La distruzione della natura in Italia

4 Giugno 2023

Antonio Cederna è stato per anni il migliore, il più preparato e combattivo difensore del paesaggio nel nostro Paese. Tra i primi sostenitori di Italia nostra, insieme a Giorgio Bassani, Elena Croce, Giulia Maria Crespi, e altre belle menti della sua generazione, è stato il protagonista di tante battaglie civili combattute soprattutto scrivendo su Il Mondo di Mario Pannunzio, sul Corriere della Sera della Crespi, e su L’Espresso e la Repubblica degli anni migliori, ma anche negli interventi al Consiglio comunale di Roma e nella stesura di leggi in materia di tutela ambientale, specie durante il suo quinquennio in Parlamento (1987-1991). 

Memorabili e tutti da riscoprire, libri come I vandali in casa (Laterza, 1956), Mussolini urbanista. Lo sventramento di Roma negli anni del consenso (Laterza, 1979), Brandelli d’Italia. Come distruggere il Bel Paese (Newton Compton, 1991), l’antologia di scritti e proposte di legge curata da Andrea Costa e Sauro Turroni (Biblion, 2022). Nel 1975 Cederna aveva raccolto in un libro i suoi saggi e articoli più incentrati sulle tematiche ambientali, La distruzione della natura in Italia, pubblicato da Einaudi; leggendone la ristampa, pubblicata quest’anno da Castelvecchi, si resta impressionati dalla sua lucidità e preveggenza. 

Il libro contiene articoli pubblicati sul Corriere della sera tra il 1967 e il 1975. L’ampio saggio iniziale, intitolato Lo sfacelo del Bel Paese, è una completa e pungente sintesi, ricca di esempi concreti, dei pericoli e dei danni più gravi che minacciano o che hanno compromesso per sempre il nostro territorio. Seguono poi tre sezioni: la prima è dedicata all’erosione e alla cattiva gestione dei parchi naturali, la seconda allo sconvolgimento delle coste di mari e laghi, la terza al deficit di spazi verdi a Milano e a Roma, una capitale che definisce un «immenso e inquinato parcheggio di uomini e macchine, soffocante tavoliere di cemento interrotto dalle strade-crepaccio». Chiudono l’opera due approfondimenti, uno dedicato ai danni del traffico all’ambiente e l’altro alla carenza di spazi per sport leggeri e attività fisica nelle città.

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Leggendo, si resta sorpresi dall’attualità del suo metodo di indagine-approfondimento-denuncia, basato sullo studio e sulla conoscenza, sia scientifica (geologia, urbanistica, scienze naturali) sia umanistica, la storia soprattutto, e naturalmente l’archeologia. Dopo la laurea in Lettere Classiche all’Università di Pavia, nel 1947, si era infatti diplomato in Archeologia alla Scuola di Perfezionamento di Roma. 

Il suo stile, colto, razionale e sempre informato, era quello di un tenace illuminista incapace di rassegnarsi alla progressiva devastazione di quello che un tempo era denominato il Bel Paese. Un giornalismo d’inchiesta, il suo, dove l’indignazione civile era sempre congiunta alla sapienza documentale. Scriveva in modo rapido e incalzante, con frasi ricche di vocaboli e a volte di una tagliente ironia. Tante le riflessioni al tempo stesso fulminanti e profonde: «Nell’urbanistica si misura il livello di civiltà di un Paese», una frase che andrebbe incisa all’ingresso di ogni facoltà di architettura e ingegneria. Auspicava piani regolatori che fossero strumenti di armonico sviluppo tra il nostro passato storico e artistico, e un futuro sostenibile, da far rispettare con maggiore rigore normativo. Nel libro sullo sventramento del centro di Roma ad opera di Mussolini, analizza uno dopo l’altro i danni e le distruzioni irreversibili, realizzati in nome di un delirante recupero della romanità imperiale: interi agglomerati medioevali e rinascimentali, il colle della Velia e il grande giardino di Palazzo Rivaldi, decine di migliaia di metri cubi di reperti archeologici, e lo spostamento forzato di migliaia di abitanti dei quartieri abbattuti verso desolate e anonime borgate di periferia.

Riguardo alla progressiva distruzione di boschi e aree verdi, Cederna scrive: «alluvioni e straripamenti hanno poco di fatale, sono in gran parte frutto della nostra imprevidenza, poiché abbiamo sempre, sistematicamente, ignorato quella disciplina di base che si chiama “conservazione della natura” e dei suoi delicati e molteplici equilibri». Quando la pioggia cade su un territorio cementificato e asfaltato oltre misura, impossibilitato ad assorbire forti precipitazioni, cosa dovremmo aspettarci? La prima pagina del Corriere della sera del 10 ottobre 1977 proponeva un suo articolo dal titolo eloquente: Alluvione programmata. L’Italia annega nell’imprevidenza. A distanza di quasi cinquant’anni è cambiato qualcosa? Pensiamo a cosa sta succedendo in Emilia Romagna. Paolo Pileri, docente di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Bologna, il 4 maggio scorso, ha evidenziato su Altreconomia che si tratta della «prima Regione d’Italia per cementificazione in aree alluvionali», oltre che la terza Regione più cementificata del nostro Paese, con il 9% di suolo impermeabilizzato, contro il 7,1 nazionale. Il titolo di Cederna pare più attuale che mai.

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Cederna ribalta anche l’ideologica e grossolana prassi del pianificare “bonifiche & battaglie del grano”. Dopo decenni di «annientamento delle “zone umide”, lagune, paludi, laghi, stagni costieri, gli ambienti naturali più ricchi di vita e sostanze organiche», ne mette in evidenza l’utilità per la regolazione dei corsi d’acqua e la prevenzione di alluvioni e straripamenti, la termoregolazione del clima e la conservazione delle falde freatiche, la sosta per le migrazioni di molte specie di uccelli, la produzione di pesce di acqua dolce.

Nella sezione del libro dedicata ai nostri ottomila chilometri di costa, Cederna intreccia l’osservazione desolata degli scempi con l’analisi di cause e interessi, proponendo proposte di salvaguardia e possibili rimedi. Si batte contro lo sfacelo delle coste, contro certi mostruosi alberghi-alveari della costiera amalfitana, gli impianti balneari che lastricano e banalizzano interi litorali, la follia delle infinite villette in stile moresco-messicano. 

Nella terza parte denuncia la carenza di spazi verdi e vivibili nelle due più grandi città italiane, dedicando una particolare attenzione ai più giovani, al loro diritto di crescere in luoghi con alberi e prati, giocando e praticando sport all’aperto. Porta ad esempio l’urbanistica dei paesi scandinavi, propone idee, chiede attenzione. Ne va della salute, della crescita umana e sociale di più generazioni, spiega.

Il libro di Cederna, denso di fatti, di conoscenza e di idee, è aperto da una prefazione di Tomaso Montanari e un’ampia introduzione di Maria Pia Guermandi.

Chi erano i nemici dell’ambiente e del paesaggio per Antonio Cederna? Gli stessi di sempre: l’avidità e il cinismo di speculatori e costruttori, l’ignoranza e la mancanza di sensibilità di tanti cittadini comuni, l’assenza di cultura e di senso di responsabilità di molti politici. Denuncia l’ipocrisia di progetti mascherati come valorizzazione turistica e volti invece a speculazioni di breve periodo, realizzati illudendo la popolazione locale, lasciandole qualche briciola e tante irreparabili devastazioni. 

Quando ancora pochi si battevano contro il consumo di suolo, Cederna definiva il territorio non cementificato un patrimonio da amministrare con cura, per preservarne la bellezza e per difenderne la fragilità, fonte di innumerevoli sciagure. 

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Difende e contribuisce a salvare la via Appia dal devastante assalto dei palazzinari e di una immane lottizzazione: il Piano regolatore di Roma del 1965 e l’impegno del ministro Giacomo Mancini destinano a Parco Pubblico l’Appia Antica. Una delle battaglie vinte da Cederna. Non a caso, il suo immenso archivio (documenti inediti, manoscritti, foto, libri) è conservato e consultabile a Roma, presso il sito archeologico di Capo di Bove, lungo la via Appia Antica, al numero 222.

Cederna vede con sgomento e segnala, sin dagli anni Sessanta, l’aggressione alla montagna con il cemento e la ferraglia di impianti di risalita costruiti rovinando paesaggi di millenario splendore. Pochi capivano e ascoltavano allora, ma oggi che sensibilità e conoscenza sono assai più diffuse, l’assalto continua. Per arricchire pochi, stiamo perdendo un patrimonio naturale, quello delle Alpi, unico al mondo.

Lo scempio degli ultimi decenni è stato raccontato, in un recente pamphlet di Marco Albino Ferrari, Assalto alle Alpi (Einaudi, 2023), un libro che, almeno per il tema montagne, segue il metodo Cederna, per accuratezza di documentazione e di scrittura. Su questo tema, tra le pubblicazioni più recenti, segnalo anche Perdere l’equilibrio, a cura di Paola Favero, focalizzato sugli effetti dei cambiamenti climatici ad alta quota, tra boschi e ghiacciai, e Milano – Cortina 2026. Ombre sulla neve, di Luigi Casanova, sugli effetti collaterali e certo non positivi delle prossime Olimpiadi invernali.

Antonio Cederna era nato a Milano il 27 ottobre 1921; il suo centenario due anni fa è passato senza che dalle istituzioni e dal mondo intellettuale e scientifico venisse colta l’occasione di ricordarne in modo adeguato vita e opere al grande pubblico. Un articolo di Gian Antonio Stella sul Corriere, uno di Sergio Rizzo su Repubblica, entrambi da conservare e diffondere, uno speciale della rivista Micromega, alcuni convegni organizzati da Italia nostra. Chapeau a chiunque abbia scritto una parola per ricordare le battaglie di Antonio Cederna e organizzato convegni su di lui, ma occorreva fare molto di più. Il silenzio della politica è stato trasversale e desolante, è facile immaginare che tanti parlamentari non sappiano neppure chi fosse.

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Per difendere quel che resta, e non è poco, dell’ambiente naturale e del paesaggio in Italia, è utile e necessario rileggere le sue pagine, tenere memoria del suo modo di studiare, lavorare e battersi, per lui, per noi e per chi verrà dopo di noi. 

Cosa avrebbe pensato dei ragazzi che imbrattano monumenti e opere d’arte per sensibilizzare sul disastro climatico e ambientale in corso nel nostro pianeta? Probabilmente li avrebbe invitati a continuare nel loro impegno, ma studiando di più e informando di più, senza imbrattare alcunché. Ci pensano già altri a imbrattare il mondo, con ferocia distruttiva e per gretta avidità, trovate altri modi, ragazzi; magari il metodo Cederna: una buona conoscenza scientifica e umanistica, un serio lavoro di analisi di fatti, mappe e numeri, una denuncia di scempi e misfatti sempre documentata e ben comunicata. E tanta passione civile.

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