendario in essere. La violenza delle correnti che attraversano i dodici mesi non viene smorzata, il 1968 è una soglia, una porta d’ingresso in un’epoca nuova. I fatti hanno il rumore di una mitragliata. Se poi si abbassa il volume al minimo, il rumore resta e si trasforma, diventa quello dei passi di una ballerina, di venti che si accapigliano in una tromba d’aria. 

Quest’opera muta sprigiona un prodigio, la cattura del rumore con tutto il suo mistero.

Che rumore fa un panno che si torce?

Nella foto un dettaglio dell'opera "Torsione" di Giovanni Anselmo, 1968, Ph. Carlo Vannini.

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