Richard Sapper: oggetti resistenti al tempo

12 Gennaio 2016

Due note: un MI e un SI. Fuoriescono dal beccuccio appena il vapore comincia a diffondersi. Avvisano che l’acqua bolle nel contenitore d’acciaio, nome: 9091. Le ha volute Richard Sapper, l’uomo dei dieci Compassi d’oro, uno dei designer più premiati, e insieme meno noti al grande pubblico, anche se i suoi oggetti sono nelle case di molti. Le note gli ricordavano i vaporetti fluviali della sua giovinezza, in Germania, dove era nato nel maggio del 1932. Quando all’inizio degli anni Ottanta ha proposto ad Alessi questo oggetto, Sapper voleva mettere fuori gioco lo sbuffo ansiogeno dei vecchi bollitori, il loro richiamo imperioso, e non certo melodioso. I bollitori sono nell’Est dell’Europa, ma anche nei paesi del Nord, l’equivalente delle caffettiere dei popoli mediterranei; un oggetto quasi sacro, una di quelle “cose” che creano la casa e la rendono abitabile. Il designer, scomparso qualche giorno fa, il 31 dicembre, all’età di 83 anni, ha progettato entrambi gli strumenti. Riservato, chiuso, gentilissimo, aveva studiato filosofia, ingegneria ed economia; teutonico, ma anche friendly, come la sua arte.

 

 

 

 

 

Dall'alto: Bollitore 9091, Alessi. Design di Richard Sapper, 1983; Caffettiera 9090, Alessi. Design di Richard Sapper, 1979. Premio Compasso d'Oro

 

Nel 1979 ha concepito la caffettiera 9090, sempre di Alessi. Si apre e si chiude con una mano sola, senza avvitare e senza svitare, con un colpo secco e deciso. Con una mano si manovra anche un altro pezzo notissimo di Sapper: Tizio di Artemide, una delle più famose lampade della storia del design. Pressoché perfetta sotto ogni punto di vista, Tizio è un organismo calibratissimo di pesi e contrappesi: assume qualsiasi soluzione nello spazio senza mai perdere l’equilibrio; e non si vede un solo filo pendente, se non quello che dal basamento va alla spina nel muro o sotto il tavolo. Da questi tre oggetti – strumenti li chiamava Sapper sempre molto attento all’uso delle cose, nemico della forma per la forma – si capisce quale siano le sue principali qualità: eleganza, efficienza, essenzialità. Tedesco nella formazione – aveva lavorato dapprima alla Mercedes-Benz per trasferirsi nel 1958 in Italia nello studio di Giò Ponti –, è assolutamente italiano per l’emozionalità che possiedono le sue creazioni. Nel bollitore 9091 l’emotional design si coglie nella superficie specchiante: l’ha voluto levigato. Se in Mendini, altro autore Alessi, la parte emozional è calda, in Sapper è invece più fredda, e tuttavia mai algida, perché ogni suo oggetto possiede un dettaglio caldo, quasi una decorazione: nella caffettiera e nel bollitore è il manico, oltre il fischietto, reperito dopo numerosi tentativi presso un artigiano della Foresta Nera. Sapper ha progettato di tutto – mobili, orologi, rubinetterie, computer, lampade, auto, biciclette –, ed è stato una delle anime del design italiano.

 

Dall'alto: Telefono Grillo, Siemens. Design di Zanuso e Sapper, 1966 Premio Compasso d'Oro; Lampada Tizio, Artemide. Design di Richard Sapper, 1972. Premio Compasso d'Oro e iF Design Award; ThinkPad 700c, IBM. Design di RIchard Sapper, 1992

 

Ha incarnato tra gli anni Sessanta e i Novanta una delle prerogative della produzione: creare oggetti belli seguendo il problem-solving: dare un senso alla forma, la bellezza quale risultato dell’utilità. Se si va a rivedere la serie dei televisori e delle radio disegnate con Marco Zanuso negli anni Sessanta, per Brionvega (i televisori Black, Algol, Doney, la radio portatile bivalve TS 502), oppure lo straordinario telefono Grillo, antenato dei cellulari, si scopre che Sapper ha interpretato al meglio l’idea di una linea italiana fondata su un’industria che coniugava artigianato e produzione in serie, qualità e quantità. Ernesto Gismondi, proprietario di Artemide, riferisce che un giorno del 1970 il designer tedesco-italiano gli telefonò per dirgli: “Ti ricordi che mi avevi chiesto di disegnarti una lampada estremamente funzionale e innovativa?”. Tizio è una delle prime lampade a utilizzare una lampadina alogena a basso consumo. Ogni soluzione estetica è per Sapper fondata sull’efficacia. Ha anche lavorato per IBM, progettato vari computer. Il suo più famoso è Think paf, pensato in collaborazione con un centro di ricerche in Giappone: nero, quando tutti i computer erano grigi; si presenta come una scatola di sigari chiusa, una vera sorpresa, e con il bottone rosso del Trackpoint al centro. Sapper ha anche detto no a Steve Jobs, che l’aveva contattato, attratto da questo personal per lavorare alla Apple. Avrebbe dovuto trasferirsi in California, ma preferì restare a lavorare a Milano, come ha dichiarato in un’intervista. Un’occasione perduta? Un unico rimpianto per lui, i 30 milioni di dollari all’anno guadagnati da Jonathan Hill chiamato al posto suo. Uomo di molte stagioni ha legato il suo nome anche all’età della plastica all’inizio dei fatidici Sessanta, quando l’Italia era all’avanguardia nel mondo. Bellissime le sue sedie per Kartell, compreso il seggiolino per bambini del 1964. Lui tedesco-italiano, che abitava una casa di legno e vetro, chiusa come un carapace, sul Lago di Como, una sintesi del suo carattere, come dice qualcuno, ha interpretato il Made in Italy come se fosse nato proprio all’ombra della Madonnina. Quando negli Ottanta il design italiano si è internazionalizzato, e sono apparsi i primi oggetti post-tecnologici, Sapper non si è lasciato travolgere da mode passeggere; non è stato neppure annichilito dal postmoderno di Sottsass e dello Studio Alchimia. Ha continuato a progettare con sapienza gli strumenti necessari per bere, mangiare, vedere, scrivere, viaggiare, calcolare. In una sua intervista ha sintetizzato la propria idea: “Il tempo è una delle poche cose che possono definire la qualità di un oggetto”. Chi ne possiede uno, sa che è così.

 

Questo articolo è già uscito su La Stampa.

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