Macron, Fillon, Le Pen, Mélénchon / Le parole dell'Eliseo

17 Aprile 2017

Questa è una breve analisi metaforico-concettuale di alcuni discorsi elettorali di quattro candidati alle elezioni presidenziali della Repubblica Francese, che si terranno il 23 aprile (primo turno) e il 7 maggio (secondo turno): il Discorso di Emmanuel Macron (En Marche!) a Bobigny del 16 novembre 2016; il Discorso di François Fillon (Les Républicains) a Parigi del 18 novembre 2016; il Discorso di Marine Le Pen (Front National) a Lione del 5 febbraio 2017; il Discorso di Jean-Luc Mélénchon (Parti de Gauche) a Parigi del 18 marzo 2017.

 

Emmanuel Macron e la marcia della giovinezza verso il mondo nuovo

 

Il movimento/partito di Emmanuel Macron si chiama En Marche (acronimo EM, come le iniziali del suo leader) e tutto l'impianto metaforico-immaginario del discorso (qui la trascrizione in francese) ripropone continuamente la medesima idea di marcia, cammino, movimento. La metaforica dominante è dunque quella della mobilità, del cammino, della marcia in avanti, dell'avanzata verso un mondo nuovo. Seguono, in ordine di frequenza, immagini convenzionali della politica come lotta, conflitto e combattimento contro l'avversario; convenzionali e trite sono anche le immagini tratte dal mondo dell'edilizia e riguardanti soprattutto l'edificazione (del progetto politico) e la costruzione di un nuova prosperità. Se logora è anche l'immagine della Francia personificata (stanca e impaurita, ma che grazie al nuovo progetto potrà rialzare la testa e andare in giro libera, fiera e speranzosa), più originale è il ricorso all'immagine della giovinezza. Macron dimostra così di allinearsi su posizioni di esaltazione della giovinezza per la giovinezza (sull'onda dell'analisi di Robert Pogue Harrison, L'era della giovinezza. Una storia culturale del nostro tempo, Roma, Donzelli, 2016, pp. XII-212), in quanto ricca di immaginazione e capace di scatenare nuove energie, forme, prodotti, colori e sensazioni.

 

 È contro la destra e contro la sinistra e contro le vecchie ricette del secolo scorso che Macron costruisce invece il suo (modesto) impianto concettuale che riflette la precisa volontà espressa dal candidato di non presentare un programma politico (sic), forse per non dover subire critiche. Un'invocazione al progresso economico e sociale (rafforzato dalla metaforica della marcia e associato al concetto di realtà) si associa all'esaltazione di talento e sforzo (l'equazione della meritocrazia, non però enunciata come tale); del lavoro e, ancora una volta, della mobilità e della giovinezza, nonché all'idea del rilancio dell'Europa, del rifiuto del sistema politico esistente e della riconciliazione tra libertà e progresso. Nonostante una citazione gramsciana (non citata come tale) quando si riferisce all'“ottimismo della volontà”, Macron non intende raccogliere il popolo di sinistra e nemmeno quello di destra bensì – ammiccando al populismo senza mai usare il termine “popolo” – i Francesi tutti intorno alla sua persona carismatica.

 

 

François Fillon, la grandeur e l'integrità dei politici

 

Il discorso di François Fillon è dei quattro qui analizzati il più accurato e articolato sia in immagini sia in contenuti concettuali. L'impianto metaforico è ricco ma si rifà anch'esso a immagini abbastanza convenzionali: avanzata, cammino, progresso da una parte; lotta, combattimento, attacco condotto con la forza dall'altra, sono i due campi metaforici dominanti. Accanto ad essi, alcuni riferimenti a fenomeni naturali (onde e venti, ombre, luci e fiamme) e persino al mondo del lavoro agricolo con doppio senso patriottico, se si pensa a un passo della Marsigliese: Fillon traccerà infatti un solco (mon sillon) col proprio progetto. È presente inoltre qualche riferimento alla metafora medica soprattutto in relazione a ciò che “manda in cancrena” la società, come l'Islam radicale con le sue “metastasi”, ma complessivamente è la marcia vittoriosa (ovvero l'unificazione dei due campi di cammino e lotta), ad essere prevalente in Fillon e a servire da contenitore per alcuni concetti e idee relativi soprattutto alla sovranità nazionale e alla grandezza e alla potenza francese (“amici degli USA, non loro vassalli”), nonché al recupero e all'esaltazione di prestigio, dignità e integrità morale, che vengono dichiarati apertamente come prerogative di centro-destra.

 

Una lunga parte viene dedicata alla libertà in termini di valore della destra per eccellenza (secondo Fillon); una libertà moderata però dall'autorità affinché non si trasformi in anarchia. Libertà (che si avvicina alla privatizzazione) per il sistema sanitario e scolastico. Altri concetti forti sono per Fillon la sicurezza, la giustizia (nel senso di sistema giudiziario che ha da essere rapido e fermo); la centralità della famiglia; l'integrazione e assimilazione (sic) degli emigrati e infine, e qui forse il nostro non è stato abbastanza attento a coniugare sullo stesso piano parole e fatti, l'integrità irreprensibile ed esemplare (sic) del Presidente e dei suoi ministri...

 

Marine Le Pen e le tre rivoluzioni

 

Sobrio di immagini (ma non di espedienti retorici, spesso alquanto raffinati) è il discorso di Marine Le Pen, che si richiama (partiamo questa volta dall'analisi concettuale), senza citarlo, a uno studio sulla modernità dell'economista venezuelano Moisés Naím che definisce la nostra l'epoca delle tre rivoluzioni. La triade di Naím è composta dalla «rivoluzione del più», dalla «rivoluzione della mentalità» e dalla «rivoluzione della mobilità» (Moisés Naím, The End of Power, 2013, guardacaso il primo dei libri consigliati in lettura al popolo di Facebook per il 2015 da Mark Zuckerberg...). Marine Le Pen propone invece una nuova triade con la «rivoluzione del patriottismo», «della prossimità» e «della libertà». 

Nel primo caso (la rivoluzione del patriottismo) dominano i legami, l'amor di patria, la solidarietà tra Francesi e la priorità nazionale (“prima noi”), nonché la presenza esclusiva in Francia di leggi francesi e valori francesi, che verranno trasmessi nei programmi scolastici dove domineranno (nelle scuole primarie) i saperi essenziali della storia di Francia e delle matematiche.

Nel secondo («la rivoluzione della prossimità») si riprende il principio evangelico di amare «il prossimo» e grazie a particolari forme di protezionismo e di controllo popolare lo si estende alla politica e all'economia.

 

Nel caso della terza rivoluzione, quella «della libertà», si proclama che la prima libertà è la sicurezza (pur affermando in seguito, e in maniera lievemente contraddittoria, che non si vuole sacrificare la libertà, soprattutto di internet, alla sicurezza); si esaltano i ruoli dello stato protezionista, della sovranità popolare e dell'ordine. Non più destra e sinistra (come per Macron), soltanto la Francia e i Francesi; in ogni caso un “Front National” ripulito dai rigurgiti dell' estrema destra e reso più presentabile, anzi talvolta addirittura ammiccante a tesi e motivi della sinistra tradizionale.

E le metafore? Innanzitutto Le Pen fa un uso moderato di immagini linguistiche; il suo è un linguaggio pragmatico, un po´ nello stile di Donald Trump, anche se non mancano espressioni che si rifanno al solito campo metaforico di lotta dei combattimento, qui il più usato, espresso in toni militari (riarmo morale, ritirata, riconquista). Qualche immagine dal campo medico (difese immunitarie della nazione, ormoni della crescita ideologica), dall'edilizia, dalla strada. Forte è invece l'uso di immagini vere e proprie, con valore simbolico, legate al mare e giocate sul senso del nome, “Marine” e “marine”, dal colore “bleu marine” all' immagine di lei al timone della nave Francia o infine quando guarda il mare avvolta in un mantello a mo' di Napoleone.

 

Jean-Luc Mélénchon e la società dolce e benevola

 

La prima caratteristica che salta decisamente all'occhio dal discorso di Jean-Luc Mélénchon, l'unico candidato dei quattro che si dichiari di sinistra, è quello che chiamerei il caos retorico. Di fronte alla disposizione chiara e distinta degli argomenti da parte di Le Pen, il discorso di Mélénchon appare sì appassionato, ma anche disordinato e caratterizzato da una serie di passaggi continui e improvvisi dall'uno all'altro argomento. Partiamo qui nuovamente dall'apparato metaforico, decisamente variato: alcune immagini linguistiche di lotta e guerra nonché di avanzata e cammino, ma in quantità decisamente minore che negli altri oratori. Immagini della natura (vento, onde, pioggia, luce e fuoco); di edilizia e costruzione (nel caso della pace); del libro e del mondo animale e in particolare delle sanguisughe e dei parassiti cui è paragonato il mondo finanziario. Qualche simbolo – anche Fillon ne fa uso – come la Marianna col suo copricapo da liberto o schiavo affrancato.

Immagini che servono a Mélénchon per veicolare, in maniera un po' casuale, alcuni concetti importanti quali il ritorno al popolo, tramite consultazione popolare referendaria, dopo che esso è stato tradito dai suoi governanti. Quindi anche la stesura di una nuova costituzione, di ordine sociale e soprattutto la proposta di una società benevola e dolce (parole nuove), democratica e pacifica, in cui predominino i valori di laicità che permettono la libertà di aborto, il suicidio assistito, la proprietà comune dei beni comuni inalienabili, la costruzione della pace. Originale e unica è l'idea di un' assemblea di membri scelti o per elezione o per sorteggio (una tematica che vede oggi alcuni convinti fautori).

 

E per conclusione...

 

Una considerazione generale a mo' di conclusione: si rilevano nei quattro discorsi parti che si sovrappongono, come negli insiemi matematici. La tematica della consultazione popolare referendaria e dell'intervento diretto del popolo in Le Pen e Mélénchon; il tema dall'avanzare, marciare, accelerare il passo in Macron e Fillon; la negazione dell'esistenza e del significato di destra e sinistra in nome della raccolta intorno a loro dei Francesi tutti in Macron e Le Pen; la grandezza e la potenza della Francia e l'educazione alla storia francese nonché l'esaltazione della libertà in Le Pen e Fillon. In tutti l'uso continuo comunque del “capro espiatorio”: un colpevole esterno sul quale scaricare colpe e responsabilità.

L'apparato metaforico dei quattro discorsi è in gran parte convenzionale e legato a luoghi comuni del linguaggio politico e non rivela grandi sforzi retorici di tipo creativo.

 

Intervento tenuto in occasione di "Paroles 2017. Strategie comunicative e corsa all'Eliseo", serata-dibattito organizzata dai praticanti "Accademia 2.0" (B. Camplani, P. Dedini, D. Medolago, G. Merlo, A. Pedrazzini e A. Wyttenbach) della RSI- Radiotelevisione della Svizzera italiana, Comano, lunedì 3 aprile 2017.

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