L'antisemitismo dei poveri

12 Novembre 2018

Tempo fa mi venne chiesto come mai leggevo molti libri. E risposi: “Il vivere è indecifrabile e solo i libri possono aiutare a comprenderne almeno provvisoriamente qualcosa”. Avevo ragione, ma, a pensarci bene, la risposta era ovvia. Che cosa mai si potrebbe afferrare della relatività generale o della meccanica quantistica senza rincorrerne almeno il senso attraverso i libri, le montagne di libri che spiegano queste teorie a noi, il volgo ignaro di matematica? E la vita e la storia sono assai più complesse di qualsiasi teoria scientifica, e anche questa è una ovvietà. Non vi sembra?

Così, oltre ai libri nuovi, mi sono messo a rileggere i classici, certo , ma anche quelli che dormicchiavano nella mia libreria, e ne ho tratto una conclusione agghiacciante: la prima volta non ne avevo capito un granché, mentre adesso mi si spalancano spazi sconfinati degni di quelli del Lontano Occidente.

Per “colpa” di Silvio Zamorani ed. e della sua ottima nuova edizione del saggio di Guido Fubini (1924-2010), L’antisemitismo dei poveri, l’ho affrontato di nuovo dal lontano 1984. E solo ora ho compreso cose che: “Voi umani neppure potete immaginare…”.

 

Di Guido Fubini sono stato amico, amico per la pelle, per tutta la vita e dunque questa è stata, finora, la più utile delle mie riletture: quando ho avuto bisogno di delucidazioni, ho potuto rivolgermi all’alter ego dell’autore che adesso vive dentro di me. Infatti l’antisemitismo è uno dei fenomeni più enigmatici della Storia, della vita, della morte. E non si finirà di studiarlo. Mai. 

Con un’occhiata all’indice potrete constatare che i capitoli del libro sono intitolati quasi tutti con la parola “rifiuto” che significa negazione, ostilità all’ebraismo e agli ebrei: dei neri d’America e d’Africa, europeo, araboislamico, ebraico, fascista, sovietico, socialista, israeliano...

 

Il primo capitolo dedicato ai neri d’America e d’Africa, è il primo perché Guido si arrovellava per l’antisemitismo dei poveri, ma quello dei neri d’America dava un profondo dolore a lui, seguace di Martin Luther King, pastore protestante, leader dei diritti civili, grande amico degli ebrei americani.

Il capitolo nove, invece, s’intitola “La responsabilità ebraica”, ed è da questo che intendo cominciare. Stiamo parlando di un libro di cento pagine e alla responsabilità ebraica sono dedicate quattro pagine soltanto, più che sufficienti peraltro a far comprendere che proprio dentro il giudaismo, inteso come civiltà, sta una causa innocente del rifiuto degli altri. Guido si limita a indicare i tratti fondamentali della civiltà giudaica, e a questa icastica elencazione vorrei aggiungere (sentito lui!) un fatto della mia vita. Più di una volta mi sono sentito chiedere da amici non ebrei: “Perché mai, a differenza di me, che posso non esser più cattolico punto e basta, tu invece che come me non sei più credente, continui imperterrito a definirti ebreo?”. Se avessi seguito i dettami di Guido, avrei potuto rispondere: “Perché l’ebraismo è la mia identità e a quella non posso rinunciare. Perché, sì, sono ebreo, ma anche italiano, europeo, occidentale e cosmopolita”. Agli ebrei quindi si chiede di cessare di esistere quanto meno dal punto di vista culturale, abrogando la nostra celebre doppia identità. Dopo la Shoah perfino il filosofo storicista Benedetto Croce commise questo errore, nella desolazione per la enormità dei crimini incomprensibili perpetrati dal nazifascismo.

 

Molte riflessioni le dedica alle superficialità e sottovalutazioni della radicalità dell’antisemitismo fascista di molti storici e politici non solo italiani, e io gliene aggiungo uno di adesso che lui non poté leggere: Emilio Gentile, storico che stimo profondamente, ha scritto di recente un libro molto bello sulla svolta del fascismo dalla dittatura al totalitarismo, situandola giustamente nel 1938, senza tuttavia dedicare una sola riga, una sola, alle Leggi Razziali. Non mi risulta poi che molti storiografi, salvo il De Felice, abbiano individuato nei Patti Lateranensi del 1929 il fronte opportunistico di supporto all’antisemitismo che aveva allora molto corso nel cattolicesimo ancora antigiudaico. Mussolini acchiappò gente come Padre Gemelli e godette delle flebili recriminazioni vaticane limitate al “vulnus” della abolizione del matrimonio Paolino. Scrivo, s’intende, di Pio XII, non dell’antirazzista Pio XI che fu imbavagliato dopo morto.

Per quanto si riferisce al rifiuto che chiama araboislamico, islamico ripeto, profetizza alcune delle nostre convinzioni di oggi: la filosofa Donatella Di Cesare in Terrore e modernità (Einaudi ed.2017) scrive del neoislamismo di morte che pullula nel Web, strumento di falso pensiero degli arabi in Europa di seconda o terza generazione, confinati senza speranza alle periferie delle Metropoli. Poveri, appunto.

Guido poi dice: 

 

 

“V’è una incongruenza tra la considerazione di Israele come fatto coloniale e l’obbiettivo del riconoscimento reciproco del diritto all’esistenza e all’autogoverno degli israeliani e dei palestinesi come condizione della pace nel MO: è un obbiettivo che può porsi solo se poniamo in dubbio la verità del fatto coloniale”.

Stupenda l’analisi del rifiuto ebraico, che riassumo qui in una serie obbligata di accettazioni che si rivelarono fallaci. “Agli ebrei tutto come individui, nulla come Nazione” sancì la Rivoluzione Francese dal Terrore a Napoleone, e questo significò di fatto l’assimilazione che rese gli ebrei ancora più inermi: dalle conversioni di opportunità, come quella della famiglia Marx, della famiglia Mendelssohn, di Gustav Mahler, di Arnold Schoenberg (che tornò all’ebraismo all’inizio delle persecuzioni), all’Affaire Dreyfus, agli ebrei nelle trincee della Prima Guerra Mondiale (su quanti ebrei austriaci può aver sparato il mio papà, a Rovereto, caporale del Regio Esercito dal ‘15 al ‘18?). E infine la Shoah.

 

Fallita tragicamente l’assimilazione, ebbe nuovo impulso il Sionismo, cioè, diremmo oggi, forse con dispiacere e troppa semplificazione, il sovranismo ebraico. Ma i haverim del Mapai e del Mapam convinsero me ragazzino che il socialismo avrebbe reso realizzabile il sogno sionista. Mah.

Nel capitolo “il rifiuto fascista”, Guido ha puntualizzato gli incredibili errori, le incredibili mancanze dell’analisi marxista che purtuttavia lui stesso sa utilizzare quand’è opportuno. 

Guido poi sa affrontare con la freddezza che io non possiedo il rifiuto sovietico e quello socialista. L’antisemitismo è una passione degenerata, direbbe Spinoza, un morbo che può infettare chiunque, anche i poveri, e questo è lo scandalo che sta alla base di questo nostro libro che, per l’appunto, si intitola L’antisemitismo dei poveri.

 

Guido ha sempre militato nel Partito d’Azione e cita alla lettera l’azionista Carlo Rosselli, che così scrisse nel 1930: 

“È ancora più grave che i marxisti sottovalutino costantemente le ideologie e i pretesi fattori “irrazionali” che sono le passioni. Basti riflettere al fatto, veramente impressionante, che il nazionalismo resiste alle necessità economiche. In tempo di bonaccia, gli inconvenienti di questi fenomeni sono relativi, in tempo di crisi o di rivoluzione, le conseguenze possono rivelarsi decisive. In questi momenti, la vita politica si trova in stato di incandescenza e può essere modellata nei sensi più contradditori a causa del ruolo immenso che svolgono gli elementi irrazionali. Questo fenomeno sfugge normalmente ai fedeli del materialismo storico, in modo che essi finiscono per apprezzare in modo erroneo le forze in gioco. È una cosa che può essere constatata in maniera tipica all’inizio del movimento fascista”.

Quando vi sarete ripresi da questa citazione, inquietante per la sua attualità, passate a quest’altra citazione contenuta nel libro di Guido. Lev Trotskij, in un’intervista in Messico del 1937, rispose:

“Mi chiedete se la questione ebraica esiste nell’URSS: sì, esiste, allo stesso modo in cui esiste la questione ucraina, quella georgiana e perfino quella russa. L’onnipotenza della burocrazia soffoca lo sviluppo della cultura nazionale, così come la cultura tout court. Peggio ancora, il paese della grande rivoluzione proletaria sta attraversando un periodo di profonda reazione: se l’ondata rivoluzionaria ha risvegliato i migliori sentimenti di solidarietà umana, la reazione termidoriana ha fatto riaffiorare quello che vi è di più basso, oscuro, arretrato in questo agglomerato di 170 milioni di persone. Per rinforzare il suo dominio, la burocrazia non esita a ricorrere, senza neppure sforzarsi troppo di mimetizzarle, a certe tendenze scioviniste, soprattutto all’antisemitismo. Il recente processo di Mosca, per esempio, è stato impostato con l’evidente proposito di presentare gli internazionalisti come ebrei, infidi e senza regole capaci di vendersi alla Gestapo”.

 

Essere ebrei è sempre un rischio, ma, talvolta, può accrescere la capacità cognitive.

Il pensiero umano è una cattedrale gotica irta di cuspidi, di archi rampanti, di pilastri, senza pareti, con immense finestre ogivali colorate. Quello di Guido risulta essere una cattedrale gotica nella fase della sua costruzione.

Se leggerete il libro, o andrete a Barcellona a contemplare la Sagrada Familia di Antoni Gaudì in fase di perenne, progettata, costruzione, potrete constatare di persona ciò che intendo.

 

Roma, 29 ottobre 2018 

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