Borgomanero / Paesi e città

11 Ottobre 2011

 

 

 

Per quale ragione sostituire le bellissime e funzionali lastre pedonali in granito di Alzo, che corrono lungo gli assi viari di Borgomanero dal 1892? È un’idea storta del nuovo che va avanti per inerzia dal secondo dopoguerra.

 

Salvo la croce dell’impianto urbanistico ora mutilata dai lavori in corso, e alcuni edifici storici, per il resto Borgomanero è una città sofferente alla quale manca il bello.

 

Progettata in funzione di cubature e posti auto, Borgomanero si riflette sulle superfici curve dei cristalli delle automobili assiepate nei parcheggi. Il fascino ottico degli oggetti nella cultura di consumo ha contribuito a creare una nuova estetica urbana e domestica: i profili carenati degli edifici in acciaio, quelli delle automobili di lusso.

 

Secondo il designer Andrea Branzi saranno proprio la raccolta e la ricollocazione degli oggetti a dare senso alla città post-industriale (Andrea Branzi, Music and Design, Les Numéros Flottent). Sotto la città significata dagli oggetti di consumo, e sotto altri strati della complessa geologia urbana che include anche le migliori espressioni urbanistiche e architettoniche dell’economia capitalista (Joseph Rykwert, Forma e sostanza, Le città/L’Europa), si trova la città significata dai segni geometrici tracciati dagli agrimensori nei riti di fondazione.

 

I numeri stanno al riparo, nella penombra.

 

Come per tutte le città italiane a schema ortogonale, la nascita di Borgomanero ha delle ragioni simboliche prima ancora che pratiche. Lo spiega bene Joseph Rykwert in L’idea di città: la mentalità antica concepisce il pratico in termini mitici e rituali. La città è un organismo complesso nel quale l’organizzazione simbolica dello spazio urbano svolge un ruolo importante per il suo rapporto con la lettura e l’interpretazione dei segni, che trova nel rito di fondazione della città antica una sua primitiva forma di espressione.

 

In periferia, la banale edilizia residenziale con giardinetti e lampioncini che al crepuscolo s’illuminano automaticamente. In questa luce Borgomanero mostra, oltre ai segni urbani della croce, del cerchio nella quale s’inscrive e della sfera, anche quelli criptici della campagna, disegnati dai platani lungo il fiume Agogna.

 

Non solo il paesaggio urbano ma anche quello agricolo e naturale è costantemente minacciato da uno sguardo che non sa leggere e interpretare i segni.

 

Nel film Medea di Pier Paolo Pasolini, il centauro-pedagogo Chirone, osservando la palude, gli alberi, i cespugli esclama: “tutto è santo, nulla è naturale”. Quando alberi e cespugli, e anche la “calma piatta delle tre del pomeriggio”, diventano segni prodigiosi del sovrannaturale da leggere e interpretare, il paesaggio entra nel campo della scrittura e della lettura. In questo modo si apre all’interpretazione e quindi al significato. Il discorso sulle immagini nel film di Pasolini sottolinea infatti il ruolo decisivo della parola e del racconto nel processo ermeneutico di interpretazione.

 

Il “territorio” è invece muto, chiuso ad ogni ermeneutica, a ogni interpretazione, “bene” ambientale e culturale, “patrimonio” da sfruttare economicamente. Cosa ben diversa sono le significative espressioni urbanistiche e architettoniche dell’economia capitalista di cui parla Rykwert.

 

È la cultura del “territorio” la vera causa di questa incapacità di leggere i segni con i quali la città è stata “scritta”, di vedere il bello in semplici lastre di granito che corrono spedite lungo le braccia di una croce. 

 

borgomanero in doppiozero from Aurelio Andrighetto on Vimeo.

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