Emiliano Ponzi. Colpire nel segno

9 Settembre 2013

“Il manifesto non è un quadro, è una macchina per comunicare”, diceva Cassandre, forse il più di grande di quanti, dal primo Novecento a oggi, hanno contribuito a disegnare il volto moderno delle città, selve di colori e di messaggi.

Come a dire che certe immagini – quelle dei manifesti e della pubblicità, non solo a stampa, e la grafica, e l’illustrazione – viaggiano a una velocità diversa da quella che siamo abituati ad accordare alla pittura.
Sono immagini rapide, che funzionano solo se colpiscono nel segno chi le guarda, nei pochi attimi che hanno a disposizione prima che l’attenzione si sposti altrove, lungo la strada o tra le pagine che mancano alla fine del giornale.
Immagini sfrontate, che incrociano i nostri occhi per un attimo e già ci hanno convinto, stupito, affascinato. Come le illustrazioni di Emiliano Ponzi, capaci di sostenere il nostro sguardo e di ricambiarlo, divertite, con il loro. Uno sguardo che si modula in modi diversi – dalle copertine dei libri alla collaborazione con aziende e agenzie di pubblicità, fino alle illustrazioni per il New Yorker, per il Washington Post o per Repubblica – e che per questo è chiamato a farsi carico di messaggi molto diversi.

 

The great race for vanity, illustrazione per la Repubblica

 

Amazon VS paper books, illustrazione per il New Yorker

 

The New Pope, illustrazione per il magazine LMU

 

Voices for freedom, corto d’animazione per Amnesty International

 

Ma cosa rende un’immagine una buona immagine?
“Io credo che questo lavoro sia entertainment in tutte le sue possibili declinazioni”, dice Emiliano, “dall’immagine di denuncia a quella più ironica. Per intrattenere deve innanzitutto essere compresa. La mia buona illustrazione è quella che veicola un messaggio chiaro e udibile da tutti, trasversalmente a lingua e background. È sempre obiettivo di comunicazione e mai fine a se stessa, al bel disegno o al manierismo artistico, è sempre linea che nel suo percorso auspica di andare dal punto A al punto B nella maniera più naturale. L’estetica accattivante o eye catching è un veicolo, un amplificatore del contenuto”.
La forma – che nelle opere dell’illustratore è sempre netta, pulita ed essenziale (“da tempo il mio lavoro è quasi tutto in digitale, su carta resta qualche appunto che somiglia ad uno scarabocchio fatto al telefono”) – segue docile la funzione, tenendo ben ferma l’idea iniziale, lavorando per inciderla in pochi tratti salienti.
“Il primo step non è mai il disegno”, spiega, “ma la ricerca di un’intuizione giusta che possa funzionare come immagine, prima è un gioco di pensieri e libere associazioni. Quando inizio ho un’idea approssimativa e provo a capire qual è la sua migliore declinazione visiva: non tutti i pensieri sono buoni e solo alcuni possono diventare progetti che hanno riconoscibilità e senso condiviso”.
Ed è un lavoro di setaccio, che passaggio dopo passaggio lascia da parte il superfluo e arriva all’essenziale, al dettaglio rilevatore, fino all’immagine che all’inizio era solo un’idea cui dare, appunto, forma.

 

The rising of China, illustrazione per Colloquy, rivista dell’Harvard University

 

Death of Postmodernism, what’s next?, illustrazione per Repubblica

 

Così anche per l’Inferno, il tema scelto da Emiliano per il suo Sedicesimo, la rivista di Corraini in cui l’autore invitato decide in piena libertà delle sue 16 pagine, che l’autore descrive come un vero e proprio viaggio lungo l’opera di Dante, alla ricerca delle intuizioni giuste: “Stavo valutando diverse opzioni, volevo realizzare qualcosa che avesse una storia ma che fosse visivamente d’impatto e poco didascalica. L’idea dell’Inferno rispondeva a tutti questi requisiti, inoltre mi dava la possibilità di condensare un’opera mastodontica in sole 16 pagine. In questa ricerca continua di una sintesi efficace, la riduzione dei gironi danteschi è stata prima studio, poi selezione e infine visione”.

 

Gli iracondi e I traditori, illustrazioni per Inferno (Un Sedicesimo, Corraini)

 

Condensare, sintetizzare, selezionare – e alla fine, la visione. L’immagine che funziona, che colpisce. Che fa passare il suo messaggio ma che allo stesso non rinuncia alla propria consistenza, al proprio carattere.
Così è, per esempio, per il redesign delle copertine di Bukowski per Feltrinelli, che ha vinto prestigiosi premi alla Society of Illustrators e all’Art Directors Club.

 

Alcune delle copertine per il redesign dei titoli di Bukowski per Feltrinelli.

Il suo Bukowski è tutto quello che ci si aspetta da Bukowski, e allo stesso tempo tutto quello che ci si aspetta da Emiliano Ponzi. È stile e messaggio insieme. Ma qual è l’alchimia che li fa convivere? Come si fa a imporre in modo così netto uno stile e allo stesso tempo a creare un vestito perfetto per l’oggetto su cui si lavora?
“Penso che il mio ruolo sia come l’ape che filtra e distilla per creare il miele e, in questo processo, qualcosa dell’ape resta attaccato al suo prodotto”, dice Emiliano.
“Con Bukowski tutto ha funzionato nel migliore dei modi: le ambientazioni, le trame e i personaggi delle sue opere sono così irresistibili che avevo sempre molte visioni tra cui scegliere. Talvolta capita che tutti gli elementi siano a favore e, come in questo caso, si riesca a sviluppare un progetto di grande qualità che viene notato anche da lontano: un tema intrigante, un editore intelligente che lascia spazio di manovra, un tempo sufficiente per curare al meglio ogni dettaglio e poi la serialità che conferisce ampio respiro a qualsiasi percorso creativo.
Sono stato molto sorpreso dei premi importanti ricevuti proprio negli USA che di solito mantengono un certo pudore (storico) nei confronti di immagini così esplicite, chiaramente non posso che esserne immensamente fiero.
Dunque, tornando alla metafora del vestito perfetto, direi che ogni bravo sarto cerca di fare del suo meglio per tagliare e cucire la stoffa, per realizzare un vestito su misura che calzi a pennello il cliente; chiaramente, come in questo caso, quando sotto il vestito c’è un corpo perfetto, è tutto molto più semplice”.
Le forme di un corpo, il morbido fruscio di una stoffa che le riveste: come nella haute couture, quello che sembra naturale è in realtà frutto di grande studio, dell’esperienza nell’accostare tessuti e materiali, della padronanza di un’enciclopedia di stili e di linguaggi – e dell’intuizione, folgorante, che trasforma un’idea in un bozzetto, e poi in un abito indimenticabile.
La semplicità è sapienza, in fondo – e colpire nel segno è fare segno, incarnare quel messaggio che, come riassume Emiliano, non è altro che “la sensazione sulle palpebre di chi guarda”.

Say her name, illustrazione per il New York Times Review of Books

 

Chi è Emiliano Ponzi
Illustratore, poco più di trent’anni, uno studio a Milano e collaborazioni con alcune tra le più importanti riviste, case editrici, agenzie di pubblicità italiane e internazionali, tra cui Le Monde, Repubblica, New York Times, New Yorker, Penguin, Feltrinelli, Mondadori, Saatchi&Saatchi, Leo Burnett. Ha vinto numerosi premi di calibro internazionale: tra i tanti, nel 2013, anche la Gold Medal della Society of Illustrators di New York e il Gold Cube dell’Art Directors Club per il redesign di Bukowski per Feltrinelli.

 


 

L’impero dei segni e dei disegni, per strizzare l’occhio a Roland Barthes, ha confini frastagliati, che separano e contemporaneamente mettono in contatto mondi molto diversi tra loro: l’illustrazione, la grafica editoriale, il fumetto. Disegnare, ovvero, può dirsi in molti modi. Modi che cercheremo di esplorare, puntata dopo puntata, attraverso la voce dei loro protagonisti.

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