Speciale

Uno scassaminchia di professione

24 Febbraio 2012

Alle 17.27 del primo aprile 2009 ero a Milano, intento a spedire via mail l’ennesimo curriculum con due righe di accompagnamento. Non sono mai stato particolarmente bravo con le presentazioni, specie se si tratta di presentare me stesso. Quel giorno invece ero particolarmente soddisfatto, in due righe avevo fugato a me stesso ogni dubbio sulla mia natura: “Buongiorno, se vi può servire la collaborazione di uno scassaminchia (trad: autore dolcemente satirico) per professione come il sottoscritto (il cv è una paginetta scarsa, ma non leggetelo se non avete voglia) chiamate pure. Buona vita e buon lavoro”.

Dopo sei minuti, alle 17.33, mi risponde una donna, Grazia U., manager di una delle più grandi agenzie di comunicazione di Milano: “Gentile Signor Caldarella, La ringrazio, ma la nostra agenzia è al momento già in sovrannumero di scassaminchia. Forse non satirici come Lei, ma di sicuro più che sufficienti per le ns esigenze. Non mancherò di contattarla in caso si presentasse la necessità di qualche sostituzione. Distinti saluti”.

Come potete immaginare, la mia soddisfazione fu massima.

Fu come capire che Dio c’è, non importa come si manifesta, se come una nuvola nel deserto o come un ricettatore di professionalità. Qualcuno dall’altra parte della barricata c’è. Un messaggio è arrivato. Un altro è tornato indietro, non senza rivelazioni.

 

Prima rivelazione. Chi mi ha risposto non era tenuto a farlo, ma qualcosa dentro Le avrà sussurrato: “rispondigli, rispondigli”. E non perché era interessata al mio curriculum, ma alla qualità della Sua giornata lavorativa, che probabilmente era in dolce attesa di una scossa, di un diversivo. Insomma, il caso e la necessità, come direbbe Jacques Monod, non muovono tutto. C’è anche il piacere. In fondo, anche Grazia U. avrà goduto nell’applicare il codice deontologico dello scassaminchia.

Da collega ho apprezzato, come se Maometto e la montagna si fossero incontrati a metà strada.

 

Seconda rivelazione. Sapevo di avere mentito definendomi un “autore dolcemente satirico”, chi conosce il segno lasciato dalle mie dolci carezze satiriche lo sa. Il punto è un altro: quella parola stava lì come un ossimoro, ma era funzionale alla creazione di un mio alter ego che speravo potesse e volesse lavorare al posto mio. Io non so quanto ne avessi voglia, ero come la volpe alcolista che rinunciava all’uva perché aveva visto di meglio: un bel tino ricolmo di vino. Dall’altra parte, invece, la mitica Grazia U. ha risposto alla menzogna amplificando il Suo piacere con gli strumenti messi a disposizione da decenni di ottimizzazione e standardizzazione delle modalità di comunicazione. Sono diventato un “Gentile Signor” con la S maiuscola, un “Lei” con la L maiuscola, un superfluo rispetto alle “ns esigenze” con la n minuscola. L’affondo finale venne con il “Distinti saluti”, lì ho avuto la chiara percezione di essere stato fottuto. Con una menzogna. In due anni non sono stato mai ricontattato. E non ho mai replicato alla mail di Grazia U., non avevo intenzione di rovinare quel picco di poesia che eravamo riusciti a raggiungere. Altro che un banale lavoro.

 

Intanto ho fatto altre cose. Pagate, non pagate, poco importa.

Però so che da qualche parte, in giro per la penisola, in qualche azienda è stata creata la posizione di “scassaminchia”. Certo non saranno ricercati come gli idraulici, ma rimane pur sempre un lavoro gratificante. Un “no grazie” è sempre meglio del silenzio. Una collezione di “no grazie” è già la premessa per un libro. Basta così, se non Vi siete scassati a sufficienza la minchia, potete protestare con l’editore e i curatori di questa rubrica.

Hanno fatto collaborare uno che non sa fare il suo lavoro. Distinti saluti.

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