Fenomenologia di Peppa Pig

13 Novembre 2013

Peppa Pig è ovunque. La serie inglese di cartoni animati per la prima infanzia ha in pochissimo tempo oscurato (letteralmente!) tutti i competitor: Barbabapà, topolini e paperini vari, i famigerati Teletubbies e perfino la sempregialla ApeMaia 3d. Veloce e inesorabile si è rivelata la trionfante scalata della serie verso l’egemonia.

 

I cui segni sono chiari a chiunque fra i trenta e quaranta (tq?) si ritrovi alle prese con qualche figlio piccolo: predominio assoluto sul palinsesto di Rai YoYo, saturazione di ogni interstizio commerciale della vita del moccioso telespettatore, dall’igiene intima (pannolini e mutande di Peppa Pig), alla socializzazione (zainetto, astuccio portapenne, giocattoli e peluche), alla nutrizione (merendine, patatine e perfino, ironia della sorte, il salame!), fino al momento della nanna (pigiami e lenzuola). Peppa Pig riesce a proliferare come ai bei vecchi tempi mass, secondo un modello di business broadcast che per i piccoli non sembra essere stato veramente soppiantato dalla rete: il sindacato di quel che resta degli edicolanti dovrebbe farle un monumento.

 

 

Ma cosa chiede davvero Peppa al bimbo circuìto dai mass media? Peppa Pig è una maialina antropomorfa in un mondo popolato da altri mammiferi con i quali condivide la stessa ‘quasi umanità’. Dico ‘quasi umanità’ perché i personaggi della serie, pur essendo sostanzialmente umanizzati, oltre alle sembianze, mantengono alcune caratteristiche della classe di animali a cui appartengono: i maiali grugniscono e adorano rotolarsi nel fango, i canguri portano in pancia i loro piccoli e saltano più in alto di tutti.

 

Ne viene fuori un sistema perfetto, in cui ogni cittadino della Peppa-città è genuinamente tagliato per il mestiere che svolge e continuerà a svolgere per tutta la vita, proprio in funzione delle sue caratteristiche animali. Si capisce chiaramente, allora, che al Signor Toro toccheranno i lavori pesanti, a Madame Gazzella di educare i bimbi con inusitata leggiadria, mentre al solito Signor Volpe (a chi se no?) sarà riservato il ruolo dell’idraulico.

 

Questo quadretto di personaggi e situazioni interagisce in una città immersa nella natura, una specie di città giardino che non ha nemmeno bisogno di risanare da qualsivoglia degrado urbano ma che, come tutte le città giardino, divide, parcellizza, separa i propri cittadini. Ecco che ognuno dei personaggi (eccezion fatta per Rebecca Coniglio) vive in una specie di villetta in cima al suo cocuzzolo attraversato da una sola strada, in cui transitano berlinette monofamigliari a tenere traccia delle relazioni sociali fra i componenti della comunità.

 

In uno scenario “politico” così malinconico della perduta medietà piccolo borghese, si inseriscono sprazzi di originalità, che rappresentano il vero fascino di Peppa Pig: li ritroviamo, frugando in famiglia, già dalla sigla vera protagonista della serie.

 

 

Ad un primo sguardo, la scena familiare sembra confermare l’impianto borghese pocanzi evocato, mamma-casalinga, papà-amministrativo e sovrappeso oltre ai due figli, Peppa e George, moderatamente discoli e sufficientemente capricciosi. Se si distoglie lo sguardo dalla petulante Peppa e dal suo fratellino, si può, però, riflettere su quanto al centro di un vero e proprio cambiamento antropologico siano proprio i genitori, vero target della trasmissione. Dietro la grigia prevedibilità dei loro ruoli, infatti, si nasconde una vera e propria riconfigurazione del modello famigliare. Mentre il papà non fa altro che elaborare scartoffie in ufficio, la mamma sperimenta il telelavoro, riuscendo vincente nella sfida tecnologica.

 

Ciò le permette di rimanere a casa con i bimbi durante il giorno ma allo stesso tempo di acquisire un ulteriore vantaggio sul marito, quello di poter bilanciare una moderna attività “cognitiva” di elaborazione di informazioni attraverso il computer al talento manuale e bricoleur richiesto nell’ordinaria gestione della casa. Succede così che Papà Pig, seppur apprezzato al lavoro, si riveli un vero e proprio inetto nello svolgimento delle più semplici attività di bricolage, tradizionalmente ascritte al “maschio di casa”.

 

Perfino piantare un chiodo può essere per lui un’esperienza umiliante a tal punto da nasconderne l’insuccesso alla moglie. Di regola, tocca a lei portare a termine, con la giusta nonchalance, i piccoli compiti domestici a cui il marito non riesce proprio a far fronte. È vero che a questa inettitudine egli risponde con un plus di affettuosità: sempre amorevole e premuroso con i bimbi e con la moglie, egli cerca di riproporsi come perno emotivo della famiglia.

 

A peggiorare le cose giunge l’intrusione dei nonni nei già precari equilibri familiari. Essi sono portatori di un modello tradizionale che guarda con profonda riprovazione a un riassetto di questo genere. Nonno Pig eccelle esattamente laddove il povero figlio fallisce. Nonno è un perfetto uomo dell’era meccanica, monta e smonta con chiavi e bulloni, costruisce treni, sommergibili, sa occuparsi dell’orto e non manca di rimproverare a ogni occasione possibile il proprio figlio, cresciuto nell’era dello schermo, per la sua inettitudine. In una puntata, il conflitto fra questi due universi tocca l’apice.

 

Si tratta del resoconto della gita al “Castello Ventoso”, in cui la famiglia decide di fare un picnic fuori porta. Se il papà decide di affidarsi alla mappa per trovare il luogo indicato, la mamma (al volante della macchina!) rivela il suo scetticismo in proposito. Gli infausti presagi di smarrimento si verificano puntualmente. E solo il nonno, interpellato d’urgenza via cellulare, riuscirà a salvare la famigliola guidandola a destinazione con le proprie indicazioni, non dopo avere biasimato l’eccessiva fiducia del figlio nell’utilità delle mappe.

 

Se è vero che in questo caso si assiste a una vera e propria degradazione dell’autorità paterna, non è un caso che la storia trovi un lieto fine (la celebrazione della scampagnata), suggellando la composizione di un equilibrio familiare allargato (nonni compresi), un tutti vissero felici e contenti che è a tutti gli effetti nuovo.

 

La rappresentazione di una tale colossale trasformazione della configurazione famigliare è la regola di ciò che sta succedendo alle famiglie dei trentenni di oggi in tutto l’occidente.
Ecco, forse la chiave dello strepitoso successo di Peppa Pig è proprio questa: permettere alle famiglie di oggi di riconoscersi all’interno di una grande narrazione epocale, ritrovata casualmente in un testo marginale.

Se continuiamo a tenere vivo questo spazio è grazie a te. Anche un solo euro per noi significa molto. Torna presto a leggerci e SOSTIENI DOPPIOZERO