La partita sentimentale

11 Dicembre 2025

Tanto tanto tempo fa si parlava di “struttura” e “sovrastruttura” (Marx) per distinguere la vita dell’organizzazione economica materiale da quella della nostra vita mentale. Ora, sia detto alla buona, la psiche del singolo è studiata e sorvegliata al punto che io decido di fare ciò che mi viene imposto. Le sovrastrutture sono diventate strutture esse stesse. Ma il singolo, per nostra fortuna, continua a perdersi, a smarrirsi, a “volere altro” senza ben sapere questo altro che cosa sia. Nel contesto baumaniano del “fluido” contemporaneo la tensione desiderante rimane comunque viva: la mia giornata è fatta di un dovuto necessario, ma anche di un invisibile potenziale. Averne coscienza ci obbliga alla dinamica, ci costringe alla ricerca incessante.

E anche l’amore, la più umana delle dinamiche, si deve adattare, anche la “sovrastruttura” dell’amore deve rivedersi e mettere a punto gli adeguamenti che la possano far reggere al nuovo odierno. È questo il tema di Amore e libertà. Per una filosofia del desiderio (Feltrinelli 2025) di Pietro Del Soldà, una delle voci amiche di Radio Tre che ogni mattina ci aiuta a riflettere sul nostro esistere oggi. Nella nostra epoca, scrive Del Soldà, “ci attrae l’amore come ‘fusione’, quello che aspira a fondere i due amanti in una cosa sola, ma ci seduce anche, all’opposto, il culto dell’identità personale che se ne sta nel suo recinto ad attendere il riconoscimento degli altri e viene anteposta a ogni relazione coinvolgente” (p.11). L’attrazione amorosa confligge con l’istanza dell’indipendenza e la coppia può non essere più la sola prospettiva di vita. La situationship (la relazione sentimentale e fisica non definita) si diffonde e penalizza la relationship (la relazione stabile). L’amore mi serve purché non mi vincoli, purché non mi leghi a un’identità. Noi abbiamo bisogno d’amore e di libertà. In questo senso l’”amore libero” (l’eleutheros eros socratico) si pone anche come questione politica, “forse la più importante”, dice l’autore.

È una realtà che si è andata formando – dopo che il sociale ha inglobato gli scossoni libertari degli anni Sessanta, dopo che le donne hanno demolito l’albero patriarcale, dopo che in fabbrica è arrivato il postfordismo – quando è arrivato il neoliberismo e il “socialismo” si è fatto social. Fa bene Del Soldà a mostrare le (nuove) ferite dell’amore, è giusto far vedere come l’Io si oppone all’eros affievolendo la tensione vitale.  È una denuncia molto opportuna, anzi urgente, affinché si attui una nuova “filosofia del desiderio”, appunto. Da quando l’Eden monogamico non può più reggersi sull’impalcatura patriarcale, l’amore deve giocoforza reinventarsi sottoforma di energia primaria fondata sulla fragilità del riconoscimento reciproco. “L’amore va mantenuto e coltivato nella sua insuperabile vulnerabilità, non è un bottino, non è una preda da mettere nel sacco. L’etica dell’amore si regge su tale fragilità: proprio qui risiede, per quanto paradossale ciò possa suonare, la sua vera forza. La stessa forza che anima il corpo fragile della democrazia” (p.91).

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Stiamo assistendo allo sfarinamento del Sé, della nostra proiezione sociale su cui lavoriamo incessantemente tramite la rete. La partita sentimentale è sottoposta agli schemi del dating (“attività di conoscere persone per un appuntamento, spesso tramite app e siti online, con intenti sentimentali o di coppia” Wikipedia). Come si dice in un gustoso articolo sui neo-deliri: “è come se l’idea stessa di intimità si fosse spostata dal contatto umano al ‘sta scrivendo…’. C’è questa nuova forma di pudore, quasi ascetica: l’amore, ma senza la carne” (Giada Biaggi, L’amore, ma senza la carne, D-Repubblica, 15.11.2025). Di fronte alle potenzialità mostruose del digitale, cosa potrà mai il nostro cuoricino ancora analogico in cui alberga l’“inerzia” cioè il nostro essere “sonnambuli, depressi e impotenti” (così titola l’articolo particolarmente pregnante di Luigi Grazioli qui in Doppiozero dedicato a Breve storia della nostra inerzia di Matteo Ciampa, il Mulino, 2025).

Tanto tanto tempo fa si parlava di “reificazione” (Marx), del diventare cosa di chi soggiaceva al sistema di produzione economica, ed eccola di nuovo, la reificazione: oggi noi continuiamo – dice Del Soldà – “a confidare nell’assioma secondo cui l’intera realtà, quella che ci circonda e persino quella che si agita nei meandri della psiche, sia costituita da codici e numeri. (…) Quest’oggettivazione della realtà ingabbiata a forza dentro una rete di algoritmi è l’ultima derivazione di quel processo di astrazione dalla complessità del reale inaugurato con il taglio che separò l’anima dal corpo” (p.161).

Nel lucido percorso, direi quasi didattico, proposto da Del Soldà vediamo il formarsi e il disfarsi dell’idea dell’amore, da Platone all’on-life, sino all’appello per una “riattivazione di Eros” che sembra aderire all’analisi che ormai anche la scienza “dura” propone. Come scrive, ad esempio, il fisico Carlo Rovelli nel suo ultimo libro: “Viviamo felici in questo spazio tra ignoranza e certezza. Quando osserviamo e studiamo il mondo, non siamo soggetti trascendenti distinti dal mondo. Siamo parte di quel mondo che conosciamo e descriviamo. Non siamo stranieri nella realtà: siamo a casa. […] Il resto del mondo è come noi: un sistema fisico. È nostro fratello di sangue. Ogni parte interagisce con un’altra come noi interagiamo con gli altri e con il resto del mondo. Siamo di fronte al mondo non come un «io» di fronte a un «questo», ma come un «me» di fronte a un «te». Siamo nel mondo, qui, e siamo a casa nostra” (C. Rovelli, Sull’eguaglianza di tutte le cose. Lezioni americane, Adelphi 2025).

La relazione, un “me” e un “te”, rimane l’abitat della “libertà dell’amore” e “la vera minaccia [sono] le griglie digitali [che] ingabbiano la nostra vita, i nostri desideri e le nostre relazioni con ancora più forza delle filosofie e delle religioni che, nel passato, strappavano l’anima dal corpo riducendo l’una e l’altro a due feticci inservibili. La riattivazione di Eros richiede da parte nostra lo sforzo immane di sottrarci a questa sottomissione. Uno sforzo pienamente filosofico”. Perché è “‘il divino Eros’ – conclude Del Soldà – che (…) unisce l’anima al corpo in una danza incessante che li rende indistinguibili e non ammette dualismi” (p.161).

Lo direi con la grandezza di Clarice Lispector, “Qual è l’elemento primario? Devono essere stati subito due perché ci fosse il segreto movimento intimo da cui sgorga il latte” (Acqua viva, Adelphi 2017, p.31).

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