Marco Cavallo: sfrattare la liberazione?

26 Ottobre 2022

Dopo le polemiche di questi giorni sullo sfratto di Marco Cavallo da un capannone del comune di Muggia, abbiamo intercettato un messaggio del magico simbolo della liberazione dai manicomi. È arrivato a Peppe dell’Acqua che, giovane psichiatra negli anni settanta, fu uno dei compagni di avventura di Franco Basaglia a Trieste, con lui protagonista dello smantellamento dell’istituzione totale e dell’apertura della psichiatria all’ascolto profondo dei malati e al loro reinserimento nella vita.

È proprio un messaggio suo, del pupazzo gigante (ma forse sarebbe meglio chiamarlo immagine profonda, archetipo, icona) costruito nel 1973 nel Laboratorio P dell’Ospedale psichiatrico San Giovanni di Trieste da alcuni artisti insieme a un gruppo di ricoverati: un quadrupede nitrente in legno e cartapesta alto quattro metri, azzurro come il cielo, controfigura di un cavallino che varcava i cancelli serrati del manicomio portando dentro e fuori la biancheria, cavallo di Troia dei desideri di rompere le mura della reclusione dei malati. La sua pancia conteneva oggetti, desideri, sogni, speranze. 

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Foto Scabia Manifesto 4, Laboratorio P Ospedale psichiatrico di Trieste, 1973.

Marco, essendo una meravigliosa creatura dell’immaginario, è abituato a dialogare con gli umani: una prima preghiera la indirizzò al presidente dell’Amministrazione provinciale di Trieste nel 1972, quando era ancora un animale di carne e ossa e incombeva su di lui la minaccia di essere macellato. Chiedeva un dignitoso “pensionamento” nella struttura per “meriti lavorativi”. E lo ottenne. In cambio i pazienti si impegnavano a pagare per il suo mantenimento. 

Ora un altro pericolo incombe da qualche settimana sulla sua controfigura azzurra in vetroresina. Ma ascoltiamo la sua voce, spiegando preventivamente che la sua sede ‘ufficiale’ era un deposito della città di Muggia, vicina a Trieste, dove fu accolto una decina di anni fa dal sindaco Nerio Nesladeck. Quello è solo il suo ‘ricovero’, la sua stalla se volete, perché in realtà Marco è in continua tournée in manifestazioni dedicate a una psichiatria che accompagni le persone, sulla scorta dei principi ispiratori del lavoro di Franco Basaglia e della legge 180, che ha chiuso i manicomi.

Dice Marco, e Dell’Acqua riporta sul proprio profilo Facebook: “Di ritorno da uno dei miei ultimi viaggi ho trovato una lettera protocollata degli uffici comunali, che intimavano all'associazione che si prende cura di me e organizza i miei viaggi, di rimuovere al più presto "l'ingombro" Marco Cavallo.

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Trieste 1973, Marco Cavallo, foto Pierluigi Olivo.

Non potevo credere ai miei occhi, ‘Come!? Io? Ingombro?’ Ma non ho avuto il tempo di pensarci due volte che ho dovuto ripartire. Mi aspettavano a Castiglioncello per la grande mostra antologica di Giuliano, non potevo mancare. Ieri sono arrivato a Iseo dai miei amici della cooperativa Clarabella e andrò a Brescia ospite del Forum Salute Mentale. Vorrebbero tenermi per tutto l’anno della cultura. Partendo ero contrariato, nitrivo di collera. Salendo sul camion, – ingombro? Ingombro a me?! Mi hanno chiamato ingombro? – non mi capacitavo.

Quando tornerò non potrò salutare i miei amici muggesani, dove andrò quando ritorno? Non posso certo affrontare l’inverno con la bora e il gelo”.

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Foto Scabia Manifesto 4, Laboratorio P Ospedale psichiatrico di Trieste, 1973.

Di quello che è successo si è parlato parecchio negli ultimi giorni, con articoli di giornale, con appelli pubblici. Il sindaco leghista di Muggia è colui che ha definito “un ingombro” la scultura. E in parte non possiamo che dargli ragione: le icone, le immagini profonde, gli archetipi hanno il compito di ingombrarci la coscienza, di rovistarci dentro, di aprire le dimensioni più segrete dell’Io e della socialità.

E pochi lo fanno come Marco Cavallo: basta ripercorrere il libro che uno dei suoi padri, lo scrittore, uomo di teatro, sperimentatore rivoluzionario e soprattutto poeta Giuliano Scabia ha scritto, un diario dei due mesi del Laboratorio P a Trieste, gennaio-febbraio 1973. Con Vittorio Basaglia, pittore e scultore cugino dello psichiatra, con altri artisti, animatori, operatori sanitari e sociali allestì un padiglione vuoto come luogo di incontro e di libera espressione per i ricoverati.

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Foto Scabia Manifesto 7, Aurelio Cupelli.. Marco cavallo per le vie di SanMiniato 15 agosto 2012.

Creatività libera ma non lasciata a sé stessa: gli “artisti” (così si chiamavano per distinguersi dagli operatori del manicomio) proposero di costruire grandi oggetti. Per esempio una casa. Ma subito venne, dai matti, la proposta: facciamo un cavallo. Marco. Vittorio Basaglia lo progettò, tutti lo costruirono, inventarono le sue storie, le disegnarono, le cantarono e le recitarono, lo circondarono con un Paradiso Terrestre, immaginazione di bellezza e desideri. Per farlo uscire nella città, con qualche centinaio di ricoverati dietro, bandiere colorate e strumenti musicali, oltre i confini dell’istituzione totale, fu necessario abbattere vari muri e porte. Famosa è una foto in cui si vede Franco Basaglia con altri imbracciare una panchina di ghisa per sfondare un architrave. Il manicomio fu aperto, sventrato dall’immaginazione e dal bisogno di ritrovare la dignità piena delle persone.

Fu un grande momento per la psichiatria e per un teatro che voleva aprirsi, poeticamente, alla realtà e modificarsi in relazione con le persone. Uno dei motti esplosivi che guidavano Giuliano Scabia era preso da Witold Gombrowicz: “Coloro insieme ai quali canti mutano il tuo canto”. 

Eravamo all’inizio della lotta. Da allora Marco Cavallo molte volte è andato nel mondo. Un brutto giorno l’originale è perfino bruciato, ma è stato prontamente ricostruito. È diventato il simbolo della liberazione dal manicomio e da una psichiatria oppressiva. Una figura dell’utopia di Basaglia, che voleva, doveva diventare realtà.

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Da allora si è moltiplicato: un Marco Cavallo è stato costruito in Brasile, uno in Argentina, uno in Russia, uno ad Ankara. Uno piccolino, una specie di suo figlio, si trova presso il Centro Diurno Sperimentale di Latiano, una cittadina della provincia di Brindisi. Un Marco Cavallo sta a Jesolo e uno di acciaio è stato costruito da studenti di un Centro di formazione professionale di Ravenna, ed è stato collocato in un giardino. Un altro gigante azzurro sta a Fucecchio, opera degli Ortolani Coraggiosi, un centro agricolo di assistenza per i disabili psichici. Di recente un Marco Cavallo costruito con bottigliette di plastica raccolte sulle sponde del Ticino è stato inaugurato a Pavia, durante la manifestazione Per sentieri e per sponde, dedicata a quel grande affabulatore e immaginatore che fu Giuliano Scabia. Ma si sente dire, favola o realtà, che ormai sono diciotto i Marchi Cavalli in giro per il mondo

Ma l’erede della scultura originale è quello che era ricoverato a Muggia. È stato per buona parte dell’estate a Castiglioncello (Li), come totem della mostra Il poeta d’oro. Il gran teatro immaginario di Giuliano Scabia, un viaggio nell’opera e nella vita del poeta. Poi, come Marco stesso dice nel messaggio a Dell’Acqua, è andato a Iseo, e presto si recherà presso il Forum Salute Mentale di Brescia che, saputo dello sfratto, chiede di tenerlo per tutto il 2023, anno in cui la città di Brescia, con Bergamo, sarà capitale italiana della cultura.

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Trieste 1973, Marco Cavallo, foto M.E. Smith.

La presa di posizione del sindaco leghista di Muggia, che evidentemente vuole sbarazzarsi di un simbolo di liberazione, intelligenza, ascolto dei più fragili, annunciando il cupo clima di questa ‘nuova’ Italia che cerca di restaurare ‘valori’ del passato, sorpassati, ha suscitato un coro di reazioni e una gara di solidarietà verso Marco. Castiglioncello gli offre ospitalità. A Bologna parte una petizione di Educatori Uniti Contro i Tagli e un appello della Scuola Popolare di Musica Ivan Illich al sindaco per ospitarlo, nel caso in cui Trieste voglia sbarazzarsene. Volterra, Capitale Toscana della Cultura 2022, lo chiama a chiudere il suo anno. Perfino in Giappone si stanno occupando dell’affaire, grazie a un dialogo intavolato da anni con l’Associazione Arte e Salute di Bologna. Il gruppo consiliare “Adesso Trieste” rivolge un’interpellanza al sindaco del capoluogo, chiedendo di intavolare un dialogo con l’Associazione Franco Basaglia, proprietaria di Marco, per dargli una sede adeguata nella città di cui è diventato uno dei simboli più forti, Trieste.

“Marco Cavallo – mi spiega al telefono Peppe Dell’Acqua – ovunque vada, nelle strade, nei festival, nelle università, presso i dipartimenti di salute mentale, nelle carceri, mette in moto qualcosa. Non è un pupazzo e neppure forse solo un simbolo: è una macchina dell’immaginario. Quando lo portammo in Senato, per sostenere la causa della chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, il presidente Pietro Grasso fece un discorso straordinario: ‘Io non ho mai pensato di essere Caligola, ma vorrei nominare Marco Cavallo senatore, se tale provvedimento potesse accelerare l’iter della chiusura dei manicomi giudiziari’”.

A Muggia in Consiglio comunale sul fatto si è aperta una discussione dura. E così a Trieste. Dell’Acqua ha le idee chiare: “Si tratta di conti non risolti con Franco Basaglia e con la sua esperienza di liberazione”. Con i modi di affrontare la follia – aggiungo io –, il disagio, la marginalità, in un momento in cui si vorrebbe, con un colpo di spugna, ‘ripulire’ dagli ‘ingombri’. Ma quegli ingombri sono la nostra fragile meravigliosa vita. 

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Trieste 1973, Marco Cavallo, foto Pierluigi Olivo 7.

Conclude Dell’Acqua al telefono: “Ringrazieremo tutti quelli che lo hanno ospitato. Marco Cavallo torna al Forum Salute Mentale e all’Associazione Franco Basaglia. Andrà a Brescia, poi altrove. Basterà assicurargli un po’ di manutenzione. Di cura”. Quando è stato portato a Castiglioncello, vedendolo su un camion un benzinaio triestino ha esclamato: “Eh, poi lo riportate…”

Chiude così il suo messaggio allo psichiatra il trottante Cavallo della liberazione: 

“Amici amorosi, gentili e attenti, saputo che il sindaco Polidori leghista mi ha cacciato hanno cominciato a preoccuparsi, a chiamarmi, a costituire piccoli comitati. Tanti amici triestini. Gli allievi del Dams di Bologna dove Giuliano Scabia ha insegnato per anni chiedono cosa fare e mi offrono ospitalità. Anche gli amici romani della comunità di Sant’Egidio mi offrono ospitalità. Ora mi dicono che tutta la città parla di me e nei consigli comunali di Trieste e Muggia discutono con troppa animosità. So bene che non è di me che stanno parlando ma di Franco Basaglia. Di questo non posso che essere orgoglioso!

Ma io, la mia vecchiaia la voglio vivere a Trieste”.

Fonti e riferimenti:

Il messaggio integrale di Marco Cavallo a Peppe Dell’Acqua si può leggere qui:

Si possono trovare altre notizie:

qui  e qui 

Articoli dedicati allo ‘sfratto: 

leggi l'articolo qui
leggi l'articolo qui

Tra le varie prese di posizione:

leggi qui
leggi qui
leggi qui (Memoria corta e superficialità a destra e un po’ anche a sinistra, a proposito di Marco Cavallo)

Sulla mostra di Castiglioncello dedicata a Scabia:

Libri sull’argomento:

Giuliano Scabia, Marco Cavallo. Una esperienza di animazione in un ospedale psichiatrico, Torino, Einaudi, 1976, riedito nel 2011 con il titolo Marco Cavallo. Da un ospedale psichiatrico la vera storia che ha cambiato il modo di essere del teatro e della cura, Meran/Merano, Edizioni alpha beta Verlag, 2011 (con nuovi contributi)

Massimo Marino, Il poeta d’oro. Il gran teatro immaginario di Giuliano Scabia, Firenze, La casa Usher, 2022, in particolare il capitolo 3.

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