La libertà intorno

22 Febbraio 2016

Nietzsche ha vissuto a Torino tra il settembre del 1888 e il gennaio 1889, in una casa al quarto piano sulla piazza Carlo Alberto. La trovava una «città magnifica e singolarmente benefica», in cui «mangi come un principe» e i gelati sono ottimi. Poteva ascoltare Il barbiere di Siviglia suonato in maniera eccellente pagando solo «la consumazione, con un piccolo sovrapprezzo», «e com'è bella la città quando il cielo è grigio!». Questo dicono le sue lettere. Questo lo scenario del suo crollo psichico.

 

Nell'ottobre 1944, durante l'occupazione tedesca, l'amministrazione fascista della città fa porre la targa monumentale, realizzata dallo scultore Edoardo Rubino. L'imbarazzante testo è di Concetto Pettinato, dalla fine del 1943 direttore de «La stampa» e megafono della durezza con cui la Rsi aveva stretto il pugno sulla città.

 

L'amore del filosofo tedesco più sovrainterpretato di sempre è stato ricambiato dalla città, che gli ha saputo dare brillanti lettori. Il luogo, tra Palazzo Carignano, la Biblioteca Nazionale e la Casa littoria, è uno di quelli che ne hanno viste tante, anche dopo: legato al movimento studentesco sul lungo periodo, dall'occupazione del 1967 di Palazzo Campana (dal nome del comandante partigiano Felice Cordero di Pamparato) fino al mercatino dei libri scolastici usati durato fino ai tardi anni Ottanta, la “piazzetta” è stato luogo di scambio, organizzazione e antagonismo politico, musicale, estetico (i dark!), per non dire della tossicità che in molti non riescono a dimenticare. Caleidoscopio di sperimentazioni sociali nella motor city fordista che mutava sensibilmente.

 

All'angolo della piazza ora c'è una pizzeria: d'inverno, tra il pattinaggio sul ghiaccio e una giostra d'antan, dove un cavallo maltrattato faceva esplodere qualcosa nella mente dell'uomo che voleva essere dinamite, cerco sempre un fantasma con i baffi spioventi. La mole antonelliana gli ricordava il suo Zarathustra: «L'ho battezzata Ecce homo, e mentalmente l'ho circondata di un enorme spazio libero». Questa è l'unica lapide del periodo fascista che non è stata tirata giù nel dopoguerra.

 

«In questa casa/ Federico Nietzsche/ conobbe la pienezza dello spirito che tenta l' ignoto/ la volontà di dominio/ che suscita l'eroe/ qui/ ad attestare l'alto destino/ e il genio/ scrisse "Ecce homo"/ libro della sua vita / a ricordo/ delle ore creatrici/ primavera autunno 1888/ nel I centenario della nascita/ la città di Torino/ pose/ 15 ottobre 1944 a. XXII e.f.».

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