Milano, Lia Rumma / La carezza dell’arte di Ettore Spalletti

8 Maggio 2022

Ogni opera di Ettore Spalletti è una carezza verso l’osservatore, delicata, quasi impalpabile, sensuale come la stessa ‘polvere’ di colore che connota la produzione dell’artista. O meglio, è come una mano messa a coppetta nel duplice gesto del dare e del prendere, dell’accogliere e dell’essere accolto. È un abbraccio che, nella sua estrema tattilità, mantiene intatto il contatto con i sensi e dunque con il corpo stesso di chi la sta osservando.

 

Spalletti nasce nel 1940 a Cappelle sul Tavo, in provincia di Pescara. Pur essendo coetaneo agli artisti dell’Arte povera, del Minimalismo e dell’Arte concettuale, non si avvicina a nessuna di queste ricerche: la sua è, e rimarrà sempre, un’indagine in solitaria, tesa a superare l’azzeramento e lo strappo assoluto rispetto alla tradizione e alle valenze spirituali dell’arte avvenuti negli anni Sessanta, per invece reintegrare corpo e spirito, dimensione emotiva e oggetto, attraverso bellezza, tradizione e materiali sublimi come l’oro.

 

Libreria (particolare) 2018 ph. Matteo Ciavattella Courtesy Galleria Lia Rumma, Milano | Napoli e Studio Ettore Spalletti.


Nel corso della sua vita, terminata l’11 ottobre 2019, ha tenuto numerose mostre personali in prestigiose istituzioni e ha partecipato alle più importanti rassegne internazionali, tra cui alle edizioni VII e IX di Documenta (1982 e 1992) e alle edizioni XL, XLIV, XLVI e XLVII della Biennale di Venezia (1982, 1993, 1995 e 1996). Quando varchiamo la soglia di una sua mostra personale o anche solo di una sala dove sono esposte sue opere, si ha sempre la sensazione di entrare in un luogo accogliente, che ci abbraccia e ci protegge; solo in seguito il nostro sguardo inizia a focalizzarsi sulle singole opere. Ciò a cui Spalletti dà vita, infatti, non sono tanto ‘opere’, nel senso tradizionale del termine, quanto spazi di raccoglimento dove non serve parlare, ma viene naturale stare in silenzio, in solitudine, avendo tuttavia la sensazione di avere qualcuno vicino che ci sta prendendo per mano: il Colore. Lo spazio espositivo sembra cristallizzato nel colore delle sue opere. Il colore diventa quasi architettura; un’architettura praticabile poiché pensata per essere vissuta nel nostro muoverci, nel nostro osservarla da prospettive differenti. Per questa ragione il concetto di accoglienza, come soglia tra pubblico e privato, tra bisogno di solitudine contemplativa e desiderio di contatto con l’osservatore, è un valore fondamentale per comprendere l’intera ricerca di Spalletti. 

 

Il fatto che le sue opere cerchino di innescare un contatto, un’esperienza fisica ed emotiva nello spettatore, emerge dalla loro stessa superficie. Pur sembrando apparentemente affini alla pittura monocroma, non lo sono affatto; basta avvicinarsi per scoprirlo, così come basta conoscere il processo tecnico che le ha generate. L’artista, tutti i giorni alla stessa ora per 10/15 giorni, stende su una tavola un impasto di colore; poi sorveglia il tempo di essiccazione grazie al quale il colore acquisisce una vera e propria trama. Tutto avviene in un solo istante, quello in cui l’impasto di colore si sbriciola e, grazie alla rottura dei pigmenti, trasforma la superficie colorata piatta originaria in una ‘non superficie’, in un’area viva e pulsante, dove il colore sembra non finire mai e muoversi dall’interno verso l’esterno e viceversa. Il colore dato per 10/15 giorni sulla tavola è quindi diverso da quello che emerge alla fine del processo: il colore originario si spolverizza e sbianca, facendo emergere il bianco contenuto nella stessa preparazione dell’impasto. 

 

Exhibition view ph. Werner J. Hannappel Courtesy Galleria Lia Rumma, Milano | Napoli e Studio Ettore Spalletti.


La valenza concettuale del lavoro di Spalletti, tuttavia, non sta tanto nel processo tecnico con cui realizza le opere, quanto nell’importanza attribuita al colore e al rapporto del colore con la luce. Tant’è vero che sovente i titoli dei suoi lavori non sono altro che descrizioni del colore e della materia di cui sono costituite; si veda ad esempio Impasto di colore eco rosso-azzurro, tuttotondo, blu di Prussia

“Il rapporto con l’arte è andare ogni giorno in studio, passeggiare all’interno, guardarsi attorno”, spiega l’artista: “Accorgersi d’improvviso di un colore che si avvicina, provare a fermarlo, sentire ancora la forma, pensare alle linee della geometria: orizzontale, verticale, obliqua, curva. Poi rompere la geometria stessa, la sua rigidità, riempiendola con una materia che, come fumo, si frantumi in pulviscolo sottile”. I colori caratterizzanti il suo lavoro, infatti, sono atmosferici, nella consapevolezza che ogni minima differenza di luce dà nuovo colore al colore. Nello specifico, per Spalletti l’azzurro è il colore dell’aria che ci circonda: pur essendo trasparente, ci avvolge e ci accompagna sempre.

 

Il rosa, invece, è il colore dell’incarnato che si trasforma continuamente in base alle nostre sensazioni fisiche ed emotive. Infine, il grigio è il colore dell’accoglienza in quanto, essendo neutro, accoglie con naturalezza tutti gli altri colori. Questi tre colori sono i più ricorrenti nella produzione dell’artista che li declina in molteplici sfumature differenti. Col passare degli anni si sono poi aggiunti altri colori, come il rosso porpora e il blu, che però possono considerarsi varianti molto più forti e decise del rosa e dell’azzurro. Sovente i colori sono circondati da cornici rastremate con la foglia d’oro, come a proteggerli, a conferire loro la sacralità dell’icona antica. 

Qualsiasi sia il colore prescelto, la non piattezza della superficie colorata rende l’opera viva, a evocare la non piattezza del cielo, dell’incarnato, dell’atmosfera attorno a noi che non sono mai uguali a se stessi. Inoltre, ogni opera di Spalletti vive nel rapporto del colore con la luce reale che la accarezza e che ne modifica la percezione. Nel corso del giorno, con lo spostarsi del sole, l’opera sembra modificarsi davanti al nostro sguardo, così come allestendola in un’altra zona del medesimo spazio dove l’illuminazione è diversa. 

 

Exhibition view ph. Werner J. Hannappel Courtesy Galleria Lia Rumma, Milano | Napoli e Studio Ettore Spalletti.


I colori non caratterizzano soltanto le tavole colorate sospese alle pareti singolarmente, oppure in coppie o a creare vere e proprie installazioni ambientali, ma connotano altresì le carte, gli alabastri, i marmi di Spalletti a cui l’artista spesso attribuisce specifiche forme recuperandole dalla storia dell’arte, come l’uovo (probabilmente citazione da Piero della Francesca), il libro, la fontana, il vaso, l’anfora, la colonna. L’artista fa proprie le forme che hanno attraversato tutta la storia dell’arte per rivederle con gli occhi della contemporaneità e dare loro il colore del proprio tempo. Coniuga perciò tradizione e contemporaneità, passato presente e futuro. Anche grazie al profilo delle montagne che spesso appare nelle sue opere su carta, rinvia a un’idea di paesaggio morandiano, fatto di oggetti e forme ‘polverose’, silenziose, desiderose di attivare un rapporto, seppur a distanza, con lo spettatore. 

 

Non è un caso che Spalletti sia legato alla dimensione fisica della polvere: oltre al riferimento al pulviscolo atmosferico, si pensi alle opere in alabastro intitolate Portacipria, oppure alla fotografia in cui egli tocca, raccoglie e spalma al suolo la polvere. In particolare, il rapporto tra la superficie rigida del supporto (tavola, marmo, alabastro, suolo) e la superficie morbida del colore polverizzato, sta alla base dell’intero suo lavoro tanto da renderlo delicato, non assoluto, ma connaturato a una dimensione di precarietà: sebbene sia proibito farlo, se lo toccassimo reagirebbe, registrando le tracce della nostra mano.

Il tema della luce è un tema fisico, spirituale, emotivo. Il colore è già in sé luce illuminante; è un confine, una soglia, un intervallo. Spalletti lavora sugli intervalli tra gli spazi, che sono gli stessi intervalli che dividono i nostri corpi. Nelle sue opere, dunque, la trasformazione della materia e del colore, in realtà, parla della trasformazione dei corpi. 

 

Exhibition view ph. Werner J. Hannappel Courtesy Galleria Lia Rumma, Milano | Napoli e Studio Ettore Spalletti.


Se quindi l’intervallo assume una precipua rilevanza nel suo lavoro e se, come detto inizialmente, ogni sua opera è una carezza, una mano posta a coppetta nel duplice gesto di accogliere e di essere accolto, allora l’essenza della poetica di Spalletti è già implicita in quella matitina bianca che egli è solito nascondere tra la parete e le tavole dipinte quando queste aggettano dalla parete stessa. Bianca come la purezza dello spirito, leggerissima, elegante, sospesa nell’aria, la matita, peraltro a doppia punta, vive nella duplice azione simbolica di mantenere la tavola in aggetto rispetto alla parete e al contempo di essere sostenuta in aria dalla tavola stessa, senza precipitare a terra, nel vuoto dell’intervallo tra la parete e la tavola. È in quella matitina bianca sospesa nell’aria che si racchiude il segreto dell’eternità; quella dimensione che Spalletti desidera cristallizzare nel colore di ogni sua opera.

 

La mostra da Lia Rumma

 

Dal 1 aprile 2022, la sede milanese della Galleria Lia Rumma dedica una mostra a Spalletti, dopo dodici anni dall’apertura della sede della galleria in via Stilicone avvenuta proprio con una personale dell’artista. Il progetto, a cura dello Studio Ettore Spalletti, è stato concepito e avviato da Spalletti prima della sua scomparsa nel 2019.

La forza della ricerca dell’artista è evidente fin dalla prima sala della mostra, al piano terra della galleria, dove sono esposte due sole sculture: Colonna nel vuoto (2019) e Ellisse (2016), quest’ultima composta da un uovo bianco in marmo e da tre piccoli piedistalli bianchi a base rotonda ma tagliati verticalmente a ricavare una superficie rettangolare dipinta di un azzurro molto tenue. Entrambe le sculture sono di dimensioni molto più piccole rispetto al grande spazio in cui sono collocate, ma riescono a dominarlo totalmente, come se il loro colore diventasse architettura. È stato Germano Celant a sottolineare l’importanza della scelta dell’artista di specifiche forme e volumi: “Per condurre un discorso sull’apparizione della sostanza pittorica e sui suoi effetti di riverbero e di affioramento […] Spalletti ha ridotto al massimo la presenza dei volumi, la cui formalizzazione, che dà corpo a una colonna o un parallelepipedo, una coppa o un bacile, dipende da uno sviluppo geometrico elementare, legato alle figure del quadrato e del triangolo, del cerchio e dell’ellisse”. 

 

Exhibition view ph. Werner J. Hannappel Courtesy Galleria Lia Rumma, Milano | Napoli e Studio Ettore Spalletti.


Al primo piano della galleria, invece, sono allestite opere realizzate nel 2019 dal titolo Dittico, oro, ciascuna costituita da due tavole di due colori differenti, separati da una linea verticale e racchiusi in una cornice rastremata sui lati ricoperta di foglia d’oro. “Sono dittici, prima erano tavole separate”, racconta l’artista: “Ora ho voluto che l’abbraccio dei colori si depositasse su un’unica tavola, divisa da una linea verticale”.

La mostra si conclude al secondo piano dove è allestita l’opera forse più toccante dell’intera esposizione: una grande installazione di quasi 1.500 libri, allineati sugli scaffali di una sequenza di librerie, ciascuna con libri di un colore diverso. Le pagine in carta velina dei libri non recano scritte, ma sono intrise di colore, così come le loro copertine. Il colore diventa spazio in cui si può entrare, spiega Spalletti: “ho pensato a questa stanza come se fosse un quadro che si dispiega sulle pareti. Come entrare in una stanza-biblioteca, con un quadro da una parte e un quadro dall’altra”. 

 

A corredare questa grande installazione, due opere su carta dipinte, separate dalla rispettiva cornice da una sottile linea d’oro e al centro della sala una scultura di tre elementi blu che accolgono un libro aperto e un vaso di fiori.

Visitando la mostra, la sensazione è quella di entrare in un tempo altro, sospeso, che guarda sia il passato sia il futuro attraverso la lente rassicurante del colore. Ad emergere dal percorso espositivo è altresì un ritratto metaforico dell’artista che corrisponde perfettamente alla citazione riportata alla fine del comunicato stampa, dove, parlando dei libri di carta velina, egli afferma: “la matematica, la poesia / la letteratura, la filosofia / la religione, la musica / la pittura, la scultura / il disegno / mi hanno regalato / buone maniere, la voce bassa / leggerezza nei movimenti”. È la calviniana leggerezza, come un “planare sulle cose dall’alto”, uno dei tratti peculiari della poetica di Spalletti che ha il merito di aver riportato, e di portare ancora oggi, al centro dell’arte il nostro atavico bisogno di silenzio, contemplazione interiore, accoglienza e spiritualità.

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