Rigoni Stern ecologista

2 Dicembre 2025

È difficile misurarsi con un presente storico pieno di crepe e scossoni, c’è un gran daffare intorno al frantumarsi dei paradigmi e alla ricerca di nuovi orizzonti gnoseologici, le discipline sono in pericolo, e l’AI rompe, rompe sempre più. Conclusione, si fa per dire, si dorme male e ci si sveglia con angoscia. Come ha detto l’ottantacinquenne Margaret Atwood qualche giorno fa: «Siamo nel pieno di una tempesta perfetta. […] Come possiamo farcela? Gli unici che staranno benone nel futuro saranno gli scarafaggi» (Vite da Atwood, intervista a Repubblica-il Venerdì, 31ottobre 2025). Questo è l’autobus in cui ci è toccato salire.

Ci rimane, tuttavia, il laboratorio interiore in cui è depositata la nostra vita vissuta e dove si costruisce il possibile di quella che ci resta, e questa è la vera area di gioco in cui possiamo misurarci concretamente. Un gioco molto serio, dove fantasia e eros possono ancora generare il desiderio di vivere. C’è qualcosa di più importante? Ma andiamo con ordine.

Guardandoci in giro, fiutando l’aria che tira, ascoltando i suoni si intercettano le cose preziose che ci stanno attorno, soprattutto certe riflessioni che diventano delle vere officine in cui lavorare con i nostri propri attrezzi e farle diventare strumenti per costruire a nostra volta il nostro personale percorso. Nella “tempesta perfetta” bisogna stare, ma diciamo che ci si può stare anche un po’ meglio. È questa la riflessione offerta dalla mostra Mario Rigoni Stern. Ecologia, impegno civile e cura dei luoghi allestita al Palazzo Bomben di Treviso dalla Fondazione Benetton Studi Ricerche (fino al 21 dicembre 2025) a cura di Massimo Rossi, direttore della Fondazione, e di Gianbattista Rigoni Stern, figlio dello scrittore. È un rinnovato invito (dopo quello di Asiago del 2023) a riscoprire l’impegno civile di Rigoni Stern (1921-2008) per un corretto rapporto con il mondo naturale e animale, attraverso la sua attività intellettuale, il rapporto con gli artisti, i numerosi interventi su quotidiani e riviste, le lezioni magistrali, le interviste, la collaborazione con la Regione del Veneto. Con un fitto calendario di eventi paralleli dedicati alle molteplici sfaccettature del suo attivismo, a partire dalla letteratura (molto significativa la sezione dedicata al rapporto con Primo Levi).

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La ricchezza della mostra ci fa vedere la ricchezza del seminato di Rigoni Stern, della sua profondità etica che non si ferma a una facile “ideologia ecologica”, perché la sua prospettiva è di tipo antropologico in cui l’ambiente assume dimensioni costitutive. “Mai come oggi – scriveva – l’uomo che vive in Paesi industrializzati ha sentito la mancanza di ‘natura’ e la necessità di luoghi: montagne, pianure, fiumi, mari, dove ritrovare serenità ed equilibrio; al punto che viene da pensare che la violenza, l’angoscia, il malvivere, l’apatia e la solitudine, siano da imputare in buona parte all’ambiente generato dalla nostra civiltà” (Uomini, boschi e api, Einaudi, 1983, p.VI).

In un presente tellurico lui era uno che si concentrava sull’elenco delle cose indispensabili da salvaguardare, uno che, mentre la nave affonda, non pensa ad altro che a caricare dell’essenziale la scialuppa di salvataggio. Con l’occhio sempre attento soprattutto ai più giovani. “Ma qui – diceva – nella casa sul monte è più semplice trovare la misura della vita perché le stagioni volgono e hanno un senso, e la notte pure, e l’alba. Anche il lavoro: le patate, la legna, il fieno, gli animali domestici. E i prodotti non hanno il prezzo in denaro ma in vita e infine costano meno, tanto di meno, dei prodotti del Supermercato che non si pagano solo in moneta ma anche con la libertà e la fantasia” (Ecologia non è una moda (1976) in Ecologia, impegno civile e cura dei luoghi p.31).

Osservato in questa dimensione il “dettato” di Rigoni Stern appare come una sorta di subconscio che lavora dentro. Che aiuta a elaborare, a suggerire, a impedire, come l’Arte di cui lo scrittore di Asiago era rappresentante e generoso “attivista” (intensissima la sua collaborazione soprattutto con i pittori). Se è vero, come scrive Umberto Galimberti, che “l’orizzonte antropocentrico è completamente dissolto perché il potere non è più dell’uomo, ma della tecnica che dètta al presunto detentore del potere (l’uomo) la sua utilizzazione, rendendo quest’ultimo mero esecutore delle possibilità tecniche, le quali si esercitano sulla natura e sull’uomo che passivamente le subiscono” (U. Galimberti, Le disavventure della verità, Feltrinelli, 2025), quel subconscio non può che assisterci e difenderci dalle voragini antropologiche del presente. Questo mi pare sia il valore più genuino del lavoro di Mario Rigoni Stern, è come se avesse costruito una vera interiorità fatta di natura in senso stretto che ora si è depositata e sedimentata nella nostra “anima” e da lì agisca.

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Rigonistern è il nome dell’asteroide n.12811 scoperto dagli astrofisici dell’Osservatorio di Asiago nel 1996 e dedicato allo scrittore. Un riconoscimento, conferito in vita, proiettato nel futuro a significare l’importanza che l’autore di Il sergente nella neve ha acquisito in una esistenza dedicata al naturale. Come se da lì, in un’estremità dell’universo, egli continuasse a suonare la nostra musica umana. Invitando noi a un esercizio dell’immaginario che lui stesso amava fare: “Ogni tanto – scrisse nel 2004 – vado a rivedere una bella fotografia ripresa da novecentodieci chilometri sopra la nostra testa dal satellite Landsat e la osservo nel silenzio della mia stanza. […] Guardo, ricordo, immagino: come sarà stato questo paesaggio due o tremila anni fa? Mille? Già nella mia lontana infanzia, visto da quest’altezza sarà stato diverso. Come sarà tra cento anni?” (Uno sguardo dall’alto, in Ecologia, impegno civile e cura dei luoghi, Fondazione Benetton Studi Ricerche-Antiga, 2025, p.33).

Ecco l’elaborazione che ci serve, una riflessione che Rigoni Stern ci suggerisce a partire da un “ambientalismo interiore” capace di mettere in moto gli ingredienti fondamentali della fantasia e del desiderio, come si diceva prima. E quel suo subconscio ci serve di fronte a una realtà in qualche modo diseredata/detronizzata dalla tecnologia. La mostra lo conferma. E da un laicissimo lassù, dall’asteroide Rigonistern, lo scrittore di Asiago ci sprona: “Veneto: pianura intensamente popolata che da agricola è diventata industriale, passaggio tra Nord e Sud e tra Ovest ed Est dell’Europa, la prima regione turistica d’Italia, ora terra di immigrati e di multi produzione; alle spalle le montagne. Saranno le montagne la salvezza?” (Uno sguardo dall’alto, p.40).

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