Latella alla bottega di Testori (e di Amleto)

23 Febbraio 2024

Giovanni Testori è senza alcun dubbio il “miglior drammaturgo del secondo Novecento”, assicura Giovanni Raboni. Per Alberto Arbasino l’adorato “Gianni” figura, accanto a due o tre altri scrittori italiani, nell’Olimpo della sua “personale antologia”. Da diversi decenni un coro di voci concordi si leva a cantare la straordinarietà dell’esperienza testoriana e l’importanza di preservarne l’eredità. In quante e quali pratiche della scena riesca poi a tradursi un simile riconoscimento è tutto da verificare. I produttori e i distributori, in un sistema che tende a premiare solo i progetti di sicuro gradimento, storcono il naso: ma sotto la linea del fiume Po si capirà quello strano impasto dialettale lombardo? E la soglia di attenzione del pubblico di oggi, giunta ai suoi minimi storici, è sufficiente per attraversare la complessità linguistica di quelle drammaturgie? Ogni nuova messinscena (non sono poche quelle proposte o riproposte nel 2023, centenario dalla nascita) sembra sondare, in controluce, la possibilità stessa che il teatro di Testori sopravviva sulla scena contemporanea. 

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Il progetto BAT. Bottega Amletica Testoriana – frutto di una virtuosa collaborazione tra Associazione Giovanni Testori, Piccolo Teatro di Milano, AMAT (Associazione marchigiana attività teatrali) per “Pesaro 2024 capitale italiana della cultura” e compagnia stabilemobile – affronta di petto le possibili discrasie tra le esigenze del mercato culturale, i desideri del pubblico, e la volontà di valorizzare un caposaldo della drammaturgia d’autore italiana.

Nella sua ossatura, BAT può essere raccontato in poche righe: un gruppo di otto giovani attori e attrici selezionati da oltre 600 candidature; un regista-pedagogo d’eccellenza, cioè Antonio Latella; un semestre di lavoro su Giovanni Testori. L’itinerario del progetto, ben più articolato di quanto restituisca la mia brutale sintesi, non ha previsto un esito spettacolare (né lo prevede in futuro, continua a ripetere Latella: bisognerà farsene una ragione), ma due tappe di lavoro aperte al pubblico: la prima nell’autunno 2023, al Piccolo Teatro di Milano; la seconda tra il 13 e il 18 di febbraio 2024 al Teatro Rossini di Pesaro. Nel mezzo, oltre al lavoro in sala con Latella (e con l’assistente al progetto, Jonathan Lazzini), si possono contare: tre opere di Testori imparate integralmente a memoria; alcuni incontri con Giovanni Agosti; diverse visite a Novate presso Casa Testori (amato domicilio natale, oggi casa museo, archivio e biblioteca per studiosi); la visione live di incontri di pugilato (per meglio comprendere l’arte della dialettica, ma anche i pugili sovente ritratti da Testori); lezioni di disegno con Simona D’Amico, di drammaturgia con Federico Bellini, di ritmo e suono con Franco Visioli. E poi, naturalmente, tutto quello che di imprevedibile e di meraviglioso nutre l’incontro tra esseri umani che si trovano a condividere per un tempo lungo un’esperienza fondativa.

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Ma cosa ha potuto vedere chi è entrato al teatro Rossini sbirciando nella Bottega? Partiamo dagli otto straordinari performer, di cui andranno subito appuntati i nomi: Noemi Apuzzo, Alessandro Bandini, Andrea Dante Benazzo, Matilde Bernardi, Flavio Capuzzo Dolcetta, Chiara Ferrara, Sebastian Luque Herrera, Beatrice Verzotti. Alcuni di questi si sono già fatti notare in qualche produzione di rilevanza nazionale (Bandini e Benazzo), altre sono già state felicemente dirette da Latella (Ferrara e Verzotti nel recente Wonder Woman); ma di tutti e tutte sentiremo parlare ancora, e senza dubbio li applaudiremo e li ameremo nelle produzioni dei prossimi anni. Con la stessa certezza sono uscita dal Teatro delle Passioni di Modena, nell’ormai lontano 2016, dopo aver visto per la prima volta in scena Leonardo Lidi, Matilde Vigna e Federica Rosellini, insieme a tutto lo splendido cast di Santa Estasi.

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Non è tanto – o non è solo – questione di talento: è la sorprendente (e rara, tra i diplomati in accademia) capacità di rinunciare alla dimostrazione, al virtuosismo, all’autocompiacimento. “Acting is like delivering a pizza: it’s not about the delivery man. It’s about the pizza”, scherzava Milo Rau nei primi minuti di The Repetition. Ecco: gli attori e le attrici di BAT si mostrano sulla scena interamente impegnati in questo sacro atto di consegna, se ne fanno attraversare e, per così dire, annullare. L’oggetto che tentano di trasmettere, del resto, è davvero incandescente. 

Chi ha avuto occasione, anche solo una volta, di vedere allestita una drammaturgia di Testori probabilmente potrà rievocare una sensazione di ammirazione per l’interprete e per la sua capacità di affrontare i vorticosi ingorghi di parole del testo. Nessun attore, del resto, osa avvicinarsi a un cimento tanto impegnativo, se non è sorretto da capacità tecniche e da una sconfinata ammirazione per l’autore. Ma nel rievocare ora la nostra esperienza di spettatori, dovremo probabilmente ammettere anche di averla trovata faticosa, di esserci forse distratti, di non aver compreso proprio tutto. Talvolta ci siamo forse sentiti come davanti a una sequenza di plié e salti di un danzatore classico: ammirati e distanti. Nella Bottega, sorprendentemente, questa impressione svanisce. 

Gli attori e le attrici hanno imparato a memoria la lettera del testo, l’hanno masticata per mesi, hanno ripetuto i copioni così tante volte che ora li propongono con la semplicità giocosa di una filastrocca per bambini, e riescono persino a improvvisare liberamente in linguaggio testoriano. Non eseguono le drammaturgie: se ne sono appropriati, le hanno incarnate come i lettori clandestini di Fahrenheit 451

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Le tre opere scelte da Latella sono riscritture e ripensamenti (“imbastardimenti o strozzamenti” li chiama Testori) dell’Amleto shakesperiano. La prima è una sceneggiatura di un film che non verrà mai girato, scritta nel 1970; si passa poi al più celebre Ambleto, che nel 1973 inaugura la stagione del neonato Pier Lombardo a Milano; si approda infine a Post-Hamlet (1983), scritto per Gli Incamminati e ancora inedito. Durante le sei serate di apertura al pubblico, al Rossini di Pesaro, poteva accadere di ascoltare per intero una delle tre opere sopra menzionate; di sentire solo pochi versi, ripetuti alla nausea fino a quando – ecco, ora! – cominciano a suonare con il giusto ritmo e con il giusto colore; oppure di scoprire uno degli ‘studi’ che ciascuno degli otto interpreti ha composto in modo autonomo durante i mesi di lavoro a partire da suggestioni personali.

Hamlet, Amleto, Ambleto, il “prenze” di Elsinore (o di Lomazzo). L’eco di quel nome, come un’ossessione collettiva, rimbalza da un’improvvisazione all’altra, di battuta in battuta, dal palco alla platea. Di un vero e proprio assillo, del resto, parla lo stesso Testori nell’introduzione a Post-Hamlet: “Perché tanta dipendenza, tanta impossibilità a staccarsi dall’enorme ed eminentissimo personaggio?”. Forse, leggendo questa domanda lasciata qualche decennio prima dal collega lombardo, sarà parso ad Antonio Latella di averla appuntata lui stesso, o di averla sentita formulare da una qualche famigliare voce interiore che condivide il suo stesso rovello.

Chi ha avuto la fortuna di assistere, nel 2021, al debutto del terzo (!) Amleto di Latella al Piccolo Teatro (o di vederne le repliche nel 2022) ricorderà forse la semplice immagine che apriva lo spettacolo: un leggio con un copione, e un attore che legge le prime battute dell’opera. Intorno a lui, una comunità di attori e spettatori che lo aiuteranno nell’ennesimo attraversamento di Shakespeare. È qui, in tutta la sua difficilissima semplicità, la chiave di accesso allo spettacolo di allora, ma anche all’itinerario pedagogico di BAT. Non c’è chi possieda un’interpretazione più complessa o più corretta su Amleto o sulla drammaturgia testoriana. Non c’è un attore a cui sia richiesto di salire su un podio, e di mostrare la sua capacità o la sua conoscenza. C’è piuttosto una piccola collettività che si accosta in punta di piedi all’incommensurabilità di un capolavoro. 

Le fotografie sono di Antonella Marchionni e ritraggono momenti della prova aperta di Pesaro.

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