Speciale

Casola Valsenio / Paesi e città

12 Febbraio 2011

Non succedono molte cose da queste parti, ammesso che mai ne siano successe.

Siamo finiti sul Resto del Carlino l’altro ieri, nella pagina delle cronache del comprensorio Faentino, giusto perchè un cacciatore ha sconfinato nell’oasi protetta del Cardello per non farsi scappare un cinghiale ferito.

Gli ha dato il colpo di grazia proprio nell’aia del custode del parco. Stava legandogli le zampe aspettando che gli altri della squadra lo raggiungessero, giusto per fare il gradasso, ma sono arrivati prima i Carabinieri e la Forestale: 7 mila euro di multa e tanti saluti al cinghiale.

Doveva fare come Don Leo, il parroco di San Rufillo, che ha lottato a mani nude con un lupo per un capriolo, e quando è riuscito a spuntarla, se l’è caricato in spalla e l’ha sepolto con tutti gli onori nel freezer.

Non succedono grandi cose, tutto qua.

Abbiamo avuto qualche riflettore puntato durante la guerra, giusto perchè eravamo intorno alla roccaforte della Linea Gotica. Più che sotto i riflettori, eravamo al centro dei mirini dei Lancaster quadrimotore della RAF o dei Junkers Ju 188 della Luftwaffe, a seconda di chi in quel momento aveva conquistato la cima. Più di duecento morti tra i civili, in un paese che da un anno all’altro è passato da settemila a tremila anime scarse.

Ogni tanto qualche anziano mi ferma per strada o mi fa telefonare dai figli. Mi spiegano che sono tutti sciancati e ammalati, ma che hanno la memoria buona e quegli anni li se li ricordano come fosse adesso. Mi chiedono di starli ad ascoltare, per poi scrivere la loro storia. “Non ne troverai di storie così” mi dicono. Probabilmente è vero,  solo che non farei più altro per il resto della vita. Sono così tanti!

Non che ci sia da fare molto altro.

Non sono più i tempi delle adunate degli squadristi per celebrare il nostro celebre concittadino Alfredo Oriani. Venivano da tutta Italia, Duce compreso.

Qua ridevano tutti, perchè celebravano un tizio che andava in giro nudo per il paese. Per gli altri era un Vate, per noi era Il Matto del Cardello.

Ogni tanto si stacca un masso dalla riva, cade in fondo con un grande fracasso e dal fiume si alza una nuvola di polvere  che arriva fino a Piazza Sasdelli.

I vetri delle finestre del centro storico tremano.

I pensionati si accalcano contro la ringhiera del muraglione, e guardano di sotto, e commentano, con le mani agganciate dietro alla schiena; tutto ricorderanno, tutto.

Magari viene la neve e qualche strada sterrata di campagna   cede. Al mercato del venerdì ti vedi arrivare in paese il vecchio Tozzi con l’asino, perchè con la Panda è impossibile andare in giro: infila le buste della spesa dentro a un sacco di liuta, che sistema di traverso sul dorso della bestia, e se ne torna a casa. Bellissimo.

Tutto questo nel gennaio del 2011, nel nord Italia.

Non succedono grandi cose qua, ma già così è abbastanza.

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